Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Nascita ed Evoluzione del Modello T-33
Il racconto della nascita e dello sviluppo di questa auto è opera dell'Ing. Don Black e di Vladimir Pajevic, con il contributo per la selezione delle fotografie della collezione personale di Vladimir Pajevic.
Ing. Don Black, Direttore Tecnico Alfa Romeo USA, è stato veramente gentile a cercare ed ad offrirci la sua documentazione per realizzare questo schema relativo allo sviluppo delle auto della Serie 105.33.
Il nostro sforzo per capire il DNA di queste magnifiche auto è statosviluppato dal mio amico Vladimir Pajevic, che è stato anche grande amico di Ing. Carlo Chiti durante il periodo delle GTAJ, come corridore e come coproprietario di vetture da corsa.
Ing. Don Black
Direttore Tecnico Alfa Romeo USA
Premio Alfa Romeo Champions Award 2017 dalla "Scuderia del Portello"
Vladimir Pajevic
Premiato - "Premiazione dei Campioni Alfa Romeo 2016" Scuderia del Portello
Courtesy of Vladimir Pajevic
1966 - 1967
In His Own Words: "An Introduction of the T-33 Chronology "
T-33 Tipo Fléron
di
Vladimir Pajevic
Copyright Robert B. Little 2016
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"Nel 1953 i vertici dell’IRI (Instituto per la Ricostruzione Industriale) hanno decretato la fine della gloriosa era agonistica del marchio del Biscione. Alfetta 159 già era solo un bel ricordo e neanche il nome di grande Juan Manuel Fangio al volante della 3000 CM riusciva ad attirare il supporto finanziario alla fabbrica che sì, aveva vinto proprio tutto nel mondo dell’automobilismo, ma stentava a decollare nel duro mercato delle vetture di serie.
"Nel futuro decennio di assenza dalle piste, Alfa Romeo affiderà il duro compito di competere sui circuiti alle strutture private garantendo solo l’appoggio esterno. Ma il desiderio di rientrare di nuovo nel mondo delle competizioni con una vettura costruita appositamente e non solo con le versioni derivate dai modelli di produzione, maturavada tempo.
"E’ statoGiuseppe Eugenio Luraghi manager statale e straordinariointerprete dei tempi che correvano, il vero artefice della svolta, il demiurgo dietro il progetto 105.33 che ha segnato il vero ritorno dell’Alfa Romeo alle corse.
Portato dall’IRI a capo della fabbrica di Portello con al compito di risolvere la complessa situazione aziendale, questo genio poliedrico di indubbio fascino e molto talento, già innamorato del grande passato sportivo della fabbrica, intuiva che gli allori conseguiti nei circuiti erano dominanti nelle vendite “dell’auto di famiglia che vinceva le corse”, ma il suo vero sogno era di riportare bolidi rosso Alfa con il quadrifoglio sulla fiancata, alle vette delle competizioni “serie”.
"Alfa Romeo già disponeva del proprio “dream team” operante nel Servizio Esperienze Speciali, che sotto la sicura dirigenza dei progettisti Ing. Orazio Satta Puliga e Ing. Giuseppe Busso aveva raggiunto obiettivi di straordinaria portata. Luraghi, nel ponderare l’eredità dell’Alfa Romeo con i possibili traguardi, ha scelto il campo delle vetture Sport e la cilindrata di 2 litri come obiettivo da raggiungere, ma conscio dei limiti interni del Sevizio Esperienze Speciali, ha deciso di affiancare la squadra con la specifica struttura esterna.
"Per garantire l’autonomia decisionale e la gestione specifica necessaria nel mondo delle corse automobilistiche, Luraghi ha fatto cooptare Autodelta, piccola fabbrica che Ing. Carlo Chiti insieme all'amico Ludovico Chizzola aveva creato per preparare le vetture del marchio per scopi agonistici. Inglobando Autodelta, oltre al vantaggio di avere il gestore sportivo al di fuori dell'Alfa Romeo che cosi rimaneva al sicuro delle critiche in casi di scarso successo, arruolava anche Chiti, uno dei maghi dell’universo corse e sicuramente il più valido progettista italiano disponibile.
"L’ingegnere toscano, uomo di straordinarie capacità, era reduce dalla vittoriosa stagione alla S.E.F.A.C. di Enzo Ferrari, e fautore della breve e sfortunata avventura ATS dove insieme all'amico Giotto Bizzarrini ha tentato di creare dal nulla il nome di prima grandezza nel mondo delle automobili fuoriserie.
"Il progetto della macchina che doveva sancire il ritorno alle competizioni, era partito già nel corso del 1964, quando Luraghi aveva incaricato Ing. Satta e Ing. Busso a disegnare la vettura con due posti secchi ed un motore di 2 litri in grado di combattere ad armi pari con l’agguerrita concorrenza nel campo delle vetture Sport Prototipi, la categoria di maggior interesse dell' automobilismo sportivo dell’epoca.
"Una performante vettura con il motore V8, per la verità era già nei piani della fabbrica negli anni ’50, ma oltre a qualche tentativo iniziale, tutto quello che era rimasto, oltre al vago racconto impossibile da verificare, era qualche disegno nato insieme al mai realizzato progetto 160.
"Così, seguendo la sequenza numerica progettuale interna, nacque il progetto 105.33, destinato a diventare la pietra miliare della storia sportiva della casa del Biscione. Era la naturale ripresa di un cammino temporaneamente interrotto nel 1953, e l’inizio di un mito che ha racchiuso nel magico numero 33, la propria formula vincente.
"Nata mezzo secolo fa, la T-33 ancora bellissima, intrigante e sospirata, vive la propria vita e scende in pista, grazie allo sforzo straordinario di un appassionato conoscitore del marchio nonché ottimo pilota, architetto Marco Cajani, che ha rintracciato le “spoglie onorate” del primo prototipo, della leggendaria 001, ed è riuscito con sacrifici, pazienza ed caparbia volontà, ritrovando pezzo per pezzo, a ricomporre il mosaico della gloriosa T-33 Flèron, capostipite della famiglia delle vetture destinate a vincere tutto che si poteva vincere nel mondo delle corse.
"Questa è la sua storia."
Vladimir Pajevic
Genesi
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Chiunque si avvicini ai “misteri” dell’Alfa Romeo conosce fin troppo bene i nodi gordiani della sua documentazione, e meandri del labirinto dove sono custoditi pochi dati certi sopravvissuti fino ad oggi.
Neanche la 105.33 fa eccezione e a distanza di cinquant’anni, la storia della genesi iniziale del progetto rimane sconosciuta.
Né Ing. Satta né Ing. Busso hanno lasciato nulla di scritto a proposito degli inizi, ma è un fatto certo che in poco più di un anno e mezzo dall’incarico ricevuto, la squadra di progettazione aveva già realizzato il primo prototipo della 105.33.
La vettura nascente rispecchiava la lezione assorbita durante la guerra, quando si imparavano concetti di nuove tecnologie spesso nate dall' ingegno di un’Italia stretta nella morsa dell’embargo.
Satta era decisamente orientato verso la costante ricerca del nuovo e moderno, e al suo fianco, Ing. Giuseppe Busso, infallibile progettista che al suo fiuto creativo aggregava enorme esperienza che impediva soluzioni improbabili, furono la garanzia di una equilibrata scelta delle soluzioni da adottare.
Satta e Busso a capo del progetto, memori di certe soluzioni aeronautiche (peraltro già in stadio avanzato nei progetti britannici) optarono per un telaio di concezione decisamente eterodossa ed avveniristica, usando anche i materiali più vicini alle costruzioni degli aerei che alle automobili del epoca. Il prototipo si presentava con il motore, (nel progetto un 8 V di 90° e 2 litri di cilindrata), montato posteriormente, e che costituiva corpo unico con il cambio ed il ponte con sospensioni indipendenti.
Tutto era alloggiato su un telaio di chiara ispirazione aeronautica, a forma di H asimmetrica. Questa cella centrale che doveva assicurare la rigidità torsionale pur permettendo la necessaria flessibilità, era composta dai tubi in lega di alluminio Peraluman di grosso diametro (18 cm) e di spessore di 2,5 mm, materiale scelto per la sua elevatissima resistenza alla fatica, uno dei maggiori pericoli per la struttura esposta all’alto stress dinamico.
I tubi, fissati insieme mediante rivetti, seguendo la prassi delle costruzioni aeronautiche, avevano elemento trasversale arretrato verso zona motore, per lasciare lo spazio per il cockpit della vettura Il progetto originario prevedeva l’uso della cella portante anche come serbatoio per il combustible con capacità di 100 litri. Inizialmente l'interno dei tubi èra rivestito con uno strato di plastica che doveva garantire l’impermeabilità, ma intuendo possibili spaccature con pericolose perdite di carburante, fu introdotto un contenitore i gomma a forma di U, alloggiato dentro la struttura.
L’idea del telaio a serbatoio portante che con il consumo in gara preservava il baricentro stabile, era soluzione innovativa, però piccole crepe riscontrate nella pur resistente struttura durante i test iniziali hanno confermato la validità dell’adozione del serbatoio separato.
Courtesy Archives of Vladimir Pajevic
La realizzazione del telaio e stata affidata all’Aeronautica Sicula, la fabbrica Palermitana
che assemblava gli elicotteri, e che disponeva di manodopera qualificata nelle
lavorazioni delle leghe di alluminio.
La parte anteriore del telaio era composta da una complessa gabbia fusa in lega di magnesio Atesia T, ancorata all’estremità dei tubi, che assicurava il supporto per le sospensioni, pedaliera, gruppo sterzo, e con un telaietto aggiuntivo, anche ai radiatori per acqua ed olio.
Courtesy Archives of Vladimir Pajevic
Courtesy Archives of Vladimir Pajevic
Era lodevole esempio dell’artigianato italiano, realizzato dalla Campagnolo di Vicenza che ha dovuto affrontare e risolverenotevoli problemi di fusione di una struttura articolata,destinata ad assorbimento dei carichi statici e forte stress dinamico.
La parte posteriore consisteva in due bracci convergenti con la sezione tonda e decrescente verso la parte terminale, fissati anch’essi alle estremità finali dei tubi della cella centrale. Erano fusi in lega di magnesio, e nella parte anteriore davano supporto al motore, mentre la parte posteriore fungeva da sostegno per il gruppo cambio e differenziale.
Tutto terminava con la struttura in lamiera d’acciaio alla quale erano fissate anche le sospensioni. Il telaio pesava solo 48 kg ed aveva un’eccezionale rigidità torsionale di 535 Kgm. In palese opposizione a questa soluzione d’avanguardia, le sospensioni erano un eclatante esempio di classicità con bracci superiori ed inferiori dei quadrilateri fatti in lamiera scatolata con fuso a snodo in acciaio forgiato nell’avantreno, ed in fusione di magnesio nelle sospensioni posteriori.
Courtesy Archives of Vladimir Pajevic
Courtesy Archives of Vladimir Pajevic
Nella foto sopra, il contenitore in gomma, alloggiato all'interno del telaio tubolare, con funzione di serbatoio per il carburante. Durante la gara il consumo di carburante era uniformemente distribuito all'interno del contenitore in gomma, mantenendo costante il baricentro della vettura.
Anche la barra di stabilizzazione nel posteriore era sistemata con una certa ingenuità e richiedeva complesse operazioni per poter eseguire necessarie regolazioni e nel processo di evoluzione del modello fu radicalmente ridisegnata. Le sospensioni anteriori non erano indovinate e si rivelarono il tallone d’Achille della nascente T-33, con scarsa capacità di governare cinematismo del complesso nelle condizioni di corsa. Su questo telaio era fissata la carrozzeria, non priva di una certa eleganza, che tradiva la tradizione del marchio nella produzione delle magnifiche GT del passato. Era concepita e battuta in lastra di Peraluman nel centro stile interno, ed il prototipo della 105.33, già nel inizio del gennaio del 1966, fece la sua apparizione, equipaggiato con il motore prestato dalla TZ 2, alla pista di Monza.
Courtesy Archives of Estate of Rey Paolini
Courtesy Archives of Estate of Rey Paolini
Il telaio a forma di "H" utilizzato per la 33 Stradale fu utilizzato e testato per la prima volta nel Prototipo O.S.I. Scarabeo (1966) e proprio quel telaio originale fece parte del progetto 105.33...sviluppato in seguito per alloggiare motori da gara.
Nella foto sopra sono i due grandi e intelligenti professionisti Ing. Carlo Chiti e l'Ing. Giuseppe Busso che si tengono reciprocamente alta stima professionale.
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Ora possiamo affermare che sia Ing. Chiti che Autodelta furono coinvolti nel progetto 105.33 fin dall'inizio e che molti test furono effettuati a Settimo Milanese sotto la sua diretta supervisione.
Non era un grande segreto che Chiti non fosse molto entusiasta di questo telaio sviluppato dall'ing. Busso riteneva che fosse troppo estremo e aveva bisogno di molte modifiche e miglioramenti.
Questa é la primissima fotografia (14 gennaio 1966) del nuovo prototipo 2000 cc mentre entra nel Circuito del Balocco, appena inaugurato. Consalvo Sanesi, capo del gruppo di Piloti collaudatori Alfa Romeo, al volante della vettura con a fianco l'Ing. Giuseppe Busso, famoso progettista delle auto da corsa dell'Alfa Romeo.
Visibilmente visibile all'interno della struttura di guardia, si vede a malapena l'Ing. Carlo Chiti che ... durante questo esatto periodo ... doveva diventare il nuovo 'padre' di questo telaio e diventare completamente responsabile del suo eventuale successo o fallimento.
Il primo Tipo 105.33 ad emergere in pubblico. Guida a sinistra. Questo è il primo prototipo di 105.33 con telaio "H" (alimentato con motore TZ 2.0 litri), sulla pista di Balocco. Nota corpo martello fatto.
È stato originariamente concepito come un modello con guida a destra come "Scarabeo" perché l'Ing. Chiti non aveva ancora trovato un modo per montare i carboidrati del suo motore trasversale montato abbastanza lontano dalla testa del guidatore ... ed è per questo che aveva adottato questa "moda inglese" per la macchina inizialmente.
Per quanto riguarda il propulsore, e` certo ed anche visibile dalle fotografie che il primo prototipo immortalato con Ing. Giuseppi Busso accanto e Consalvo Sanesi al volante nell’ingresso di pista di Balocco il 14 gennaio 1966, era munito del 4 cilindri della TZ.
Courtesy of Frederico Moroni
Gennaio 1966, Guido Moroni, Pilota Collaudatore dell'Alfa Romeo,con il nuovo prototipo della 2000 sulla pista sperimentale del Balocco. (Foto per gentile concessione di Federico Moroni, figlio di Guido, tratta dal video di memorie
Il motore in questa foto successiva ha l'impronta Chiti e miglioramenti tecnici ... poiché era consapevole delle insidie durante le gare.
Anche la scelta del cambio con innesti diretti e senza sincronizzatori, parlava in favore della tesi di pura provenienza corsaiola del progetto. Il sistema di alimentazione adottato in seguito, con iniezione meccanica indiretta, prodotto dalla inglese Lucas, era molto più stabile e meno suscettibile ai cambi del flusso d’aria governati dalle diverse velocità della vettura dell’iniziale sistema con carburatori Weber.
Contemporaneamente con lo sviluppo accelerato e in mezzo alle sperimentazioni con la T-33, la stessa cella centrale del telaio fu affidata all’O.S.I (Officine Stampi Industriali) di Torino per gli studi stilistici ed eventuale produzione di una biposto sportiva di 1600 cc, in limitata serie. Di questi telai senza numero, tre furono trasformati in vetture ed il risultato finale fu la O.S.I. Scarabeo “vestita” da Sergio Sartorelli, un notevole esercizio di stile esposto al Salone di Torino in 1966.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Si noti la guida a destra che indica il problema irrisolto della presa d'aria successivamente risolto dall'ing. Chiti e il suo staff.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Questo secondo Scarabeo mostrato qui in un colore crema è situato nel Museo Storico Alfa Romeo di Arese. Come un cambiamento significativo sembra chiaramente più simile al prototipo di una macchina da corsa rispetto alla prima versione raffigurata in un colore argento sopra.
Nonostante la segretezza, le voci trapelate indicavano i test già in fase avanzata e a questo punto sono nate le divergenti storie riguardo tipo e provenienza del motore impiegato, ed anche diverse tesi di paternità del progetto nel suo insieme.
Tutto parte da due ricordi annotati nei libri biografici, cui interpretazione diede corpo alle tesi contrapposte.
Nel libro di Ing. Busso “Nel Cuore dell’Alfa”, parlando della nascita della T-33, Ing. Busso dice esplicitamente:
"In principio del 1966, la 33 era stata consegnata all' Autodelta e con essa anche i pezzi staccati del motore 8 cilindri, progettato e costruito in casa da noi.
Il nuovo motore cominciò a girare al banco in Autodelta il 25 febbraio e, in vettura, a Balocco, il 28 maggio, mentre nel libro di Oscar Orefici “Carlo Chiti, Sinfonia Ruggente” è riportato il ricordo di Ing. Chiti, che cita la richiesta fatta da Luraghi durante la nota cena di festeggiamento dell’inizio del progetto 105.33, nel gennaio 1965, quando il Direttore gli chiese di disegnare nell’arco di tempo ragionevole la vettura competitiva.
Le frasi di Ing. Busso hanno generato un grande numero dei sostenitori della tesi che fu Ing. Chiti che si appropriò indebitamente del lavoro del Centro Esperienze Speciali portando solo al naturale compimento il lavoro della squadra di progettazioni avanzate, e ugualmente vasto era il numero dei difensori dell’operato di Ing. Chiti che in base al ricordo citato ritenevano che tutto il progetto della T-33 era il merito dell’Autodelta.
La verità sta certamente a metà strada.
Non ci sarebbe il progetto 105.33 senza Ing. Satta e Ing. Busso e la loro equipe del Servizio Esperienze Speciali, e non ci sarebbe una T-33 vincente senza Ing. Chiti e Autodelta, dove la vettura prese la propria forma e raggiunse il giusto grado di competitività.
Le voci che vorrebbero Ing. Chiti e Ing. Busso ai ferri corti a criticare passi sbagliati dell’uno o dell’altro, sono frutto di fantasia.
Erano due professionisti di altissimo livello, troppo intelligenti per non nutrire reciproco rispetto.
E’ ormai certo che Ing. Chiti e Autodelta furono coinvolti dall’inizio nello sviluppo della vettura, e che numerosi test sono stati eseguiti a Settimo Milanese sotto la sua diretta supervisione. Non è un segreto che Ing. Chiti dimostrava scarso entusiasmo per il telaio troppo innovativo, che secondo lui, nonostante la innegabile bontà progettuale era destinato a lunghe prove e correzioni.
E’ possibile ed anzi, probabile che un V8 già fosse in avanzato grado di sperimentazione ed usato come base per lo sviluppo, ma è anche certo che Chiti disponeva di un propulsore di sua progettazione, già rodato sulla F1 ATS, che in tutto somigliasse al motore richiesto per la 33. Esistenza dei due motori molto simili, ma con qualche differenza riscontrata agli inizi, parla in favore di questa tesi.
Quasi sicuramente la fusione dei due motori diede origine al mitico propulsore della T33. Il motore dell’ATS maggiorato a 2 litri con il suo modernissimo concetto era quella dose di arricchimento necessaria per definire già valido progetto iniziale fatto da Busso.
Per la verità, le prime vetture comparse erano alimentate con carburatori ed avevano una candela per cilindro, singolo spinterogeno e due bobine, mentre la versione seguente, montava testate Twin Spark con due candele per cilindro, aveva due spinterogeni, quattro bobine, e l’alimentazione era diventata iniezione meccanica indiretta con pompa Lucas.
Il propulsore descritto qui è quello della vettura 750.33.001, e appartiene alla prima versione con quattro candele, alimentato con generosi carburatori Weber 46IDF2.
E’ un gioiello tecnologico costruito interamente in alluminio e magnesio, con lubrificazione a carter secco, quattro alberi a camme in testa e questa è la sua descrizione:
---V8 di 90°; Alesaggio 78 x Corsa 52,2; Cilindrata Unitaria cc. 249,25.
---Cilindrata totale cc.1995,4; Area stantuffo 47,76 cmq.
---Rapporto Corsa / Diametro 0,669
---Rapporto Corsa / Lunghezza di biella 2,31; Rapporto Compressione 11,1:1
---Potenza max. 240 Cv-DIN a 9.600 giri.
---Potenza specifica 120 Cv / litro
---Coppia e regime corrispondente 20,7 Kgm-DIN a 7.500 giri.
---Metri al secondo pistoni 16,3
---Consumo specifico 250 gr. / Cv / h.
---Consumo lubrificante inferiore a 100 gr. / h.
---Monoblocco in alluminio con aspirazione centrale e scarichi esterni.
---Disassamento tra i cilindri 21 mm.
---Albero motore in acciaio di "tipo piatto" con volantino smorzatore e manovelle
affiancate.
---Supporti di banco 5, Diametro mm. 60, Spessore mm. 21 (i 2 esterni ed il centrale)
gli altri mm. 18
---Dimensione perni di manovella; Diametro mm. 45 - spessore mm. 20
---Dimensione spinotti Diametro mm. 20
---Cuscinetti di banco e di biella marca Wanderwell a guscio sottile
---Spinotti con boccola in bronzo; Testate in Alluminio con camera di scoppio emisferica
---Pistoni a pattino in alluminio con teste bombate e 3 segmenti di cui 2 di tenuta ed 1
raschiaolio , marca Borgo.
---Bielle in acciaio con distanza tra i centri di mm. 120
---Camicie in ghisa riportate di tipo umido;
---Raffreddamento ad acqua con 2 radiatori laterali e con vaso di espansione.
Pressione di funzionamento 0,9 mm. di colonna d'acqua. Capacità circuito litri 13.
---Distribuzione 2 valvole per cilindro e 4 assi a camme. Comando nella parte anteriore
del blocco cilindri di tipo misto con treno di ruote dentate e catene.
---Alberi a camme in acciaio da cementazione e su 5 supporti.
---Angolo tra le valvole 48° ( 23° per l'aspirazione e 25° per lo scarico )
---Diametro valvole; Aspirazione 40,5 mm. e Scarico mm. 36.
---Alzata mm. 10,2 - Molle richiamo 2 ad elica cilindrica
---Coppia di riduzione a dentatura spirale - Denti 11/42 pari a rapporto 3,08
---Differenziale autobloccante ZF a pioli.”
Questo 'altro motore, invece, portava inconfondibile impronta di Ing. Carlo Chiti, profondo conoscitore delle insidie che corse presentavano ai propulsori.
Rimane anche l’esemplare (ancora in possesso del Museo Storico Alfa Romeo) in versione spider, vicinissimo al progetto 105.33 originario. Il motore che equipaggiava queste vetture proveniva dalla GTA, ed era posto trasversalmente, leggermente inclinato davanti all’asse posteriore, con il cambio e differenziale che facevano corpo unico con il propulsore.
Questa vettura, innovativa e avveniristica in molti dei suoi aspetti, fu certamente opera di Giuseppe Busso, vicina al idea originaria del progetto 105.33, e le numerose prove eseguite sulla pista di Balocco, hanno confermato buone possibilità di sviluppo.
Era il prezzo elevato per una 1600 piena di materiali esotici a decretarne uscita di scena.
D’altra parte, il camino della T-33 da corsa era ormai impostato e c’erano le sfide da vincere. I problemi affrontati erano molteplici.
Il primo prototipo mosso dal motore TZ non raggiungeva la velocità aspettata, mancava di stabilità e si surriscaldava facilmente.
Il suo design, tutto sommato gradevole, assomigliava più ad una Gran Turismo di classe e non la brutale bestia da pista per una guerra senza esclusione di colpi
A partire dalle successive immagini, iniziamo ad apprezzare il voluminoso lavoro di archiviazione e catalogazione di fotografie, realizzato nel corso di tanti anni dal nostro Co-Editore Belga, Claudy Schmitz.
Senza il suo acuto spirito di osservazione per i dettagli, avremmo perduto l'evidenza delle modifiche, anche impercettibili, effettuate alle auto da corsa della Scuderia Autodelta, nel corso della loro vita sportiva, tra le varie gare e le sessioni di test, Claudy, con la sua paziente ricerca, ci ha permesso di presentare al lettore la vera storia cronologica di queste formidabili vetture.
Accanto alle Ferrari, Porsche o Ford, la 105.33 sembrava un riuscito esercizio di stile, non una macchina da battaglia. Il lavoro sulla carrozzeria per la successiva versione da pista, fu lungo e laborioso. Come per la 105.33, non c’è un nome a firmare il design della T-33. Versione da corsa era ormai un affare interno dell’Autodelta. Anche la numerazione dei telai cambia e la punzonatura sulle vetture T-33 è diventata 750.33xxx. La linea filante finale della nuova vettura, parlava chiaro. Era nata per correre.
Prima foto pubblica del nuovo prototipo, motore posteriore 2000 cc. apparsa sulla rivista “Motor Gazette il 22 Luglio 1966.
Il prototipo a Monza il 7 Gennaio 1967, con la presa d'aria (snorkel) differente dal modello presentato precedentemente. Si può notare una nuova presa d'aria, detta “periscopica”, apparsa per la prima volta in questa occasione. Ing. Carlo Chiti, grazie alla sua esperienza sugli studi aerodinamici, disegnò e successivamente perfezionò questo tipo di presa d'aria su auto come la 3000 CM e la Disco Volante, durante il suo primo peiodo presso Alfa Romeo.
Comunque non era priva di grazia e nell' insieme i valori estetici rimasero piuttosto alti, nonostante la grossa presa d’aria che spuntava dal cofano posteriore e contrastava sinusoide armonia della piccola spider.Grazie ad essa, prenderà il nome di “Periscopica” che la distinguerà dal resto della famiglia basata sul telaio in tubi di grosso diametro. La carrozzeria dello spider destinato a correre era composta da tre elementi principali autonomi. Quello centrale vestiva il cockpit, comprendeva le porte e tutte le superfici vetrate.
Cofano anteriore era fatto in un pezzo con il muso affusolato ed era incernierato direttamente al telaio, mentre la parte posteriore incorporava già menzionata presa d’aria eretta in mezzo del cofano motore. Questo “snorkel” rimase sul dorso portando aria ai carburatori (più tardi al sistema di iniezione), ma anche refrigerio ai freni posteriori autoventilanti, anch’essi prodotti dalla Campagnolo, posizionati all’interno e accostati al differenziale. A causa della sua mole imponente, la presa d’aria è stata la causa di un certo scompenso aerodinamico, alleggerendo avantreno che già per se sviluppava una lieve portanza alle velocità elevate. Per abbassare l’avantreno, furono adottate le alette laterali per neutralizzare effetto portante.
Gennaio 1967, giornata di prova al Balocco nella configurazione definitiva, come sarebbe stata presentata alla Stampa, ad eccezione della griglia frontale, ancora mancante in questa foto.
Le ruote erano composte dai cerchi Campagnolo di bellissimo e già noto disegno, e le gomme, in segno di rispetto della tradizione, erano le Dunlop CR70 o R7. Il diametro dei cerchioni era di 13 pollici con il canale di 8 pollici (gomme 525 x 13) nell' avantreno e 9 pollici (gomme 600 o 700 x 13) sull’assale posteriore. Cofani anteriore e posteriore comprendevano passaruote e necessarie canalizzazioni dell’aria.
Tutte le carrozzerie delle Alfa da competizione sono state realizzate direttamente all’Autodelta, ed il materiale adoperato è stata la vetroresina autoestinguente. Il peso totale di tutte le componenti della carrozzeria era di 55 Kg, comprese le finestre laterali in Plexiglass ed il parabrezza in vetro del peso di 5 Kg. La leggerezza è stata parola d’ordine nel concetto costruttivo della T-33, e così la vettura schierata sulla griglia di partenza pesava soli 580 Kg, e presentava seguenti gabbarti; Passo 2250 mm, larghezza 1760 mm, altezza 990 mm, lunghezza 3690 mm, carreggiata anteriore 1336 mm e carreggiata posteriore 1445 mm.
Presentazione della Nuova Vettura
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Il frenetico ritmo dello sviluppo, svoltosi in massima segretezza sulla pista di Balocco, ha plasmato la versione che Chiti riteneva matura per la presentazione ufficiale, ed il 7 Gennaio 1967, all' Autodromo Nazionale a Monza, fu accolto un ristretto numero di eletti, a testimoniare i primi passi della T-33.
Era un giorno infausto, freddo e segnato della neve ripulita per occasione dal circuito Junior. La T-33, bella, rossa e misteriosa, fu portata in pompa magna davanti agli occhi curiosi.
A domarla c’era Dorino Zeccoli, pilota che meglio di chiunque altro conosceva i segreti della piccola vettura di aspetto aggressivo, che minacciosa, scaldava il motore. Primi giri accompagnati dal canto saliente del V8, poi sempre più veloce e ben piazzata sulla pista fino al momento quando al uscita dalla variante, improvvisamente diventava ingovernabile e perso il contatto con asfalto, capottava incendiandosi.
Zeccoli, sbattuto fuori, finiva con una vertebra lesionata mentre la T33 si incendiava lasciando alla fine un rottame fumante sulla pista.
Febbraio 1967, presentazione ufficiale alla Stampa del nuovo modello "33" sulla Pista sperimentale del Balocco, appena inaugurata.
In questa foto vediamo schierati tre modelli dell nuova “T-33”. Da sinistra con i telai:750.33.004, 750.33.001, 750.33.003.
L'auto con telaio 750.33.002 era rimasta distrutta nel precedente test a Monza.
Si è trattato di un guasto tutto sommato banale, un “salto” delle pastiglie dei freni a causa del surriscaldamento delle pinze, ma la festa è andata male, ed immagine della nuova macchina rovinata. Così, tutto fu spostato per il 6 marzo, stavolta a Balocco, la pista di casa, dove le tre vetture allineate riportavano l’attenzione mondiale alla nascente Alfa Romeo da corsa.
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Vita Sportiva della T-33
Marzo 1967. Prima partecipazione della “33” ad una gara. Corsa in salita di Fléron (Belgio). Prima gara e... prima vittoria per la nuova vettura, con Teodoro Zeccoli alla guida!
E già! Solo una settimana dopo, in Belgio a Flèron, sobborgo industriale di Liegi, nella corsa in salita lunga 3200 mt, in competizione con importanti marchi e importanti piloti, Zeccoli recuperato, vinceva alla grande con la T-33, contro la seria concorrenza, cancellando il vecchio record di Vogele (1’12’’2) e abbassandolo di un secondo e mezzo quasi, stabilendo il record nuovo (di 1’10’’8). La vettura, da lui scelta fra le due portate per l’evento, era la 750.33.001, la primogenita della stirpe.
Capo collaudatore Autodelta Teodoro Zeccoli
Lo storico di Autodelta Vladimir Pajevic ha scritto sulla crescita di Mr. Zeccoli con l'organizzazione Autodelta:
"La loro compagnia è nata nei giorni dell'avventura ATS, dove è stato trascinato da Chiti dalla posizione del capo collaudatore e pilota di corse per Carlo Abarth, verso nuove sfide con confini incerti con Alfa Romeo ..."
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Marzo 1967 Prima apparizione del nuovo "33" al Fleron Hillclimb (Belgio) ... la prima gara e la prima vittoria per la nuova vettura con "Dorino" Zeccoli.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
In questa fotografia noterete ...secondo da sinistra...il grande ingegnere motorista Giovanni Manfredini.
ing. Manfredini è stato tra i primissimi dipendenti della Ferrari S.p.A a lasciare la Ferrari insieme al Team Manager Ing. Carlo Chiti nei primi anni '60 e rimase amico e stretto confidente dell'Ing. Chiti fino alla fine dell'Autodelta nel 1985. Morì verso la fine del 2022.
Courtesy of Andrea de Adamich
Marzo 1967, Zolder. (Gentile concessione dell'archivio personale di Andrea de Adamich).
Courtesy of Andrea de Adamich
Marzo 1967, Zolder. (Gentile concessione dell'archivio personale di Andrea de Adamich).
2 Aprile 1967, Sebring. Sul cofano dell'auto si notano le nuove aperture per il raffreddamento dei freni. Andrea de Adamich in piedi dietro la vettura.
Questa macchina, con Teodoro Zeccoli ( Pilota collaudatore Autodelta ) al volante, si classificò secondo, nella categoria 2 litri, subito dopo la Ford Mk IV, ma si ritirò all'84° giro per cedimento delle sospensioni.
14 Maggio 1967 Targa Florio prova Questa é la vettura pilotata da Galli / Giunti.
Senza doppie luci dietro la presa d'aria anteriore...la vettura, invece, si presenta con ulteriori prese d'aria per il raffreddamento dei freni e per i piedi del pilota a causa delle altissime temperature del fondo della vettura...un problema serio per la Targa Florio. Quello era un giorno estremamente caldo anche per la media delle temperature in Sicilia. Due 33 Fléron si ritirarono per cedimento delle sospensioni anteriori; una per problemi al cambio
Le Mans Prova April 1967
8 e 9 aprile 1967. Autodelta “Tipo 33” durante le prove a Le Mans.
Diverse configurazioni della vettura furono testate.. con o senza gruppi lumonosi o spoilers frontali... e con la carrozzeria "a coda lunga".
Successivamente ai test di Sebring, furono provate diverse soluzioni: con/senza fari o con gli spoilers anteriori. Per la prima volta fu provata la versione con coda lunga (long tail).
14 Maggio 1967, Targa Florio. Prove pre-gara in cui si notano differenti prese d'aria per il raffreddamento dei freni.
Questa é la vettura pilotata da Galli/Giunti. Senza doppie luci dietro la presa d'aria anteriore...la vettura, invece, si presenta con ulteriori prese d'aria per il raffreddamento dei freni e per i piedi del pilota a causa delle altissime temperature del fondo della vettura...un problema serio per la Targa Florio. Quello era un giorno estremamente caldo anche per la media delle temperature in Sicilia. Due 33 Fléron si ritirarono per cedimento delle sospensioni anteriori; una per problemi al cambio .....
l'auto finale di Galli / Giunti non è riuscita a terminare "ufficialmente" perché il suo tempo di gara totale non rientrava nel 110% del tempo del vincitore della classe.
28 Maggio 1967, Nurburgring; dimensioni della presa d'aria nuovamente modificate.
La 33 Fléron di Roberto Businiello, / Andrea de Adamich / Teodoro Zeccoli si classificò 5^ assoluta e 4^ di classe.
4 Giugno 1967, corsa in salita di Rossfeld. La vettura di Nanni Galli per la prima volta con quattro fari e senza le prese d'aria ai lati, viste in precedenza.
1967 Vallelunga. Il primo test per il nuovo Gruppo 7 con Giunti e Zeccoli, La vettura aveva un parabrezza più piccolo ed era senza "Periscopio" per raffreddamento del motore. Inoltre non aveva nè griglia nè logo Alfa Romeo.
L'estintore "Halon" era temporaneamente sistemato sul rollbar.
16 luglio 1967 Sestiere Hillclimb
La vettura nelle tre successive fotografie mostra la vettura di Galli nella corsa in salita "Cesana/Sestrière.
Solo un piccolo parabrezza. Invece, c'é una presa d'aria sul parafango destro.
16 Luglio 1967, corsa in salita del Sestrière con nuove prese d'aria per il motore e per i freni.
Si notano nuove prese d'aria per il radiatore olio del differenziale.
23 Luglio 1967 Circuito del Mugello, gara su 8 giri di 41,135 miglia ciascuno.
Tutte le vetture mostravano una "grande bocca" come presa d'aria frontale e parafanghi anteriori leggermente ampliati. Notare le differenti prese d'aria dietro l'abitacolo per raffreddare i freni ed i due radiatori olio.
Le tre "33" iscritte alla gara non finirono la corsa a causa di problemi alle sospensioni, mentre due GTA Autodelta terminarono prima e seconda di classe.
30 Luglio 1967, Chambrouse. Questa è la vettura di Jean Roland con un differente musetto.
15 Agosto 1967, Mont Doré. La vettura di Jean Roland con griglia frontale e logo Alfa che probabilmente erano i suoi preferiti.
27 Agosto 1967, Ollon Villars. Silvio Moser alla guida della vettura di Gruppo 7.
17 Settembre 1967, Sarezzo Lumezzate. Un differente cofano anteriore e prese più grandi per i radiatori olio, con guarnizione cromata intorno ai fari.
Novembre 1967 Salone dell'auto di Torino.
L'ing. Chiti posa con orgoglio accanto alla sua creatura. Foto scattata nel 1967, “Inside the Walls” della sua officina di Settimo Milanese, superprotetta da occhi indiscreti.
1968 - 1969
La Serie "Daytona"
Le quattro fotografie mostrano la nuova T-33/2 presentata alla stampa nel 1968.
Il cofano anteriore era costruito in un pezzo unico ed aveva un condotto NACA sotto il tergicristallo.
3 e 4 Febbraio 1968: 24 ore di Daytona su una distanza di 2564 miglia per 673 giri.
A seguito dei buoni risultati a Daytona con le T-33 classificate rispettivamente 5^, 6^ e 7^, la serie fu chiamata “Daytona”. Una nuova presa d'aria si vede sul cofano, dietro al numero di gara.
Notare il tettuccio più alto per i piloti di maggior statura.
7 aprile 1968: 6 ore di Brands Hatch
Il tettuccio rialzato é ancora modificato e più ampio rispetto alla versione precedente. Autodelta iscrisse alla gara 3 vetture. Una si classificò 14^ mentre le altre due si ritirarono per incidente e per problemi al motore.
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Primavera 1968: Monza. Le tre seguenti fotografie mostrano le prove per la gara a LeMans con la coda allungata.
Sempre nel corso dei test a Monza le due successive fotografie mostrano due piccole penne sul posteriore.
6 e 7 aprile 1968: prove a Le Mans. Notare la modifica alle pinne posteriori sulla coda allungata.
Le tre fotografie precedenti mostrano in dettaglio la versione finale del modello “coda lunga”, con ulteriori modifiche alla zona posteriore ed una presa d'aria sul pannello davanti all'abitacolo.
25 aprile 1968: 1000 Km di Monza. Questa é la prima parttecipazione ad una gara del modello “coda lunga” della scuderia belga VDS.
Targa Florio 1968. Una grande presa d'aria sul cofano anteriore.
5 maggio 1968: Targa Florio. Notare lo spoiler su tutta la lunghezza della sezione di coda per la vettura della Scuderia VDS.
Autodelta era abbastanza soddisfatta del risultato della gara con 4 delle sue T-33/2 nelle prime 6 posizioni, con la vittoria nella categoria 2000 Prototipi.
Le due prese d'aria per mitigare le alte temperature nell'abitacolo alla Targa Florio. Una dietro il casco del pilota ed un'altra tra lo specchietto sinistro ed il numero di gara.
Questa é la prima gara di un modello Daytona coupé con motore 2.5 litri, piloti Vaccarella / Schutz.
Sempre con nuove prese d'aria sia anteriormente che posteriormente.
4 maggio 1968: Targa Florio. La T-33 si presenta con spoiler frontali arrotondati e nuove prese d'aria circolari anteriori.
Una grande giornata per la squadra di Settimo Milanese quando le T-33/2 hanno vinto la loro classe e si sono anche classificate 2, 3, 5 e 6.
19 maggio 1968. 1000 Km di Nurburgring con nuovi piccoli spoiler frontali. Giunti/Galli si classificarono primi nella categoria 2000 Prototipi.
Mario Casoni Alfa 33/2 a 1968 Nurburgring 1000 km
Gran Premio della Repubblica di Vallelunga con Ignazio Giunti. La T-33 si presenta con archi ruota anteriori maggiorati.
Le tre foto sopra, durante la stagione 1969, mostrano la versione alleggerita.
La prima é la vettura di Klaus Reisch, la seconda quella di Zadra e la terza quella di Otto Zipper.
Queste auto non hanno il tettuccio, i vetri laterali più piccoli e l'auto di Zipper ha un grosso rollbar.
Notare la modifica aerodinamica proprio dietro il pilota, sull'auto di Zipper, che ci ricorda le vetture Alfa Romeo da competizione degli anni '50.
Questa é la configurazione posteriore più utilizzata durante la stagione 1969.
Questa é un'altra veduta del posteriore dell'auto con lo spoiler che prende tutta la coda da parte a parte.
Foto cortesemente offerta dal fotografo Hermann Erk e da www.Pro-Steilstrecke.de ( un sito molto interessante sulla storia del circuito del Nurburgring)
Un altro tipo di configurazione della carrozzeria posteriore nella versione alleggerita.
Questa volta vediamo un'altra modifica al pannello posteriore con una grande apertura per migliorare il raffreddamento.
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1969 to 1972
Tipo 33/2 Spider
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Tra il 1969 ed il 1970 tre vetture Tipo 33/2 “Daytona” coupé furono trasformate in versione Spider.
Un motivo della modifica può essere stato lo svolgimento del nuovo campionato Europeo per le 2 litri, iniziato nel 1970. Anche Porsche modificò alcune vetture 907 per questo campionato.
Il successo per le due case automobilistiche fu molto scarso in confronto alle vetture espressamente costruite da Abarth, Lola e Chevron, molto più veloci.
Pertanto la versione Spider trovò impiego nelle corse in salita ed in altri eventi per auto da corsa.
Ad aprile del 1970, la prima Daytona Spider fu scelta da “SCAR Autostrada” un rivenditore AlfaRomeo di Firenze, di proprietà di un amico di Carlo Chiti, per testarla alla 1000 chilometri di Monza. (qui sotto foto della vettura).
Per la gara della 1000 chilometri di Monza (il 25 aprile 1970) lo Spider n° 48 della scuderia “SCAR Autostrada” della coppia Nicor / Dini fu sottoposta alle seguenti modifiche:
- parafanghi posteriori allargati
-parafanghi anteriori allargati
-il posto guida fu chiuso parzialmente con plexiglass per ridurre la resistenza all'aria.
Foto sottoriportate.
I
Il 21 giugno 1970, alla leggendaria corsa in salita “Coppa della Collina”, a nord di Pistoia la vettura n° 80 fu presente con ulteriori modifiche al passo ruota anteriore
La seconda vettura spider partecipò ad una gara a Monza nell'aprile del 1970 (vedi sopra) per la Scuderia “Madunina” pilotata da Giovanni Alberti e Teodoro Zeccoli. Questa vettura era con la configurazione dei primi test.
In questa foto una Tipo 33/2 Spider nella configurazione originale, come quella di Alberti / Zeccoli, ma con un corpo più piccolo. Non é chiaro a che scuderia appartenga e dove sia stata fatta la fotografia.
Crediamo sia l'auto utilizzata inizialmente da Giovanni Alberti, prima della 100 chilometri di Monza, con numero di gara 56. La stessa auto nelle successive due fotografie.
Chi avesse ulteriori foto o informazioni si questa auto, per cortesia contatti il nostro Editore, grazie.
Per la corsa in salita Trieste / Opicina del 21 maggio 1970, Autodelta preparò questa terza Spider per il corridore Aldo Bardelli.
In questa foto l'auto é sul circuito del Mugello.
Copyright: Luigi Pulcini 2017
Questo disegno originale della T33/2 di Aldo Bardelli é stato creato e ci é stato donato da Luigi Pulcini, editore della rivista “Il Metato” che tratta di argomenti ed avvenimenti della Provincia di Pistoia. Potete trovare altri bei disegni di Luigi Pulcini alla pagina dedicata alla “33 Stradale”, sempre su questo sito web.
Nella pagina "Stradale History" abbiamo inserito un'altro bel disegno, sempre di Luigi Pulcini.
L'auto di Aldo Bardelli fotografata in un'altra competizione.
Nelle foto successive le tre spider con evidenziate le principali differenze.
Sopra vedete la 33 di Giovanni Alberti alla Mil Milhas Brasileiras di Interlagos nel 1971, senza le modifiche ai parafanghi.
La partecipazione di Facetti alla gara si deve all'interessamento di Carlo Chiti. Autodelta collaborò con Alberti per la partecipazione a questa gara.
La scuderia ufficiale, in questa gara, era la Cancia Team brasiliana; la T33 ottenne il terzo posto assoluto
SCAR Autostrada con Aldo Bardelli al volante.
Aldo Bardelli
Il 19 luglio 1970 tutte le tre Spider erano in gara al Mugello.
Nella foto sopra con il N° 15 forse è l'auto di Alberti / Facetti.
Spider N° 6 di Bardelli.
Spider N° 32 di Zeccoli / Nicor
T-33/2 Spider del 1970, fotografata dal nostro Editore, Robert Little, nell'aprile del 1972, all'interno dei capannoni di Autodelta a Settimo Milanese, in attesa di essere venduta a qualche scuderia privata oppure ad un pilota privato che l'avrebbe restaurata e inserita nella sua collezione
La versione 3.000cc Spider del 1969
3 fotografie sopra: prime foto del modello 3 litri, febbraio 1969 con nuova carrozzeria, struttura tubolare rivestita con leggeri fogli metallici rivettati; 3000 cc. Con 400/410 hp.
4 fotografie sopra marzo 1969, presentazione alla stampa. Presa d'aria sul cofano e prese per raffreddamento freni. Spoiler anteriori e posteriori.
Marzo 1969 prove a Vallelunga.
21 e 22 Marzo 1969 12 Ore di Sebring. Nanni Galli a sinistra e Andrea de Adamich al centro della fotografia con i suoi tipici occhiali da vista.
29 e 30 Marzo 1969 Prove a Le Mans. Versione senza presa d'aria sul cofano anteriore. La versione “Coda lunga” per la prima volta in pista.
Durante queste prove il Pilota Lucien Bianchi fu coinvolto in un incidente sul rettilineo di Hunaudieres.
Una grande presa d'aria e due più piccole per il raffreddamento dei freni anteriori compaiono durante le prove a Monza.
29 giugno 1969 Circuito di Norisring. In questa foto, a sinistra di Chiti, il tecnico dei motori Giovani Manfredini ed a destra l tecnico dei telai Giuliani Luppi.
In questa foto, la prima uscita sui Circuiti europei della T33/3.
13 luglio 1969 Circuito di Solitude
27 luglio 1969 Sessione inaugurale del nuov Circuito di Zeltweg. Prima vittoria per Andrea de Adamich con una T-33
10 agosto 1969 100 Chilometri Osterreichring, la T-33 con una larga presa d'aria frontale.
Noterete in diverse fotografie dell'epoca un tecnico Autodelta, il signor Coloni, ottimo meccanico ed esperto autista della bisarca con cui si trasportavano le vetture AlfaRomeo sui vari circuiti europei.
14 settembre 1969 500 Chilometri di Imola
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1969 Tipo 33/3 Coupe
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A metà del 1969 Autodelta sviluppò una versione coupé della T-33/3 provata sulla pista del Balocco.
Questo coupé 3 litri,unico esemplare, partecipò a due soli eventi: Enna ed Hokenheim durante l'estate del 1969.
Questo Coupé 33/3 fu visto per la prima volta ad Hokenheim nel Circuito di Solitude il 13 luglio 1969; finì la gara al terzo posto con Nino Vaccarella.
Sullo sfondo della foto, con la mano sollevata, dietro il parafango sinistro é Giuseppe Calleger, teamleader anziano della Squadra Autodelta.
In questa fotografia vedete Ing. Chiti con il suo vecchio amico e pilota, fin dai tempi du Udine, Roberto Bussinello.
Sullo sfondo si vede la bisarca delle auto della scuderia. Foto presa ad Hokenheim nel 1969.
Nino Vaccarella ebbe la spiacevole sorpresa di vedere il suo parabrezza esplodere a causa di un sasso che gli procurò anche delle ferite al volto.
Dopo la Coppa Città di Enna, l'auto fu ritirata dalle competizioni per una “carriera” di esposizione in diverse manifestazioni sportive. Qui é a l salone di Monza Auto sportive nell'autunno del 1969.
Nella seconda ed ultima partecipazione ad una gara, pilota Nino Vaccarella, alla Coppa Città di Enna Pergusa. La T-33/3 Coupé vinse la sua gara finale.
La sola modifica apportata da Autodelta fu una presa aria anteriore più grande.
Courtesy of the Acquati archives.
After the Coppa Cita di Enna Pergusa, the car was 'retired' to a life of several auto appearances...this one shown was the Monza Salone Sportive in the fall of 1969.
Courtesy of the Acquati archives.
Le seguenti fotografie mostrano la Coupé all'Auto Show di Francoforte nell'ultima apparizione per conto di Alfa Romeo.
Jochen Rindt Show 1969
Salone di Ginevra 1970
1970 - 1971 Tipo 33/3 Spider
In previsione della stagione 1970, al Balocco, a Vallelunga ed a Monza furono effettuate diverse prove durante l'inverno 1969/1970.
Teodoro Zeccoli, pilota collaudatore anziano dell'Ing. Chiti; il suo parere dopo ogni prova era fondamentale per le modifiche da apportare.
Entrambi iniziarono a collaborare dall'esperienza con ATS ed Abarth.
La prima vettura utilizzata per le prove aveva un rollbar solo dietro il pilota, come la versione 1969. Aveva una grande presa d'aria anteriore con due altre aperture rotonde per la ventilazione dei freni.
Notare anche il nuovo specchietto retrovisore montato su un tripode (utilizzato anche sulla T-33/2 spider durante la stagione 1970).
Disegno dello spaccato della T-33/3 1970 per gentile concessione di Serhii Antropov.
18 gennaio 1970 1000 Chilometri di Buenos Aires. Vettura n. 6, vincitrice nella classe 3 litri; piloti Andrea de Adamich e Piers Courage (deceduto a Zandvoort - Gran Premio F1 d'Olanda nel 1970).
La modifica principale riguarda il rolbar che prende tutta la larghezza dell'abitacolo.
Prove a Monza con modifica alle prese d'aria anteriori.
21 marzo 1970 12 ore di Sebring. Prove prima della gara. "Rigel"
L'ing Chiti,appassionato di astronomia, iniziò a dare nomi di corpi solari alle sue auto:
n. 31 Rigel; n. 32 Sirius; n. 33 Vega.
Il tecnico Tranquillo Bulgarini, in un attimo di pausa, nel corso della sua lunga carriera (25 anni) nella squadra Autodelta. Presente anche nella seguente fotografia. "Vega".
Le prese d'aria maggiormente ampliate per i freni posteriori.
1970 12 ore di Sebring.
Per l'imminente corsa di durata della 24 ore di LeMans, fu provata e presentata al Balocco una nuova versione con coda allungata.
Foto sopra e successive.
10-11 aprile 1970 prove a Le Mans.
25 aprile 1970 1000 Chilometri di Monza. T-33/3 n. 38, sotto, Nanni Galli / Rolf Stommelon finito 7th .
25 aprile 1970: 1000 Chilometri di Monza; nella foto 3 delle 4 vetture Autodelta T-33/3 iscritte alla gara. Miglior prestazione: la n. 38 piazzata al 7° posto assoluto e terza nella classe 3 litri.
Notare sulla destra l'autobus blu, officina della squadra Autodelta.
In vista dell'imminente gara dei 1000 Chilometri del Nurburgring, 31 maggio 1970, Rolf Stommelen effettuò delle prove con una versione alleggerita.
Le foto sopra e sotto mostrano le differenze.
Le modifiche interessavano un'apertura completa del vano posteriore; un frontale senza gruppi luce ed un rollbar più sottile.
Un piccolo spoiler posteiore fu testato ma non utilizato in gara.
Complessivamente l'auto Stommelen è stata alleggerita di 60 chilogrammi grazie ad una pesante (e costosa) applicazione della lega di titanio nel motore e nel telaio. "Rigel".
31 maggio 1970: 10000 chilometri del Nurburgring. Autodelta partecipò con il telaio alleggerito della vettura nella foto sopra.
#6 Rolf Stommelon / Piers Courage
13/14 giugno 1970 24 ore di Le Mans. Le quattro foto sopra mostrano ognuna delle 4 vetture iscritte da Autodelta.
Giugno 1970: Alfa Romeo Germania iscrisse la T-33 versione di Nurburgring alla gara sul campo di volo di Mainz Finthen il 21 giugno 1970 (N. 24, foto sopra) ed alla gara di Norisring il 28 giugno (vettura n. 35, foto sotto). Pilota Herbert Schultze.
13 settembre 1970 500 Chilometri di Imola. La foto sopra e le tre seguenti mostrano la nuova configurazione della versione 1971.
Notare il rollbar sottile.
Inverno 1970 / 1971. Presentazione della versione 1971. Notare il rollbar più spesso ed il muso più corto.
Questo modello rappresenta l'ultimo sviluppo della T33/3, il cui primo prototipo vide la luce nel 1969. La T33/3 fu la prima auto da corsa con telaio monoscocca, costitruita in alluminio rinforzato con titanio, molto resistente e durevole.
La T33/3 matricola AR75080.019, ultimo sviluppo della serie 33/3, aveva nuove ruote anteriori da 13 pollici, nuove sospensioni e nuovi freni anteriori, un nuovo frontale più basso e squadrato. Il motore era il n° 10580*0069.
20 marzo 1971 12 ore di Sebring. Nuovamente con gruppo fari.
21 marzo 1971 12 ore di Sebring. Nanni Galli / Rolf Stommelen con la T-33/3 terminano la gara primi nella classe 3 litri.
12 ore di Sebring 1971 Andrea de Adamich / Henri Pescarolo / Nino Vaccarella terminano la gara terzi assoluti e secondi di classe dietro alla coppia Galli / Stommelen.
Rolf Stommelen e Nanni Galli.
Notare il riflesso della torre di rifornimento, progettata da Chiti, sul cofano della vettura.
4 aprile 1971 1000 Chilometri di Brands Hatch. La coppia de Adamich / Pescarolo (vettura n. 54) primi assoluti davanti a 5 Porsche 917Ks e 3 Ferrari 512 M, con un distacco di tre giri.
4 April 1971 Brands Hatch 1000 Kilometers. Andrea de Adamich / Henri Pescarolo con Giovanni Luppi, Carizio Enzo Moscardo e Ing. Carlo Chiti.
25 aprile 1971 1000 Chilometri di Monza. Autodelta presentò un nuovo modello con coda lunga e nuovo rollbar.
Le auto teminarono la gara al terzo, quarto e quinto posto assoluto e prime nella classe 3 litri.
2 maggio 1971 Interserie di Imola. Vetture differenti per Teodoro Zeccoli, squadra corse ufficiale Autodelta e quella privata di Riccardone.
2 maggio 1971 1000 Chilometri Spa
16 maggio 1971 Targa Florio. Il tempo di qualifica più veloce e vincitori tra il tripudio generale degli spettatori: Nino Vaccarella e Toine Hezemans grandi protagonnisti della gara.
Andrea de Adamich e Gijs van Lennep (vettura n. 2) secondo posto assoluto a 72 secondi dai vincitori.
28 giugno 1971 1000 Chilometri di Österreichring. Sempre con rollbar aerodinamico.
La vettura privata di Reisch / Facetti (sotto), osservata durante il finesettimana, con una soluzione aerodinamica differente; due piccoli alettoni sulla coda.
24 luglio 1971 6 ore di Watkins Glen. La coppia Ronnie Peterson / Andrea de Adamich con la T-33/3 V8 (vettura n.30) vincitrice assoluta con due giri di vantaggio sulla Porsche 917 K 5.0 litri, seconda.
Le due foto della vettura n. 30 mostrano l'auto vittoriosa. Sopra con Ronnie Peterson alla guida nella 6 Ore, mentre nella foto sotto, con de Adamich nella Coppa CanAm Challenge.
La principale differenza tra le due é la parte terminale della coda, più chiusa nella vettura di de Adamich.
25 luglio 1971 Il giorno dopo della 6 Ore prese il via una corsa della CanAm. Molte squadre europee partecipanti alla 6 Ore adattarono le auto ai regolamenti della CanAm (carrozzeria chiusa sopra le ruote posteriori).
Nel 1971 piloti privati utilizzarono la versione 1971 della T-33/3 principalmente in corse “Interserie” e corse in salita.
Nelle foto sopra e sotto il pilota austriaco Klaus Reisch il 15 maggio 1971 alla Corsa in salita Alp-Bergrennen.
Coppa della Collina 1971 Carlo Benelli, detto “”Riccardone”. Questa vettura si può vedere anche nella parte Tre di Autodelta Golden Years storia.
21 maggio 1972 Corsa in Salita Castione Baratti. Riccardone perse la vita in questa gara lo stesso fine settimana in cui si correva la Targa Florio.
1971 / 1972
T-33TT3 V-8
Nuova Vettura – Nuovo Telaio
Nel 1971 Autodelta portò il nuovo telaio in diverse gare.
Il nuovo telaio della TT pronto per una trasferta alla pista sperimentale del Balocco; normalmente coperto da un telo nero.
Alla finestra si intravede l'Ing. Chiti in abito scuro e occhiali da sole.
La foro é ripresa all'interno del cortile di Autodelta in fronte all'ufficio dell'Ing Chiti e della segreteria.
16 maggio 1971 Targa Florio. La “TT” é presentata al pubblico per la prima volta, a Cerda all'esterno del garage dell'Hotel Aurim
Sopra alla Targa Florio: Carlo Facetti e Teodoro Zeccoli qualificato con la vettura N° 1 con il 4° tempo assoluto ma l'Ing. Chiti decise di non farla partire nella gara.
La coppia Nino Vaccarella / Toine Hezemans si qualificò, con il giro più veloce, al primo posto, seguita dalla coppia Andrea de Adamich / Gijs van Lennep.
Osservare in fondo sulla sinistra l'autobus officina della squadra.
30 Maggio 1971 1000 Chilometri di Nurburgring. Anche qui, la coppia Facetti / Zeccoli con la vettura n° 14 collaudò il nuovo telaio “TT”, senza partecipare alla gara, per decisione dell'Ing. Chiti.
27 Giugno 1971 1000 Chilometri di Osterreichring. Con il “muletto” T2 con Nanni Galli / Henri Pescarolo non si qualificò e pertanto non prese parte alla gara.
Notare il rollbar di dimensione ridotta per fare meno resistenza all'aria.
Presentazione ufficiale alla stampa della nuova T-33TT3 sulla pista sperimentale del Balocco.
This cutaway drawing has been furnished through the courtesy of Serhii Antropov. Thank you, Serhii.
9 gennaio 1972 Buenos Aires 1000 Chilometri. Questa vettura guidata da Nanni Galli è stata tra le quattro vetture iscritte da Autodelta nel Round One del Campionato mondiale costruttori e ha presentato le sue vetture nella stessa configurazione illustrata nell'introduzione di Balocco del nuovo telaio "TT".
Una quinta auto di Carlo Facetti / Giovanni Alberti è stata inserita dal sig. Alberti in privato
Le due squadre combinate di vetture Alfa Romeo erano composte da Nino Vaccarela / Cesare Pairetti e Carlo Facetti / Giovanni Alberti poi uniti da Andrea de Adamich nelle vecchie versioni 33/3 e nelle nuove versioni tubolari era Vic Elford / Dr. Helmut Marko, Andrea de Adamich / Nanni Galli e Toine Hezemans / Rolf Stommelen.
9 gennaio 1972, 1000 Chilometri di Buenos Aires. Vic Elford / Dr. Helmut Marko con la vettura n° 2 T-33/3 piazzati al 4° posto assoluto dietro la T-33/3 di Carlo Facetti / Andrea de Adamich e dietro le Ferrari 312PB, prima e seconda.
6 febbraio 1972, 6 ore di Daytona La T-33TT3 V-8, con rollbar modificato, di Dr. Helmut Marko / Vic Elford.
La 33TT3 di Dott. Marko / Vic Elford qualificata al 3° posto e piazzatasi al 3° posto assoluto.
La 33TT/3 di Peter Revson / Rolf Stommelen alla 6 ore di Daytona.
Per vedere altre immagini della 6 ore di Daytona del 1972, aprite la pagina “Interesting Extra Photos"
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18-19 marzo 1972, Giornata di prove a Le Mans. Nelle tre foto sotto, osservare il profilo del rollbar e della sezione di coda modificata. Le auto hanno prese d'aria per ventilare l'impianto di raffreddamento del motore, una sezione di coda allungata ed un piccolo rollbar dietro il pilota.
Il Pilota collaudatore Teodoro Zeccoli.
Un roll bar di dimensioni tradizionali viene utilizzato sull'auto.
25 marzo 1972, 12 Ore di Sebring. Peter Revson / Andrea de Adamich / Rolf Stommelen con la 33TT3 numero 31 qualificati nella terza posizione alla griglia di partenza.
Dr. Helmut Marko e Vic Elford alla 12 Ore di Sebring nel 1972.
Nino Vaccarella / Toine Hezemans / Andrea de Adamich in nona posizione alla partenza, classificati al 3° posto assoluto nel 1972 alla 12 Ore di Sebring.
16 aprile 1972, 1000 Chilometri di Brands Hatch. La 33TT3 V8 con sezione coda accorciata.
16 aprile 1972, vettura n° 8 di Peter Revson / Toine Hezemans / Rolf Stommelen alla partenza in 4a posizione classificati al 3° posto assoluto.
1 maggio 1972 Interserie di Imola. Con modifiche alle prese aria frontali.
21 maggio 1972 Targa Florio. Il muletto “T1” Tarpeciali alette allo spoiler. Nella gara, Vaccarella montava alette arrotondate sullo spoiler a diferenza delle altre tre vetture partecipanti alla gara. Qui nel centro di Cerda.
Vettura n° 1 di Nino Vaccarella / Rolf Stommelen.
La vettura di Vic Elford / Gijs van Lennep con il compito di “lepre” assegnatole da Ing. Chiti, con il tempo sul giro ottenuto da Elford di 1 secondo e mezzo più lento dietro la Ferrari di Merzario sul tempo di circa 34 minuti sul giro.
Qui vedete la vettura di Vaccarella / Stommelen con problemi al motore durante il 4° giro.
21 maggio 1972, Targa Florio con Dr. Helmut Marco al volante della T-33TT3, condivisa con Nanni Galli.
Negli ultimi due giri, Marko recuperò magnioficamente due minuti alla Ferrari 312PB di Merzario / Munari, perdendo la vittoria per solo 16.9 secondi!!!!
Marko ottenne il record sul giro.
21 maggio 1972, Targa Florio. de Adamich al volante della vettura, in coppia con Toine Hezemans. Finirono la gara al terzo posto assoluto.
28 maggio 1972, 1000 Chilometri del Nurburgring. Record sul giro di Rolf Stommelen con un incredibile 7'42”.
Piazzamento all'11° posto assoluto copiloti: Toine Hezemans e Vic Elford con la vettura n° 4.
10-12 giugno 1972 24 ore di Le Mans Le auto durante le verifiche. Due diverse configurazioni adottate sulle auto preparate per la gara.
10-11 giugno 1972, 24 ore di Le Mans. Autodelta presente con tre vetture. La n° 18 di de Adamich / Vaccarella / Hezemans / Zeccoli / Marko alla partenza in 7a posizione, termina al 4° posto assoluto.
10-11 giugno 1972, 24 ore di Le Mans. Stommelen / Galli / Hezemans con la vettura n° 19, in 4a posizione alla partenza, ritirata dopo 263 giri per problemi al cambio.
Visitate la paina “Alfa a Le Mans” per la storia completa della partecipazione di Autodelta alla 24 Ore di Le Mans del 1972.
17 settembre 1972 1000 Chilometri di Imola.
1 ottobre 1972 Interserie di Hockenheim. La T-33/3 n° 58 nelle foto sopra e sotto.
Image courtesy of the photographer
1,8 e 15 dicembre 1972 Interlagos.
Image courtesy of the photographer .
1,8 e 15 dicembre 1972 Interlagos. Le due foto sono state gentilmente offerte da Rogerio P.D. Luz per Imagens DaLuz.
25 marzo 1973, 6 Ore di Vallelunga.
La vettura n° 26 sponsorizzata da Scuderia Brescia Corse e pilotata da Carlo Facetti / Marsilio Pasotti. Ritirata per incidente.
La vettura della Scuderia Brescia Corse monta un alettone orizzontale posteriore, come le auto della serie CanAm della stessa epoca.
25 aprile 1973 1000 Chilometri di Monza. Ancora sponsorizzata dalla Scuderia Brescia Corse, lavettura n° 16 di Carlo Facetti / Marsilio Pasotti qualificata al 9° posto finisce la gara al 5° posto assoluto.
13 maggio 1973 Targa Florio. Per questa ultima edizione della Targa Florio, la Scuderia Brescia Corse si presenta con una T-33TT3 V8 con Pasotti / Zeccoli.
L'altra vettura partecipante (non fotografata) é la T-33TT12 che si qualifica al 2° posto con Stommelen / de Adamich.
9-10 giugno 1973 24 ore di Le Mans. La vettura di Zeccoli / Facetti / Pasotti, unioca vettura presentata da Autodelta finisce al 15° posto assoluto.
23 giugno 1973 1000 Chilometri sull'Osterreichring. Carlo Facetti e Marsilio Pasotti. Notare la sezione verticale maggiorata della sezione di coda ed ulteriori prese aria per i radiatori dietro le portiere.
Nel 1975 P. Moshous acquistò da Autodelta una T-33TT3 con un motore Montreal V8, con cui partecipò a diverse gare in Grecia, vincendo sul circuito dell'aereoporto di Tatoi nell'aprile 1975.
Una T-33TT3 fu acquistata per una corsa in salita sulle Isole Canarie; piloti E.Montoro / P.Estevez / J. Rodriquez.
9 giugno 1974 Targa Florio. In quell'anno la gara fu soltanto un evento organizzato da un Club siculo e solo di 8 giri. In questa foto il V8 di Ottomano / Gargano che non fu ammesso per problemi tecnici alla gara. Nelle successive immagini, la vettura fu utilizzata per corse in salita.
Nella foto sopra del 1975, una TT 12 ma con motore V8.
23 maggio 1976 500 Chilometri di Imola. Zeccoli / Ottomano con la vettura n° 9 finirono la gara al 9° posto.
27 giugno 1976 Coppa Florio. Vettura n° 8 di Zeccoli / Ottomano.
Typo 33TT12 con
Nuovo 12 Cylinder Motore
Nel settebre 1972 sulla rivista Autosprint furono pubblicate le foto del nuovo 12 cilindri
assieme alle foto del nuovo telaio T-33TT3 utilizzato per le prove del nuovo motore.
Il cofano motore é molto basso grazie al basso profilo del motre Boxer.
Le due ali aerodinamiche posteriori sono unite da un grande alettone. L'alettone non ha supporti centrali.
In questa foto, sul circuito sperimentale dell'Alfa Romeo, il bravo ed affidabile pilota collaudatore Autodelta, Teodoro Zeccoli.
Configurazione con il supporto centrale dell'alettone utilizzato dalla Scuderia Brescia Corse nel corso del 1973.
Il supporto centrale no fu utilizzato sulle vetture preparate per la 24 oredi LeMans del 1972.
Tipo 33TT12 1973
Il telaio tubolare, sviluppato intorno al 12 cilindri, fu disegnato secondo le direttive del nuovo tecnico per l'aerodinamica, Michel Tetu, entrato in Autodelta nel 1972. La nuova carrozzeria fu sviluppata con l'aiuto della galleria del vento dei Laboratori Eiffel in Francia, dove anche Porsche e Ligier F1 portavano avanti i loro esperimenti.Il telaio della nuova Autodelta era formato da tubi in acciaio ed alluminio.
Il rollbar era completamente rivestito, in quanto i test aerodinamici avevano riscontrato una grande turbolenza intorno al rollbar senza copertura. Per un'osservazione piu approfondita sul disegno del telaio, leggete le pagine 1 e 2.
Balocco, Febbraio 1973. Le prime foto alla vettura con Carlo Facetti al volante. Lo sviluppo della vettura fu rallentato a causa della critica situazione sindacale in quegli anni in Italia.
La 33TT12 nelle foto ufficiali durante la presentazione sulla Pista sperimentale del Balocco.
Marzo 1973. Prove a Le Castellet con Rolf Stommelen al volante.
Aprile 1972 Prove a Le Castellet. Rolf Stommelen scambia opinioni ed impressioni di guida con lo specialista in Aerodinamica Michel Tétu e con Teodoro Zeccoli, pilota collaudatore di Autodelta.
5 maggio 1973 – 1000chilometri di Spa. Autodelta decise di partecipare alla gara con la nuova vettura e con Andrea DeAdamich e Rolf Stommelen. Poche varianti rispetto ai test precedenti; specchietto retrovisore con diverso disegno e frontale senza spoiler. Una piccola apertura si vede vicino al numero di gara.
de Adamich, a seguito della perdita di un pneumatico posteriore alla variante Stavelot, andò a sbattere con il frontale su un guardrail e con il posteriore sul guardrail opposto.
Poiché Autodelta, per questa gara aveva preparato solo una vettura, la gara di Spa terminò con il ritiro.
13 marzo 1973. Targa Florio. Autodelta si presentò con due vetture. Clay Regazzoni ebbe un incidente durante le prove, quindi non potè prendere parte alla gara; copilota era Carlo Facetti.
Comunque, durante le prove era riuscito a qualificarsi con il terzo tempo assoluto. Andrea de Adamich e Rolf Stommelen si erano qualificati al secondo posto.
Anche la coppia Andrea de Adamich / Rolf Stommelen dovette ritirarsi a seguito di un incidente provocato da una vettura GT al quarto giro.
27 marzo 1973. 1000 chilometri del Nurburgring. Le due auto presentate da Autodelta si dovettero ritirare nel corso della gara. N.8 di Andrea de Adamich / Rolf Stommelen e N.9 di Clay Regazzoni / Carlo Facetti.
24 giugno 1973. Saltata la corsa di Le Mans, Autodelta partecipò alla 1000 chilometri dell'Osterreichring con una vettura 12 cilindri modificata per Rolf Stommelen / Clay Regazzoni.
Il cofano posteriore fu modificato con uno più largo e due prese d'aria furono aperte ai lati del rollbar.
Alla sinistra, nella foto, Luigi Corbari, responsabile operativo ed a destra Stommelen.
La vettura a seguito di problemi di alimentazione fu costretta al ritiro. Una 33TT/3 della Scuderia Brescia Corse si classificò al 7° posto assoluto.
Luglio 1972. Monza. Rolf Stommelen condusse delle prove con una piccola presa d'aria sulla cosiddetta “Coppola di Chiti”. Queste modifiche furono portate avanti anche nella stagione 1974.
19 settembre 1973. 500 chilometri di Imola. Autodelta portò ad Imola solo una vettura affidata a Rolf Stommelen;. La vettura presentava ulteriori modifiche alla carrozzeria, con ulteriori prese d'aria sul cofano motore.
Stommelen terminò la gara al secondo posto; questo fu il miglior piazzamento per la stagione 1973.
Novembre 1973. Vallelunga. Questa versione fu affidata a Arturo Merzario per le prove, ma non fu mai utilizzata per alcuna gara.
Il cofano motore era molto più alto delle precedenti versioni con una presa d'aria più grande dietro la testa del pilota.
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Autodelta torna alla vittoria nel 1974
La stagione 1974 fu influenzata dalla crisi energetica a causa dell'embargo del petrolio da parte dei Paesi Arabi. Le competizioni sportive furono un facile bersaglio da parte di politici e dell'opinione pubblica in un momento in cui l'Europa fronteggiava una crisi energetica.
I detrattori delle competizioni criticavano l'elevato consumo di combustibile in un momento in cui c'era penuria di carburante.
La crisi energetica ebbe notevoli effetti sulle competizioni della stagione 1974. Daytona e Sebring furono cancellate; al Nurburgrung ed al Paul Ricard furono ridotte le distanze e Kyalami fu ridotto da 9 ore a 6 ore.
A gennaio e febbraio 1974 Autodelta condusse diverse prove sul circuito del Paul Ricard, nel sud della Francia, allo scopo di migliorare le prestazioni della vettura che il 24 giugno 1973 aveva partecipato alla 1000 chilometri dell'Osterreichring con Stommelen e Regazzoni.
L'auto era proprio la prima 33TT12 costruita (VIN 115.12.001) che si può osservare nelle fotografie del nostro sito alle pagine 1 e 2.
Questa é la vettura che partecipò alla 1000 chilometri dell'Osterreichring, in queste foto con prese d'aria sperimentali particolarmente alte.
Intorno alla vettura, il capomeccanico Giuseppe Callegher, il meccanico Fabri, Rolf Stommelen e l'Ing. Gherardo Severi.
Furono provate le vetture sia con la coda corta che con la coda lunga.
Dietro al pilota, due piccole prese d'aria per raffreddamento dei freni ed una grande presa d'aria centrale per fornire gran quantità di aria al nuovo motore boxer 12 cilindri. Il grande corpo posteriore, chiamato “la Coppola di Chiti” risulta notevolmente sviluppato.
La persona addetta allo sviluppo del motore ed al suo buon funzionamento, fin dall'inizio di Autodelta nel 1973, é stato Giovanni Manfredini, che vediamo nella foto.
Nel marzo successivo, furono condotte prove in previsione di Le Mans con la versione definitiva per la stagione 1974. Le due singole prese d'aria furono unificate in una sola e la “presa principale fu ridotta di 8 centimetri.
Alle prove di Le Mans furono sperimentate diverse code e diverse prese d'aria. Dai tests risultò che la vettura senza l'ala posteriore beneficiava di un aumento di 200 giri al minuto. Tuttavia si constatò che l'assenza dell'ala posteriore creava problemi di stabilità, pertanto si decise di lasciarla.
Durante le due giornate di prove furono organizzati due turni di due ore ciascuna. Al primo turno girò Rolf Stommelen; al secondo turno Arturo Merzario che si dovette fermare per rottura del cambio.
Sulla vettura numero 4 di Arturo Merzario si sperimentò una modifica nella zona del pilota, rispetto alla vettura utilizzata da Rolf Stommelen nelle prove a gennaio, con lo spechietto retrovisore alla sinistra della vettura
Alcune settimane prima della competizione di Le Mans, l'Ing. Chiti espresse dubbi sulla partecipazione all'evento. Parlò di ragioni tecniche dicendo che preparare una vettura per una gara di 1000 chilometri é diverso dal preparare una vettura per una gara di 24 ore.
Pertanto Chiti chiese un aumento del budget a disposizione, da parte del proprietrio, che all'epoca era il Ministero delle Partecipazioni Statali.
La Ferrari nel 1972 aveva fatto lo stesso ragionamento ritirando le auto dalla 24 Ore di Le Mans , temendo che i motori non avrebbero retto oltre le 12 ore della competizione.
I finanziamenti ad Autodelta furono negati a causa di una crisi economica che da circa due anni preoccupava lo Stato Italiano ed il suo Governo.
Una vettura modello 33TT12 della Squadra Brescia Corse, con Teodoro Zeccoli, Carlo Facetti e Marsilio Pasotti, prese il via alla 24 ore; si trovava in terza posizione quando lo scoppio di un pneumatico danneggiò le sospensioni costringendo la vettura al ritiro dopo 299 giri.
19 maggio 1974, 750 chilometri del Nurburgring. La 33TT12 si classificò seconda a 29 secondi dalla vettura vincitrice della scuderia francese Matra Simca.
2 giugno 1974. 1000 chilometri di Imola. Le vetture corsero con la coda corta.
25 aprile 1974, 1000 chilometri di Monza. La 33TT12 con Arturo Merzario e Mario Andretti fece il giro più veoce in prova e vinse la gara precedendo le altre due vetture Autodelta delle coppie Jackie Icks / Rolf Stommelen e Carlo Facetti / de Adamich.
Questa fu la prima grande vittoria per Autodelta dal 1971.
30 giugno 1974, 1000 chilometri dell Osterreichring.
13 giugno 1974, 6 ore di Watkins Glen. La 33TT12 di Mario Andretti / Arturo Merzario era in competizione con altre due vetture in testa alla gara, quando, nelle ultime fasi della gara, per colpa di un piccolo cavo elettrico dell'alternatore, la vettura si fermò.
Dopo che alcuni meccanici di Autodelta corsero in mezzo alla pista per riparare il danno alla vettura, Mario Andretti fu squalificato dagli ufficiali di gara.
Watkins Glen. La 33TT12 di Rolf Stommelen non prese parte alla gara, a causa dell scoppio di un pneumatico che causò uno sbandamento della vettura con collisione contro il guard rail e successivo incendio, durante l'ultima sessione di prove.
1975
Photographer unknown
Monza 1975
Giovanni Manfredini, Ing. Gherardo Severi with Arturo Merzario and Mario Andretti at Watkins Glen 1975.
1975 World Champions
Alfa Romeo Type 33TT-Stradale
(Alfa Romeo Berlinetta Stradale Giro d'Italia)
Tipo 33 Giro Italia automobilistico
In 1975, the Giro d’Italia took place between 12th and 17th of Octobre. The event was a mixture of hillclimb stages (Cesana-Sestriere, S.Stefano-Passo del Spino, Rieti-Terminillo, ...) and circuit races (Monza, Imola, Misano, Magione, Vallelunga, Mugello, Varano, Casale).
Jean-Claude Andruet, under contract with Autodelta for rally events, persuaded engineer Marelli to build a very special T33 to participate in the Giro. The car was built around a tubular chassis with a 3 litre V8 engine. It had a closed aluminum bodywork built by Autodelta ,the engine was found in the loft of Settimo Milanese out of the stock of engines.
The car received the chassis number 75033 * 114, normally a kind of number that would fit to an Tipo 33 stradale. The reason could have been the fact that the race was held for cars on the basis of an roadgoing sportscar…
During the first tests, Andruet was really satisfied with the performance of the car and the engine, which was perfect. Although Carlo Chiti asked his mechanics to rebuild the engine, which will provoke anger from Jean-Claude Andruet.
(This is one version of the story)
First tests of the car on the Autodromo di Casale Monferrato, pictures below
12 October 1975 Turin start of the race From Turin on... the rebuilt engine starts to run on 6 cylinders. During the duration of the event the car developed more and more smoke ... at Vallelunga, while leading the race, Andruet had to give up.
...more and more smoke...
This car is now owned by a well-known American Alfa Romeo racing car collector.
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Alfa Romeo 33SC12 Turbo: ‘The Last Great Monster’
Testo e foto di Roberto Motta
Copyright Robert B. Little
Nel ’76, in un periodo in cui il modo delle corse vedeva nei motori ‘turbo’ il proprio futuro, l’Autodelta annunciò il debutto di un nuovo propulsore 12 cilindri boxer sovralimentato. Dopo mille rinvii la 33SC12 turbo debuttò a fine ’77, gareggiando in sole due gare e chiudendo in bellezza l’epopea della ‘33’
La storia della 33TT12 e del suo favoloso propulsore boxer ‘tipo 115-12’ a 12 cilindri, cominciò ufficialmente nel settembre ’72 quando, la settimana antecedente il GP d’Italia, il settimanale Autosprint pubblicò le fotografie della nuova vettura ritratta al Balocco, la pista prove della Casa del Biscione.
La 33TT12 (TT= Telaio Tubulare) era spinta da un nuovo propulsore 12 cilindri boxer in grado di erogare oltre i 450-470 CV, frutto della mente dell’ingegnere Carlo Chiti.
La vettura aveva telaio e carrozzeria direttamente derivati dalla 33TT3, ovviamente riviste nelle dimensioni per adattare il telaio agli ingombri del nuovo 12 cilindri.
Dopo un inizio stentato, la 33 e il suo boxer ebbero nel tempo un’evoluzione costante che portò la Casa del Portello a conquistare il Campionato Mondiale Costruttori nel ’75 e nel ’77, l’ultimo vero campionato dedicato alle vetture sport, degno di essere indicato con questo nome.
Quella che può essere considerata l’ultima arma vincente dell’Autodelta ossia il braccio armato dell’Alfa Romeo, deriva dalla 33TT12 che debuttò il 4 maggio ‘73 nelle prove della 1000 km di Spa Francorchamps pilotata da Andrea de Adamich e Rolf Stommelen. Per l’occasione il propulsore boxer era stato depotenziato a 450 CV per una maggiore sicurezza di durata.
Pur dimostrandosi veloce nel corso delle prove, non prese parte alla competizione a causa di un incidente avvenuto mentre era condotta da de Adamich.
Il 13 Maggio, alla Targa Florio, l’Autodelta schierò due 33TT12 per Andrea de Adamich-Rolf Stommelen e Clay Regazzoni-Carlo Faccetti. Partite con il 2° e 3° tempo alle spalle della Ferrari 312P di Arturo Merzario-Nino Vaccarella, entrambe non conclusero la gara. La stagione '73 continuò quindi come fosse una stagione di sviluppo, e la 33TT12 non fu mai in grado di vincere una gara.
Il 25 aprile '74, la 33TT12 vinse la 1000 km di Monza con una spettacolare tripletta: la vettura condotta da Arturo Merzario-Mario Andretti si impose davanti alle vetture gemelle condotte da Jacky Ickx - Rolf Stommelen e Carlo Facetti - Andrea de Adamich.
Dopo l’esordio al fulmicotone, la stagione proseguì senza ulteriori soddisfazioni.
Le speranze di ben figurare nel campionato naufragarono a causa della situazione economica derivata dalla guerra del Kippur, e della conseguente crisi del petrolio che colpì tutto il mondo e che impedì all’Istituto di Ricostruzione Industriale dello Stato (IRI) che gestiva l’Alfa Romeo, di destinarle fondi adeguati per le competizioni.
Nel ‘75, l'Alfa Romeo visse l’ennesimo periodo d’instabilità. Firmò un contratto con Willi Kauhsen che avrebbe gestito le vetture nelle competizioni con il Willi Kauhsen Racing Team (WKRT), sotto il controllo diretto dell’Alfa Romeo e dell’Autodelta che a sua volta avrebbe provveduto con il proprio personale alla manutenzione e alla partecipazione alle competizioni.
La vettura si presentò alla 1000 Km di Monza priva di sponsor poi, dopo la vittoria ottenuta con Arturo Mezario e Jacques Lafitte, le cose andarono meglio e il team firmò un contratto di sponsorizzazione con la Campari.
Fu una stagione trionfale in cui l’Alfa Romeo tornò alla vittoria in un campionato del mondo con sette vittorie in otto gare di campionato.
I piloti che resero possibile l’impresa furono Arturo Merzario e Jacques Laffite i quali dominarono a Digione, Monza e al Nürburgring mentre Henri Pescarolo e Derek Bell conquistarono Spa, Zeltweg e Watkins Glen. La settima vittoria, a Pergusa fu ottenuta dell’equipaggio composto da Merzario e Jochen Mass.
Grazie alla potenza e affidabilità del suo propulsore, l’Alfa Romeo rientrò quindi in F1, fornendo i propri motori alla Brabaham di Bernie Eclestone. Nonostante la Casa avesse concentrato l’attenzione sul motore di F1, nella stagione ‘76, anche l’Autodelta subì il fascino del turbo e per Chiti fu quasi obbligatorio annunciare la volontà di utilizzare in gara un propulsore sovralimentato. Tale scelta fu dettata anche dalla volontà dell’Alfa Romeo di affermare il proprio ruolo da protagonista tra le grandi Case impegnate nelle competizioni.
Lo sviluppo del nuovo 12 cilindri turbocompresso iniziò nel ’76, ma il suo utilizzo fu via via posticipato a causa delle molteplici attività in cui era impegnata l’Autodelta.
Mentre sviluppavano il propulsore, i tecnici dell'Alfa Romeo costruirono una vettura con nuovo telaio monoscocca in lega di alluminio denominato 33SC12 (SC = Scatolato).
La vettura venne dotata del motore boxer aspirato, capace di erogare a 520 CV. Con questa vettura l’Alfa Romeo affrontò la trionfale stagione ’77 che vide le vetture del Biscione partire sempre in pole position e vincere le 8 gare in cui era iscritta.
I piloti di quell’epica, ultima stagione furono Arturo Merzario, Jean-Pierre Jarier e Vittorio Brambilla. Nel corso di questa fantastica stagione debuttò, corse e vinse, la 33SC12 turbo, la regina del nostro articolo.
La tecnica
Il cuore meccanico della 33SC12 turbo era caratterizzato da monoblocco e teste in lega leggera (alluminio e magnesio). Aveva alesaggio e corsa di 77 mm x 38,2 mm e cilindrata totale di 2134 cc, con rapporto 1,4, previsto dal regolamento tecnico sportivo, che consentiva di rientrare nella categoria di vetture spinte da propulsore di 3 lt. L’albero motore in acciaio fucinato poggiava su 4 supporti di banco. La distribuzione sfruttava un sistema a doppio albero a camme in testa con 4 valvole per cilindro. Gli alberi a camme erano azionati da una cascata di ingranaggi.
L'alimentazione del carburante era affidata a un sistema d'iniezione indiretta meccanica Lucas e l'accensione elettronica era affidata garantita da un sistema Magneti Marelli ‘Dinoplex’ a scarica capacitiva.
Il motore utilizzava 2 turbo KKK (Type Grosse K26), e con 2 intercooler il boxer 12 turbo Alfa Romeo era in grado di erogare 640 CV a 11000 giri/min, e di sviluppare una coppia 48 kgm a 9000 giri/min.
Ricordiamo che la tedesca KKK o Kühnle, Kopp & Kausch AG, le cui turbine industriali erano utilizzate in gara anche dalla Porsche, fu fondata il 15 maggio 1899 da Georg Adam Kühnle, Hans Kopp e Rudolf Kausch.
Vincolato al motore, trovava posto un cambio manuale a cinque marce + RM e differenziale meccanico a slittamento limitato.
La trasmissione era supportata da una frizione a triplo disco che lavorava a secco e da un sistema di lubrificazione aggiuntiva dotato di pompa dell'olio e radiatore.
La 33SC12 turbo, al pari della 33SC12 mossa da motore aspirato, aveva una carrozzeria simile alla 33TT12, ma aveva un telaio di tipo monoscocca.
La sospensione anteriore utilizzava, bracci e barre trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori oleopneumatici, barra antirollio; la sospensione posteriore impeigava bracci e barre trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori oleopneumatici, puntone di reazione longitudinale e barra antirollio.
L’impianto frenante era composto da quattro freni a disco ventilati, morsi da pinze freno a doppio pistoncino. I dischi anteriori erano montati esternamente, mentre i dischi posteriore erano montati entrobordo all’uscita del differenziale.
Le ruote della vettura erano in lega di magnesio con misure anteriori di 11x13" e posteriori di 14,5x15", e consentivano di calzare scarpine Pirelli da corsa delle misure rispettivamente di 9,5/20/13" e 13,1/26/x15".
La vettura dichiarava un peso di 770 kg, un passo di 2500 mm, una larghezza fuori tutto di 2000 mm, una lunghezza totale di 3800 mm, un’altezza di 960 mm (esclusa presa d’aria), una carreggiata anteriore di 1490 mm e posteriore di 1470 mm.
Condotta da Teodoro Zeccoli durante i test sulla pista del Balocco, la vettura raggiunse una velocità massima di 352 km orari.
Caratterizzata dal classico ritardo alla risposta dell’acceleratore, turbo-lag, aveva un telaio sottodimensionato rispetto all’enorme potenza erogata dal suo propulsore, e un rapporto peso potenza di 1,185 kg/CV.
La turbo in gara
La 33SC12 turbo prese parte a due sole competizioni: alla ‘300 km Salzburgring’ e alla 'Interserie Hockenheim’.
Il 18 settembre ‘77, al ‘Salzburger Festspielpreis’ disputatosi sul tracciato del Salzburgring, fu affidata ad Arturo Merzario che terminò al secondo posto alle spalle della 33TT12 aspirata di Vittorio Brambilla. Durante la gara la ‘turbo’ ebbe problemi ai freni che ne compromisero la guidabilità; inoltre, fu costretta a una sosta prolungata ai box, dovuta alle difficoltà a riavviare il propulsore surriscaldato. Ciononostante, terminò la gara davanti alla 33TT12 aspirata di Spartaco Dini e Giorgio Francia.
Il 9 ottobre la turbo, e Merzario, ebbero la loro rivincita nell’ultima gara cui presero parte insieme, la ‘ADAC-Rennsport Finale '77 Hockenheim’, partiti dalla pole position si aggiudicarono entrambe le manche della gara.
Rientrata nelle officine Autodelta, la dirigenza decise di concentrare tutte le sue attenzioni nella fornitura dei propulsori alla Brabaham e alla realizzazione di una nuova vettura di F1, la 177. La 33SC12 turbo fu così accantonata in un angolo dell’officina.
Oggi è possibile ammirarla nella sale del Museo storico Alfa “La Macchina del Tempo Romeo” di Arese.
Conclusioni
La 33SC12 turbo visse una sola estate ma ebbe il pregio di essere la prima e unica vettura Alfa Romeo turbo a vincere una competizione riservata al Campionato Mondiale Costruttori (World Championship for Makes). Nel periodo della sua gestazione, l’Autodelta stava già preparandosi al grande rientro nelle competizioni riservate alla F1. Contemporaneamente il fascino delle vetture sport stava scemando a causa del comportamento quasi schizofrenico dei legislatori della FIA che, nel ’76, sdoppiarono il campionato mondiale costruttori con l’introduzione del campionato Gr.5 Silhouette cui affiancarono il campionato Gr.6 Sport, riuscendo così a distruggere una categoria che fino agli anni ’70 aveva destato un interesse superiore a quello della F1.
Era la fine di un’epoca.
Le rosse barchette lasciarono le piste per rimanere abbandonate nelle officine e lasciare posto alle monoposto di F1.
Le delusioni ebbero ben presto il sopravvento sull’entusiasmo della squadra corse di Settimo Milanese e dell’Alfa Romeo.
La Casa del Biscione non riuscirà più a festeggiare alcun titolo mondiale.
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