Al termine della vittoriosa stagione 1951, anno in cui l'Alfetta 159 permise a Juan Manuel Fangio di vincere il secondo titolo mondiale, l'Alfa Romeo decise di sospendere la partecipazione alle gare riservate alla F1 per intraprendere un’intensa attività dedicata alla produzione di vetture di serie.
Il ritorno della Casa del Biscione nel mondo delle corse avvenne solo qualche anno più tardi, quando la Casa del Portello, diretta dal Dott. Giuseppe Luraghi, brillante manager dell'IRI, e Amministratore Delegato dell’Alfa Romeo S.p.A., ebbe il non facile compito di ribaltare la situazione finanziaria ed economica della Casa milanese.
Luraghi sognava di riportare i ‘bolidi rossi’ e il ‘Quadrifoglio’ ai vertici delle sfide mondiali, e iniziò il suo operato dando vita al reparto ‘Servizio Esperienze Speciali’, diretto dall'Ing. Orazio Satta Puliga e Ing. Giuseppe Busso.
Il nuovo reparto fu creato, non solo per seguire le esigenze dei clienti sportivi e per fornire assistenza a quelle auto sperimentali ad alte prestazioni costruite in piccola serie, ma anche per arginare la concorrenza della Lancia in procinto di manifestare un grande impegno agonistico. I dirigenti Alfa Romeo erano consapevoli del valore promozionale della tradizione sportiva della Marca e dell’importanza di orientarsi verso il ritorno alle competizioni.
Nei piani della Casa milanese, il ritorno ufficiale alle competizioni doveva garantire un ritorno d’immagine che supportasse la normale produzione di serie e, per ottenere tutto questo, doveva rispondere al tema ‘le auto di famiglia che vincono le corse’.
Inizialmente, l'Alfa Romeo aveva comunque un certo timore a impegnarsi ufficialmente nelle gare, e le auto del Biscione, in prevalenza Giulietta e Giulia, erano elaborate e gestite da privati. Le ‘vetture da famiglia’ ebbero un grande successo sia agonistico che di pubblico.
Con il crescere dei successi, Luraghi analizzò il modo delle competizioni e decise che il primo l'obiettivo da raggiungere fosse il campionato nella categoria Sport 2 litri. Quindi, per mantenere un senso di autonomia e allo stesso tempo avere la speciale possibilità di movimento richiesta nelle corse di livello mondiale, volle affiancare al team ‘Servizio Esperienze Speciali’ una struttura esterna ad hoc, e decise di adottare ‘Autodelta’ nella sfera d’influenza dell'Alfa Romeo S.p.A.
La piccola società, fondata da Chiti e Chizzola, il 5 marzo 1963, era nata con il nome di ‘Delta Auto’ e aveva la sua sede in via Galileo Galilei 9/3 a Feletto Umberto, in un anonimo capannone adiacente a una concessionaria di proprietà di Chizzola. Questa scelta consentiva alla neonata società di operare con la massima segretezza, senza evidenziare coinvolgimenti ufficiale dell'Alfa Romeo.
Il matrimonio tra Alfa Romeo e ‘Autodelta’ fu l’inizio di una storia di grandi successi che iniziò con i collaudi delle prime TZ, targate Udine, nella primavera del 1963.
L’Autodelta modificava vari elementi forniti da aziende italiane con sedi anche lontane tra loro, come la meccanica Alfa Romeo di Milano, le carrozzerie Zagato di Rho, i telai Ambrosini di Passignano sul Trasimeno, e le fusioni in lega leggera electron realizzate dalla Gilera di Arcore (Monza).
Nel maggio 1963 fu completata la prima Giulia TZ e i successi furono immediati.
In novembre, quattro Alfa Romeo Giulia TZ conquistarono i primi quattro posti della categoria prototipi alla Coppa Fisa a Monza, con Lorenzo Bandini, Roberto Bussinello, Giancarlo Baghetti e Consalvo Sanesi.
Nel ’64, con l'omologazione nella categoria GT, le berlinette targate UD conquistarono il primo posto e il secondo di classe a Le Mans, le vittorie di classe alla 12 Ore Sebring, alla Targa Florio, alla 1000 km del Nürburgring, al Tour de France e alla Coupe des Alpe.
Il mito TZ si replicò con la GTA, variante da corsa della Giulia GT.
Nell'ottobre ‘64 Alfa Romeo e Autodelta siglarono una convenzione che allargava il campo d'azione dell'azienda friulana alla realizzazione di prototipi, all'elaborazione delle meccaniche e alla partecipazione diretta nelle gare.
In breve l’accordo era riconoscimento dell'Autodelta come ‘reparto corse’ del Biscione.
Alla fine dell'anno la sede dell’Autodelta fu trasferita da Feletto Umberto (Udine) a Settimo Milanese, località che permetteva ai tecnici di lavorare fianco a fianco con le sedi produttiva Alfa Romeo.
Nel settembre 1964, la dirigenza Alfa Romeo, incominciò a pensare alla necessità di affermarsi nel mondo del Campionato Internazionale Marche, e autorizzò gli ingegneri del reparto sperimentale, a procedere agli studi di una nuova vettura destinata alle competizioni riservate alla categoria ‘Sport Prototipi’ in grado di competere per la vittoria assoluta; la 105.33, comunemente identificata con la sigla ‘33’. Il propulsore aveva inizialmente una cilindrata di 2 litri, cilindrata che venne via via maggiorata a 2,5 lt e infine, con il suo impiego sulla 33-3 nel 1969, fino a 3 litri.
Nello stesso periodo Jack Brabham chiese all’Alfa Romeo di poter utilizzare il propulsore V-8 da 3 lt, ma i tecnici milanesi ritennero che il loro propulsore non fosse ancora pronto per l’impiego in F1 e decisero non impegnarsi.
Con il crescere dei successi e dell’affidabilità del V-8, la voglia della dirigenza Alfa Romeo, di ritornare alle competizioni della massima formula, la F1, divenne sempre più insistente, tanto che, nel 1970, l’Autodelta siglò un accordo per la fornitura dei propulsori Alfa Romeo V-8, prima con la McLaren che li utilizzo sulla M7D e M14D di Andrea de Adamich e, nel 1971, con la March che li montò sulle 711 di Andrea de Adamich, Nanni Galli e Ronnie Peterson.
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1970 McLaren Alfa Romeo MD-14D-1
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McLaren Alfa Romeo con Andrea de Adamich 1970
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1970 Espagna Grand Prix McLaren Alfa Romeo MD-14D-1 con Andrea de Adamich
Il propulsore V8 Alfa Romeo da 3 lt, utilizzato originariamente sulle Alfa Romeo 33/3, venne modificato per essere utilizzato sulle McLaren Alfa Romeo M7D-1 e M14D-1
L’accordo tra la McLaren e l’Alfa Romeo venne siglato nel gennaio 1970, e dal comunicato stampa divulgato dalla Casa del Portello il 27 gennaio, si apprese che la Casa britannica oltre alla fornitura di 3 propulsori, aveva richiesto la possibilità di ingaggiare il pilota Andrea de Adamich.
Al momento della presentazione, il propulsore V-8 Alfa Romeo dichiarava un potenza conservativa di 415-420 CV a 9.500 giri/min, contro i 450 CV erogati dai migliori Ford Coswoth.
L’accordo tra la casa britannica e l’Alfa Romeo non fu dei più fortunati, e i due partners affrontarono una stagione difficile e priva di soddisfazioni.
La McLaren-Alfa Romeo fu iscritta alle competizione dal ‘Bruce McLaren Motor Racing’.
Inizialmente la vettura fu realizzata sfruttando un telaio della M7A opportunamente modificato per accogliere il propulsore milanese e quindi denominata M7D-1.
La M7D-1 fece il suo debutto in gara nel corso delle prove del Grand Prix d' Spagna il 17 aprile 1970. Non fu un debutto fortunato e de Adamich non riuscì a qualificarsi per soli 0,05secondi.
Fu il prologo di una situazione imbarazzante che, nel corso della stagione, si ripropose in altri Grand Prix.
Il 26 aprile, la M7D-1 venne usata da Bruce McLaren nelle prove dell’International Trophy a Silverstone.
Il 10 maggio la vettura fu affidata nuovamente a de Adamich per la il Grand Prix di Monaco, ma non riuscì a ottenere un tempo valido per la qualificazione per soli 0,1secondi.
Al Grand Prix del Belgio, del 7 giugno, venne iscritta la M7D-1 per de Adamich, ma la vettura non venne poi inviata a Spa Francorchamps.
Il 21 giugno, a Zandwoort, in occasione del Grand Prix d’Olanda, debuttò la nuova vettura sul telaio M14D-1. Affidata a de Adamich non superò lo scoglio delle qualifiche.
Il 5 luglio, nel Grand Prix di Francia, a Clermont-Ferrand, la M7D-1 riuscì finalmente a prendere il via con de Adamich. Partita dalla 6a fila della griglia di partenza, completò solo 29 giri, prima di ritirasi per la rottura di un tubo dell'acqua.
Il 19 luglio, a Brands Hatch, sempre con la M7D-1, de Adamich si qualificò con il 18° tempo, ma non prese il via della gara per una perdita di carburante di una delle sacche del serbatoio.
Il 2 agosto, sul veloce circuito di circuito di Hockenheim, la M14D-1 di de Adamich ancora una volta non si qualificò, a causa di un motore che non riusciva ad erogare tutta la potenza.
Il 18 agosto, a Zeltweg, in occasione del Grand Prix d’Austria, de Adamich e la M14D-1 si qualificarono in quindicesima posizione. I tecnici sostituirono il propulsore nella notte prima della gara, ma fu la scelta sbagliata. Il nuovo propulsore non raggiungeva il limite di giri previsto (-1000 giri) e de Adamich concluse la gara in 12a posizione.
Dopo la gara austriaca, l’Autodelta si impegnò a consegnare un propulsore più prestante, apportando anche alcune modifiche al carter motore.
Al Grand Prix d’Italia del 6 settembre, la M14D-1 venne affidata a De Adamich, mentre la M7D-1 fu affidata a Nanni Galli.
de Adamich ottenne il 12° tempo in prova e concluse all’8° posto. Mentre, la vettura di Nanni Galli, non riuscì a classificarsi per la gara, a causa di problemi alla distribuzione.
Il 20 settembre, in Canada, la M14D-1 di de Adamich fu costretta al ritiro per un calo della pressione dell’olio motore.
Il 4 ottobre, a Watkins Glen, la vettura di de Adamich non riuscì a qualificarsi a causa dell’inefficienza dei meccanici McLaren: nel corso delle prove di venerdì si ruppe il propulsore. Il sabato, prima una perdita di carburante e poi un incendio dietro il cruscotto, non permisero alla vettura di ottenere un tempo valido per la qualificazione.
Era finita: il team non portò la vettura motorizzata Alfa Romeo alla gara di fine stagione a Città del Messico del 25 ottobre.
La McLaren non aveva alcuna incentivazione a continuare lo sviluppo dell'auto con motore Alfa, dato che le sue vetture con motore Ford Cosworth DFV si erano dimostrate più competitive. E, senza un forte impegno economico, l’Alfa Romeo non aveva le risorse ingegneristiche sufficienti per riuscire a superre le prestazioni del propulsore Cosworth.
La Tecnica
La M7A, faceva parte di una fortunata operazione produttiva che la McLaren, fondata dal neozelandese Bruce McLaren, intraprese e che includeva la F1, la F5000 e CanAm.
La M7D e la M14D motorizzate Alfa Romeo,derivavano rispettivamente dalla M7A e dalla M14A che erano motorizzate con il V-8 Ford Cosworth. Entrambe erano caratterizzate da un telaio monoscocca il lega leggera con motore con funzione portante. Sfruttavano sospensioni anteriori con doppi triangoli sovrapposti e gruppi molla ammortizzatore esterni montati in posizione inclinata. Mentre le sospensioni posteriori utilizzavano una bielletta unica superiore e un triangolo rovesciato inferiore, doppi puntoni longitudinali di reazione e gruppi molla ammortizzatore inclinati. Entrambi gli assi erano dotati di barra anti rollio.
L’impianto frenate era composto da 4 dischi abbinati a pinze a due pistoncini. I freni anteriori erano montati alle ruote, mentre quelli posteriori erano posti all’uscita del differenziale.
La trasmissione sfruttava un cambio Hewland FG400
A differenza delle vetture con propulsore Cosworth, che avevano due serbatoi della capacità complessiva di 205 lt, le vetture equipaggiate con il V-8 Alfa Romeo erano dotate di serbatoi della capacità totale di 237 lt.
Altra differenza tra le vetture motorizzate Cosworth e quelle con il motore Alfa Romeo, era il passo leggermente più lungo in queste ultime, e la mancanza della carenatura sopra il motore. In fine, le vetture Alfa Romeo dichiaravano un peso di 571 kg, contro i 545 kg dichiarati per le vetture dotate di propulsore Ford Cosworth.
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1970 McLaren Alfa Romeo M14D-1
Courtesy Archives of Estate of Rey Paolini
1970 Dutch Grand Prix McLaren-Alfa Romeo V-8 M14D-1
Il motore Autodelta V-8 fornito alla McLaren Cars e successivamente alla March venne progettato dell'Ing. Carlo Chiti a seguito del trasferimento/conferimento delle attività agonistiche Alfa Romeo dal Servizio Esperienze Speciali” dello stabilimento sotto l'ing. Busso alla neonata ‘Autodelta S.p.A.’ azienda nel 1965.
Rimangono alcune congetture sulla vera origine storica di questo motore... con alcuni storici e ricercatori che affermano che il V-8 incompiuto e non ordinato dell'Ing. Busso fu affidato senza tante cerimonie all'Ing. Chiti che a sua volta ricevette l'ordine di produrre un telaio di un prototipo vincente per il motore.
Durante lo sviluppo del progetto emersero diverse storie sulla paternità del progetto.
Dalla ricerca contenuta in due importanti libri sono nate due diverse versioni della nascita del progetto.
Nell'autobiografia dell'Ing. Busso: “Nel Cuore dell'Alfa”, parlando del T-33 L'Ing. Busso ha scritto:
"...all'inizio del 1966, il telaio del prototipo fu consegnato all'Autodelta insieme al nuovo motore 8 cilindri incompleto, progettato e costruito nella nostra officina dall'Alfa Romeo. Il nuovo motore iniziò a girare al banco prova il 25 febbraio 1965, venne installato in vettura, e collaudato il 28 maggio 1965 al Balocco".
D'altra parte, nel libro di Oscar Orefici: “Carlo Chiti, Sinfonia ruggente”, Chiti ricorda che all'inizio del 1965, durante un pranzo di lavoro, il dottor Luraghi gettò le basi del progetto T-33 e gli chiese ( a Chiti) di avere l'auto in tempi ragionevoli.
I sostenitori dell'Ing. Busso da una parte ei sostenitori dell'Ing. Chiti dall'altra, citando uno dei due libri, e rivendicano la paternità del progetto sia all'Ing. Busso o all'Ing. Chiti.
Per ulteriori informazioni su questa disputa storica, si prega di consultare la sezione "T-33 Chrono" di questo sito.
Il motore di Chiti era un motore a V di 90° con misure di alesaggio e corsa di 86 e 64,4 mm (2993 cc). Era dotato di basamento di alluminio e testate cilindri di alluminio con 4 valvole per cilindro e 2 alberi a camme per cilindro. L’albero motore ruotava su 5 cuscinetti di banco.
Robusto e compatto, il V-8 milanese aveva un design abbastanza simile a quello del Ford-Cosworth DFV (quattro camme/quattro valvole). Alimentato da un sistema di iniezione meccanica indiretta Spica, la versione fornita a Bruce McLaren erogava una potenza iniziale di 403 CV a 9.400 giri/min, che fu presto aumentata a 420-425 CV a 9.500 giri/min.
Nel 1971, passando alla fornitura del V-8 alla March per la 711, il V-8 milanese era in grado di erogare circa 440 CV a 10.000 giri, una potenza simile a quella erogata dai Cosworth V-8.
March Alfa Romeo Formula 1 1971-1972
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
1971 March Alfa Romeo 711-1 Autodelta 3000 cc V-8 con Andrea de Adamich
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March Alfa Romeo 711 1971
Nel 1971, la Alfa Romeo avviò un rapporto di collaborazione con giovane scuderia inglese March. Fondata nel 1969 da Max Mosley, Alan Reese, Graham Coacher e Robin Herd, la piccola scuderia britannica ebbe un grande successo, sia sportivo che commerciale, in F3, F2 e F1 e, per la stagione 1971, estese il suo campo di azione anche nella realizzazione di vetture sport destinate al campionato CanAm.
Per la categoria regina, la March approntò una nuova vettura, la 711, e affrontò il campionato con due vetture ufficiali, grazie all’appoggio economico della STP e dell’Alfa Romeo.
L’accordo tra la March e l’Alfa Romeo prevedeva che la Casa italiana supportasse la March con la fornitura e la revisione dei propulsori, oltre al versamento di un supporto economico di 20mila £.
Le vetture ufficiali presero parte alle competizioni sia con il propulsore V-8 Ford Cosworth che con il propulsore V-8 Alfa Romeo.
Parallelamente, la March consegnò una vettura alla scuderia Williams-Politoys per Henri Pescarolo.
Distinta da una linea tondeggiante, e da un alettone anteriore di forma ellittica, che gli valse il soprannome di ‘Tea Tray’ o ‘Coffee Table’, la vettura sfruttava una carrozzeria aerodinamica disegnata da Farnk Kostin, che riprese alcuni concetti aerodinamici da lui già utilizzati sulla Vanwall progettata nel 1957.
La 711 sfruttava un telaio del tipo monoscocca chiusa con motore in funzione portante. Le sospensioni anteriori erano composte da triangoli sovrapposti con ammortizzatori e molle interni alla carrozzeria.
Quelle posteriori erano composte da un unico braccio superiore, triangolo rovesciato inferiore rinforzato da un elemento trasversale, un unico puntone di reazione superiore e gruppi molle-ammortizzatore esterni. Entrambi gli assi erano dotati di barra antirollio.
Il primo esemplare della 711 era dotato di freni a disco anteriori montati all’interno della carrozzeria, una soluzione disegnata da Geoff Ferris e chiaramente ispirata alla Lotus 72, vettura su cui il progettista aveva precedentemente lavorato. Tuttavia, dopo alcune prove in pista, venne preferita la soluzione con i 4 dischi montati alle ruote.
La 711 era dotta di un serbatoio carburante della capacità totale di 227 lt, che era sdoppiato ai lati della scocca. Mentre il serbatoio olio era posto tra l’abitacolo e il propulsore.
I radiatori dell’acqua erano montati ai lati dell’abitacolo mentre quelli dell’olio erano posti sotto l’alettone posteriore.
Come accennato la vettura era predisposta all’utilizzo sia del propulsore Ford Cosworth che Alfa Romeo, ai quali era abbinato un cambio Hewland FG400 a 5 rapporti + RM
La 711 pesava 550 kg.
La presentazione ufficiale alla stampa avvenne al London’s Dorchester Hotel all’inizio del 1971, mentre e il debutto in pista avvenne nel corso delle prove del Grand Prix del Sud Africa.
La March realizzò 6 telai, di cui 3 furono dotati di propulsore Alfa Romeo in alcune gare sia del Campionato Mondiale F1 che in gare non di campionato: il telaio 711-1 (utilizzato da Andrea de Adamich, Nanni Galli e Ronnie Peterson, prese parte a 11 gare).
Da segnalare che, nel corso di una gara non di campionato, l’International Trophy che si disputava sul circuito di Silverstone l8 maggio 1971, Peterson uscì di pista alla Beckett's Corner causando gravi danni alla vettura.
Le altre due vetture che sfruttarono il V-8 italiano furono realizzate sul telaio 711-4, vettura che prese parte a 2 gare con Nanni Galli, e 711-6, che venne utilizzato come T car, nel ‘Jochen Rindt Gedächtnis-Rennen Formel 1 Hockenheim’ da Ronnie Peterson.
Per l’Afa Romeo l’esperienza fu avara di risultati, e le vetture spinte dal V-8 italiano conclusero la gara in solo 5 occasioni, a fronte di 14 presenze in gara.
La miglior prestazione della March Alfa Romeo fu ottenuta nel ‘Jochen Rindt Gedächtnis-Rennen Formel 1 Hockenheim’, gara non di campionato, dove Nanni Galli condusse la 711-1 al 5° posto assoluto.
Nel corso della stagione la vettura con propulsore Alfa Romeo fu provata anche da Peterson, che definì il motore italiano come un propulsore dotato di una eccellente progressione in accelerazione ma, considerando che la potenza erogata era di 425 CV a 9,400 giri, gli preferì il Ford Cosworth che erogava 430-435 Cv a 10,500 giri.
Nel corso della stagione il V-8 italiano, derivato strettamente dal propulsore utilizzato sul prototipo Alfa Romeo 33/3, ebbe problemi di pescaggio del lubrificante dal carter e, nonostante qualche miglioramento, il problema non fu mai superato.
A questo problema, si aggiunse anche una alimentazione non perfetta e una certa confusione all’interno della squadra dovuta dall’alternarsi di de Adamich e Galli. Problema che fu risolto dalla stessa March, che affidò un secondo telaio, dotato di propulsore Ford Cosworth, a Galli.
Al termine della stagione, l’Alfa Romeo decise di abbandonare temporaneamente l’ambiente della F1.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
1971 March Alfa Romeo 711-1
Photographer unknown
1972 March Alfa Romeo 711 V-8 3000 cc Autodelta motore
Brabham Alfa Romeo 1974-1979
Text by Roberto Motta with Robert Little
Copyright Robert Little 2021
Nel giugno del 1974 Bernie Ecclestone contattò l'Ing. Carlo Chiti per esplorare la possibilità di utilizzare il nuovo motore boxer 12 cilindri Autodelta.
Secondo i resoconti storici, l'Ing. Chiti aveva sognato che l'Alfa Romeo S.p.A. tornasse alla piena partecipazione alla Formula 1 sin dal ritiro dell'azienda dalla Formula 1 nel 1951 a causa in gran parte di difficoltà economiche. Oltre alle incessanti richieste su di lui di aumentare la potenza del suo V-8 per le sue auto della serie T-33, Chiti ha spinto se stesso e il suo piccolo team di ingegneri a progettare nel 1971 il suo 12 cilindri piatto per il giorno in cui l'azienda sarebbe tornata a Corse di Formula 1.
L'accordo con Brabham era solo una tappa tra i suoi piani nascosti per diventare un vero costruttore di vetture di Formula 1 fornendo i propri telai e motori...
Secondo l'Ing. Chiti:
"Era ancora una volta Andrea de Adamich ad aiutare lo svolgimento dell'operazione. Si era ritirato definitivamente dalle corse nel 1974, ma aveva continuato a intrattenere ottimi rapporti con Bernie Ecclestone, il patron per cui aveva corso nel 1973. Ecclestone era un uomo diverso da quello che conosciamo oggi..."
(Chiti parlava all'inizio dell'anno 1991, tre anni e mezzo prima della sua prematura scomparsa a seguito di un attacco di cuore nel giugno del 1994).
Ing. Chiti ha continuato...
“Stava muovendo i suoi primi passi in Formula 1, ma aveva subito mostrato le sue capacità acquisendo in Martini uno sponsor generoso e prestigioso. Aveva anche capito che il sostegno di una grande azienda avrebbe aiutato il ritorno ai vertici della squadra di cui era appena diventato proprietario. E non solo - - gli era diventato chiaro che la sua Brabham equipaggiata con il classico 8 cilindri Ford Cosworth, non poteva sperare di fare molto contro il boxer 12 cilindri della Ferrari".
Il motore con cui Ecclestone voleva fare quella netta distinzione era il nuovo 12 cilindri Autodelta. Aveva da poco debuttato alla Targa Florio nel 1973 e aveva vinto la sua prima gara di campionato a Monza l'anno successivo. Ecclestone aveva preso nota quando de Adamich ha proposto la collaborazione qualche tempo dopo.
"Ecclestone voleva che la sua squadra fosse diversa dalle altre e non ci è voluto molto per convincere de Adamich che l'accordo con l'Alfa gli avrebbe permesso di fare il necessario salto di qualità".
Il geniale designer Gordon Murray era riuscito a creare un'auto BT44B di prima classe utilizzando il propulsore Cosworth. Ma quando fu raggiunto l'accordo tra Chiti ed Ecclestone nel giugno del 1975, le parti trovarono che era necessario rivedere completamente il telaio BT44 per racchiudere il 12 cilindri piatto con tutte le incognite tra telaio, motore, trasmissione, le culture di squadra e le difficoltà linguistiche che sono entrate in gioco.
- Robert Little
Nel 1976, dopo oltre un ventennio dal suo ritiro dai Grand Prix, la Casa del Portello tornò alla F.1 fornendo alla Brabham i suoi 12 cilindri boxer. Era il prologo dell’avventura nella massima formula che incomincerà nel 1979 con il ritorno in gara di una monoposto tutta Alfa Romeo.
Alla fine del 1975, la Casa del Portello vinse il Campionato Mondiale Marche con la 33TT12 spinta dal propulsore boxer ‘Tipo 105-12’.
L’affidabilità e la potenza del propulsore consentirono alla 33 di vincere 7 delle 8 gare in programma, e attrasse a tal punto l’allora proprietario della Brabham, Bernie Ecclestone, che lo richiese per le sue vetture di Formula 1.
Uno degli artefici della collaborazione tra Alfa Romeo e Brabham fu il pilota Andrea de Adamich. de Adamich, che aveva abbandonato il mondo delle corse nel 1974, aveva mantenuto un buon rapporto con l’Alfa Romeo e con Bernie Ecclestone per il quale gareggiò nel 1973 con la BT42. La Brabham era una piccola scuderia che aveva ottenuto un buon successo nel campionato del 1974, conquistando il 2° posto nella classifica costruttori e consentì a Reutemann di ottenere il 3° posto nella classifica piloti.
Ecclestone era consapevole che le sue vetture spinte dal V-8 Ford Cosworth non erano in grado di competere con le Ferrari dotate del 12 cilindri boxer. Inoltre, era alla ricerca di qualcosa che consentisse alla sua squadra di distinguersi dalle altre scuderie britanniche.
de Adamich non faticò a convincerlo che l’accordo con l’Alfa Romeo avrebbe potuto consentire quel salto di qualità tanto ricercato.
Dopo brevi trattative, Ecclestone siglò un accordo con l’Alfa Romeo che si impegnò a fornirgli i propulsori e a seguirne lo sviluppo.
Nasce la BT45
Raggiunto l’accordo i tecnici inglesi capitanati da Gordon Murray modificarono un telaio Brabham BT44 per accogliere il propulsore milanese e affrontare i primi test di fattibilità.Il ottobre 13, 1975, sulla pista di Silverstone, debuttò in pista la prima Brabham Alfa Romeo.
I risultati non furono incoraggianti. I tecnici Brabham e Alfa Romeo avevano immaginato che la loro collaborazione non sarebbe stata semplice e puntualmente si presentò il primo problema: il ‘boxer’ Alfa Romeo richiedeva un telaio più specifico.Il ‘boxer’ consentiva di abbassare il centro di gravità della vettura ed erogava una maggiore potenza rispetto al V-8 Cosworth, ma era più pesante, aveva dimensioni maggiori e consumi più elevati.
Per risolvere i problemi telaistici, Murray disegnò quindi una nuova vettura che venne denominata BT45.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Questa 12 cilindri boxer 180 gradi 2993 cc 520 cavalli 12 cilindri è stata introdotta il 26 ottobre 1975 presso l'impianto di prova privato Alfa Romeo a Balocco. Telaio BT45-001
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Notare la variazione nei disegni delle prese d'aria mostrati tra i BT45 nella foto sopra.
Courtesy of Manuel Lara
La Brabham Alfa Romeo BT45 e Larry Perkins, mostrati qui, hanno gareggiato nel Gran Premio del Canada del 1976.
Copyright Eric Hautekeete
1977 Brabham Alfa Romeo BT45B con John Watson
Courtesy of Roberto F. Motta.
The Technique
La nuova vettura era la naturale evoluzione della BT44. Ne manteneva la forma del frontale con i radiatori dell’acqua posti davanti alle ruote anteriori, mentre il corpo vettura aveva forme più quadrate e massicce.
Diversa anche l’aerodinamica, con il posteriore completamente carenato e due vistose prese d’aria verticali, che avevano il compito di deviare l’aria dagli pneumatici posteriori, per incanalarla verso l’alettone posteriore, e simultaneamente convogliare aria fresca verso le trombette d’aspirazione.
Fortemente rinnovata nel telaio, la BT45 riproponeva sospensioni con uno schema già collaudato da Murray, con il gruppo molla ammortizzatore interno alla vettura compresso dal basso verso l’alto grazie a un bilanciere in alluminio messo in trazione da un tirante.
Le sospensioni posteriori erano composte da un gruppo molla ammortizzatore, da bracci trasversali e bielletta longitudinale.Entrambi gli assi erano dotati di barra stabilizzatrice.
L’impianto frenante sfruttava dischi autoventilanti morsi da pinze a 4 pistoncini. I dischi anteriori erano montati alle ruote, mentre quelli posteriori erano montati in-board ai lati della trasmissione.
Lo Shake Down
La BT45 ebbe il suo shake down a metà ottobre quando, condotta in pista da Reutemann, fece un solo giro ad andatura ridotta a causa di problemi di lubrificazione del propulsore.
La BT45 fu quindi costretta a ritornare nelle officine per adottare un nuovo serbatoio dell’olio, e per la sostituzione delle pompe di recupero del circuito lubrificante.
Il 26 ottobre, la BT45, distinta da una livrea di colore bianco e dal marchio dello sponsor Martini, venne presentata ufficialmente sul circuito del Balocco alla presenza di Moro, Chiti, Ecclestone, Cortesi, Vittorio Rossi e dei piloti Pace e Reutemann.
Nel corso dell’incontro con la stampa, la Casa milanese comunicò i propri programmi sportivi che prevedevano l’abbandono del Campionato Mondiale Marche del 1976, e il totale coinvolgimento dell’Autodelta nella preparazione dei propulsori ‘boxer’ per la Brabham.
Nel corso della giornata la vettura percorse alcuni giri di pista poi, nei giorni successivi, fu sottoposta a un intenso programma di sviluppo durante il quale si evidenziarono problemi di sottodimensionamento del telaio e l’anomalo funzionamento del propulsore.
Ricordiamo che il boxer milanese derivava dall’unità montata sulla 33 e che il suo utilizzo sulle sport consentiva l’impiego di un serbatoio olio della capacità di circa 30 litri, mentre sulla BT45 il serbatoio olio aveva una capacità di soli 8 litri. Inoltre le caratteristiche richieste a un propulsore utilizzato in gare di durata, dove era sottoposto a sollecitazioni prolungate nel tempo, erano mirate alla durata e alla solidità della struttura, più che al contenimento assoluto del peso.
I tecnici Autodelta furono così obbligati a sviluppare il propulsore per migliorarne la lubrificazione e diminuirne il peso.
Courtesy of Roberto F. Motta.
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Alfa Romeo ‘Tipo 105-12’
Punto di forza della BT45 era Il propulsore ‘Tipo 105-12’, uno dei motori tecnicamente più avanzati del suo tempo. Aveva il basamento in alluminio con camicie cromate, alesaggio e corsa rispettivamente di 77 e 53,6 mm, e cilindrata effettiva di 2.995 cc.
L’albero motore era montato su quattro supporti di banco, le bielle erano in titanio e la lubrificazione era garantita da una pompa di mandata e quattro pompe di recupero.
La testa era in alluminio, con quattro valvole per cilindro, inclinate di 35°, doppie molle e bicchierini per il comando a doppi assi delle camme, mossi da un treno di ingranaggi.
Quando debuttò in F1 aveva un peso di 181 kg ed erogava una potenza di 517 cv a 12.000 giri con una coppia di 33 kgm a 9.000 giri. Nel corso degli anni venne costantemente aggiornato, e utilizzava due tipi di iniezione indiretta, Lucas o Spica.
Nel 1977, il suo peso scese a 175 kg, e la potenza erogata salì attorno ai 525 CV, e raggiunse i 535-540 Cv nella sua massima evoluzione del 1978.
Courtesy of Robert Little
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La BT45 in gara
Il Team Martini Racing Brabham Alfa Romeo debuttò in gara il gennaio 23, 1976 nel Grand Prix d’Argentina sulla pista di Buenos Aires, dove la BT45 apparve con la nuova livrea di colore rosso Alfa Romeo.
Il debutto in pista non fu dei più confortanti: nelle prove ottenne il 10° e 15° tempo con Pace e Reutemann, e concluse la gara al 10° posto con Pace, e al 12° con Reuteman.
Gara dopo gara, le Brabham Alfa Romeo continuarono a condurre gare prive di risultati, fino al mese di luglio, quando la BT45 di Pace conquistò il 4° posto nel Grand Prix di Francia, risultato che venne confermato nel Grand Prix di Germania sul tracciato del Nürburgring.
La gara del Nürburgring fu funestata dal grave incidente occorso a Niki Lauda, che rimase gravemente ferito nel rogo della sua Ferrari.
Al termine di questa competizione, ancora una volta Reuteman non risparmiò critiche alla vettura e al propulsore poi, dopo essere stato contattato dalla Ferrari che non credeva in un recupero di Lauda, decise di pagare una pesante penale economica per rescindere il contratto che lo legava al team anglo-italiano.
Reutemann disputò la sua ultima gara con la BT45 al Grand Prix di Olanda.
Il 12 settembre, Lauda stupì gli appassionati tornando al volante della 312 T2, nelle prove del Grand Prix d’Italia a Monza. Nella stessa gara Reutemann debuttò con la terza vettura schierata dalla Ferrari, mentre la BT45 lasciata libera dal pilota argentino, venne affidata a Rolf Stommelen e a Larry Perkins, rispettivamente nel Grand Prix d’Italia, e nei successivi Grand Prix del Canada, USA-East e Giappone.
Il Team Brabham Alfa Romeo terminò il campionato conquistando la 9a posizione della Coppa Costruttori, risultato insoddisfacente che mise in risalto il continuo scontro tra i tecnici inglesi e quelli italiani che si accusano vicendevolmente dell’insuccesso.
Uno degli elementi destabilizzanti del team fu Reuteman il quale, oltre a elargire critiche ai tecnici, non partecipò attivamente allo sviluppo della vettura, lasciando a Carlos Pace l’onere di sobbarcarsi la maggior parte dei test.
Dal canto suo, Pace si dimostrò un pilota maturo e motivato. Lo stesso Chiti, nel libro ‘Sinfonia ruggente’ di Oscar Orefici, racconta di aver raggiunto un ottimo rapporto con il pilota proprio perché, lavorando a stretto contatto nelle prove di sviluppo della vettura, avevano imparato a conoscersi e rispettarsi.
L’armonia tra i due apparve evidente anche nello sviluppo del propulsore, tanto che decisero insieme di non utilizzare una sigla identificativa delle modifiche apportate, ma di identificare con un nome ogni evoluzione del propulsore. Nacque quindi il motore ‘tigre’, ‘super tigre’ e ‘leone’ ai quali si aggiunse, scherzosamente, il ‘Bernie’ ossia il propulsore meno prestante.
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1977 Canadian Grand Prix Brabham-Alfa Romeo BT45 con Carlos Reuterman
Discussione e Commento
“E' stato difficile..." disse l'Ing. Chiti, "... e io e Ecclestone lo sapevamo molto bene. Ma l'importante era non scoraggiarsi troppo per i primi scarsi risultati. Gli uomini della Brabham hanno dovuto imparare a soffrire, a dimenticare ciò che avevano fatto nelle stagioni precedenti, così come noi dell'Alfaabbiamo dovuto imparare a lavorare in perfetta sintonia con la squadra inglese”.
Secondo un resoconto scritto dal noto storico Doug Nye nel suo libro "The Grand Prix Car 1966-1985", la collaborazione tra Brabham e Autodelta fu piena di difficoltà.
"Inizialmente, la comunicazione con l'Autodelta era scarsa; accadeva che senza preavviso, elementi vitali come i supporti del motore potessero variare anche di mezzo pollice da un motore all'altro causando incubi nell'assemblaggio e nella preparazione della vettura".
La prima stagione fu difficile non solo per il team ma soprattutto per Carlos Pace e Carlos Reutemann...alla loro prima stagione con la nuova vettura BT45...due piloti di estrazione sudamericana con atteggiamenti facilmente depressi di fronte alle avversità.Il 23 gennaio 1976, nelle qualifiche della loro prima gara, il Gran Premio del Brasile, le due vetture riuscirono solo a piazzarsi decima e quindicesima posizione della griglia di partenza.
Per tutta la stagione la mediocrità afflisse la squadra. La tensione si sviluppò al punto che Reuteman lasciò la squadra alla dodicesima gara della stagione e fu immediatamente sostituito dall'irlandese John Watson.
Il pubblico iniziò a mettere in dubbio la saggezza del match-up tra le due organizzazioni...problemi di affidabilità con motore e powertrain contribuirono a affliggere la squadra con Carlos Pace relegato al 14° posto nella classifica del campionato conclusivo della stagione.
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1977 Brabham BT45B Alfa Romeo con Hans-Joachim Stuck, Jr.
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1977 Brabham BT45B Alfa Romeo con il designer Gordon Murray (a sinistra) e il pilota John Watson
La BT45B
Nell’inverno 1976 - 1977, Murray e Ing. Chiti lavorarono per migliorare la vettura. I progettisti prevedevano il debutto in gara della BT45B nel Grand Prix del Sud Africa.
La vettura aveva nuove sospensioni posteriori, attacchi motore e un nuovo cambio, mentre ulteriori modifiche vennero apportate alle prese d’aria per consentire al 12 cilindri boxer di respirare a pieni polmoni ed erogare una potenza di circa 530 cv.
Come ogni anno, il campionato prese il via con Grand Prix di Argentina. La BT45 si comportò egregiamente e consentì a Watson e Pace di registrare il 2° e il 6° miglior tempo.
Il giorno della gara, le due BT45 si alternarono al comando, fino a quando la vettura di Watson fu costretta al ritiro per la rottura di un semiasse, mentre quella di Pace, conquistò un sudato 2° posto a causa di una crisi fisica del pilota.
In Brasile le BT45 partirono velocissime, ma già al 7° giro la vettura di Pace fu tradita dall’irruenza del suo pilota e finì la corsa fuori strada. Stessa sorte ebbe la vettura di Watson che abbandonò la gara al 30° giro.
In Sud Africa, finalmente, debuttò la BT45B che ottenne il 2° tempo in prova con Carlos Pace. In gara la vettura di Watson fu la più veloce sul giro e conquistò i primi punti con il 6° posto.
Alcuni giorni dopo, Carlos Pace rimase vittima di un incidente aereo che gli costò la vita. Il team anglo-italiano fu costretto a ingaggiare un sostituto per affrontare il resto del campionato; la scelta cadde su Hans Stuck, Jr, figlio del leggendario pilota degli anni Trenta.
A Long Beach la vettura di Watson innescò un incidente alla prima staccata e fu squalificato, mentre la vettura di Stuck abbandonò la gara al 53° giro per la rottura dei freni.
Nel successivo Grand Prix di Montecarlo, la BT45B di Watson ottenne il miglior tempo, ma al momento del via le sue ruote pattinarono sulle strisce pedonali facendosi così superare dalla Wolf di Scheckter. Dopo aver percorso più di metà gara in 2a posizione si ritirò con problemi al cambio.
Nel corso della stagione estiva, Lauda si avviò a conquistare il suo secondo Mondiale con la Ferrari; contemporaneamente si avvicinava la scadenza del suo contratto. Dopo gravi incomprensioni con Ferrari, Lauda decise di accettare le proposte di Bernie Ecclestone, e a Zandvort siglò il contratto con il Team anglo-italiano per la stagione 1978.
Prima della fine del campionato, dopo aver vinto matematicamente il campionato Mondiale Piloti, la Ferrari lasciò libero il pilota austriaco e lo sostituì con il giovane Gilles Villeneuve.
Per tutta la stagione la BT45B, che affrontò la sua ultima gara nel Grand Prix del Giappone, continuò a ottenere ottimi tempi in prova, in particolare con Watson, ma non riuscì a conquistare la tanto agognata vittoria in gara.
Tra i risultati ottenuti il 2°posto di Watson in Francia e i due podi in Germania e Austria di Stuck.
La nuova stagione 1978 iniziò a Buenos Aires con il nuovo arrivato John Watson che divideva la prima fila in qualifica con James Hunt.
Il BT45B era stata rivista e iniziò la stagione con una nuova, più spigolosa ed efficiente configurazione aerodinamica della carrozzeria e della respirazione del motore, componenti delle sospensioni di nuova concezione e un peso del motore più contenuto.
Indipendentemente dai miglioramenti notati, la squadra non riuscì a vincere nessuna gara nei suoi primi tre anni di attività e la squadra subì la sua più grande perdita con la morte di Carlos Pace (18 marzo 1977) in un incidente aereo leggero, prima della quarta gara.
Courtesy of Robert Murphy
1978 Brabham Alfa Romeo BT46 con Niki Lauda Alfa Romeo V-12 "1260" motore
Arriva Lauda
Nell’ottobre 1977, la BT45B consentì a Lauda di affrontare il suo primo test con la Brabham sul circuito di Vallelunga.
Era l’inizio di una nuova era.
Il test fu pieno di significati: grazie all’apporto economico della Parmalat, il team Brabham Alfa Romeo puntava tutto sul campione austriaco che, dal canto suo, voleva dimostrare di saper vincere anche senza la Ferrari.
Dopo l’arrivo di Lauda, la Casa di Arese era sempre più vicina a prendere la decisione di affrontare il campionato con una vettura completamente progettata e costruita dalla Autodelta di cui ne affidò il progetto all’ing. Chiti.
Prese quindi il via il progetto della Alfa Romeo ‘Tipo 177’.
Il gennaio 15,1978 la Brabham BT45C, arricchita dal numero 1 portato da Lauda, debuttò nel Grand Prix d’Argentina. Partita dalla 5a posizione della griglia di partenza, concluse la gara al 2° posto, dietro alla Lotus di Andretti, mentre la vettura di Watson fu costretta al ritiro per rottura del propulsore.
La BT45C disputò la sua ultima gara al Grand Prix del Brasile dove conquistò il 3° gradino del podio con Lauda e l’8° posto con Watson.
La Brabham del dopo BT45
Nelle gare successive, la stagione visse il confronto tra la Ferrari e la Lotus che si dimostrò sempre più competitiva grazie alla prima vettura a effetto suolo della storia della F1. Il comportamento della BT46, che debuttò nel Grand Prix del Sud Africa, fu altalenante.
Gli unici risultati degni di nota furono il 2° posto conquistato con Lauda nel Grand Prix di Montecarlo, la vittoria a Monza ottenuta grazie alla penalizzazione di un minuto della Ferrari di Villeneuve e della Lotus di Andretti per partenza anticipata.
La mancanza di risultati causò un inasprimento dei rapporti all’interno della squadra Brabham Alfa Romeo, che diventarono impossibili quando Lauda si dichiarò contrario alla costruzione di una nuova vettura Alfa Romeo.
Nell’inverno 1978, mentre la Brabham era impegnata nelle prove della BT48 con il nuovo propulsore V-12 ‘Tipo 1260’ realizzato per consentire lo sfruttamento dell’effetto suolo, l’Autodelta iniziò i suoi studi per la realizzazione della ‘179’, e continuò ad accumulare esperienza con la ‘177’.
Il dado ormai era tratto: nel 1979 l’Alfa Romeo portò al debutto la tanto attesa ‘Alfa Romeo F1’.
Dopo un anno di prove, prima segrete sul circuito di Brands Hatch e poi palesi sul circuito privato del Balocco e altri circuiti europei, l’Alfa Romeo si preparò al grande salto, e il 13 maggio 13, 1979, in occasione della 6a gara di campionato che si disputava sul circuito belga di Zolder, debuttò in gara la ‘Tipo 177’ condotta da Bruno Giacomelli.
Quattro mesi dopo, nel Grand Prix d’Italia, debuttò la ‘Tipo 179’. Fu la fine del sodalizio con la Casa inglese. Nel successivo Grand Prix di Montreal cessò ufficialmente la collaborazione tra Brabham e Alfa Romeo.
Fin dal giorno delle prove, le vetture inglesi mantennero la rossa livrea Alfa Romeo, ma sotto il cofano montavano il più tradizionale motore Ford Cosworth in sostituzione del V-12 Alfa Romeo 1260. L’era Brabham Alfa Romeo era così definitivamente tramontata.
Alfa Romeo “Tipo 1260”
Il propulsore Alfa Romeo ‘tipo 1260’ ossia 12 cilindri a V di 60°, caratterizzato da misure di alesaggio e corsa di 77,0 e 53,60 mm (2995 cc), sfruttava tutte le esperienze del precedente boxer di cui manteneva alcuni particolari come l'albero a gomiti, le bielle, i pistoni e le testate.
Progettato dallo staff dell'Autodelta diretto dall'ingegner Chiti e realizzato in soli quattro mesi e mezzo, questo propulsore, grazie alla sua stretta architettura a V di 60°, venne realizzato in funzione del suo utilizzo su una vettura ‘Wing Car’.
Dall'aspetto granitico, la sua struttura era caratterizzata dalle bancate dei cilindri strette e alte, che gli conferivano un senso di solidità e grande potenza.
Ogni gruppo di 3 cilindri era posto uno accanto all'altro con un identico intervallo d'accensione. I collettori di scarico separati si univano con un sistema del tipo 3 in uno per poi sfociare in un unico scarico.
Il 12 cilindri Alfa si distinse anche per il suo tremendo rumore, tipico delle costruzioni molto frazionate.
Il propulsore V 60 degree consentì di realizzare ali interne più larghe di 40 cm che in curva, grazie al venturi laterali, davano una depressione valutabile in diverse centinaia di kg gravanti sulle ruote.
Al momento del suo debutto in pista, avvenuto sulla BT48 di Lauda nel dicembre ‘78, aveva una potenza di 525 cv a 12.200 giri. Nell’ ‘81 il tipo 1260 cambiò misure di alesaggio e corsa che assunsero i valori di 78,5 e 51,5 mm (2.991 cc).
Nel corso degli anni conservò sempre un elevato standard di affidabilità e potenza arrivando a erogare, nelle sue ultime versioni, 540 cavalli a 12,300 giri e una coppia superiore al 35 kgm a 9.000-9.500 giri al minuto.
Courtesy Tom Wood@2011 Curtesy of RM Auctions
Courtesy Tom Wood@2011 Courtesy of RM Auctions
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1978 Brabham Alfa Romeo BT46 con John Watson
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1978 Brabham Alfa Romeo BT46
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1978 Brabham Alfa Romeo BT46 1978 Long Beach Brand Prix
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1978 Brabham Alfa Romeo BT46 V-12
II proprietario del team Lotus Colin Chapman e Peter Wright presentarono la loro prima "Wing Car", la Lotus 78. La vettura ebbe problemi di affidabilità all'inizio, ma quando i problemi furono risolti, durante la stagione 1977e nel 1978, la Lotus vinse 4 delle prime 7 gare.
Gordon Murray capì la soluzione geniale che Chapman aveva trovato per creare un enorme carico aerodinamico sotto la carrozzeria.
Ma a causa delle dimensioni del 12 cilindi boxer Alfa Romeo, non era possibile realizzare degli adeguati "tunnel Venturi" per creare un sufficiente effetto suolo sul retro della Brabham BT46
Murray,con l’apporto dell'ingegnere David Cox, presero ispirazione dalla Chaparral 2J del texano Jimm Hall. Soprannominata "Sucker Car" questa vettura aveva partecipato alle competizioni sportiva Can-Am agli inizi degli anni 1970.
La Chaparral 2J aveva due ventole sul retro dell'auto, azionate da un piccolo motore a due tempi, che aspirando l'aria da sotto l'auto riusciva a creare una depressione sotto la vettura, ottenendo così una maggiore deportanza.
Murray volle provare un concetto simile sulla BT46.
Così David Cox iniziò a lavorare sul concetto di "Fan-Car". Cox ebbe l’idea di utilizzare una ventola azionata dall’albero motore, che garantiva non solo l'effetto suolo, ma anche un maggiore raffreddamento del motore.
Venne quindi posizionato un grande radiatore sopra il motore e Brabham e dichiarò che lo scopo della ventola era principalmente quello di risolvere i loro problemi di raffreddamento del propulsore. In questo modo l'auto era conforme alle normative vigenti.
Brabham modificò e preparò due vetture (Chassis BT46/4 e BT46/6) per il Gran Premio di Svezia ad Anderstorp.
Alla fine Lauda vinse la gara staccando di oltre 34 secondi Riccardo Patrese e Ronnie Peterson.
Naturalmente ci furono diverse proteste sulla legalità della vettura, ma la FIA, almeno inizialmente, permise alla Brabham di mantenere la configurazione usata in Svezia fino alla fine di quella stagione.
A questo punto, gli altri team FOCA, guidati dal boss della Lotus Chapman, minacciarono di non partecipare alle competizioni FIA, se Ecclestone avesse continuato a far competere la BT46B nel campionato.
Bernie fu costretto a ritirare la 'Fan-Car' dal resto del campionato.
Dopo questa decisione la FIA dichiarò che le "Fan-Cars" non sarebbero più state ammesse nelle gare di F1.
Photographer unknown
1978 Brabham Alfa Romeo BT46B
Courtesy Archives of Estate of Rey Paolini
Grazie alla British Broadcasting Corporation, presentiamo un video insolito con lo sfondo e la creazione della famosa 'Fan-car' Brabham BT46B.
Questa breve presentazione video presenta le osservazioni fatte dal capo progettista Gordon Murray, dal team principal Bernie Ecclestone e da altri dirigenti della Brabham e della Formula One Constructors Association... tra cui alcune osservazioni di Mario Andretti che corse con le prime vetture a effetti suolo progettate da Colin Chapman di Lotus Cars.
Ecco il link fornito appositamente per il nostro utilizzo dalla BBC:
A causa della scarsa disponibilità pubblica di fotografie del telaio privo delle coperture che oscurano la meccanica. Con questa sua opera, il maestro modellista californiano Calvin Sallee, ci aiuta a capire quale fosse il vero aspetto dell'auto.
Sallee ha utilizzato un Kit BT46B, realizzato in Giappone, e lo ha modificato costruendo centinaia di componenti unici, li ha poi dipinti singolarmente e assemblati con cura.
Questa presentazione del modello è un'eccezione nella politica storica del sito Autodelta Golden Years.com, ma tuttavia è l'unico modo che consente di vedere come fosse realizzata la vettura sotto la carrozzeria.
Courtesy of Calvin Sallee
Courtesy of Calvin Sallee
Courtesy of Calvin Sailee
La vincitrice del Gran Premio di Svezia 1978...la Brabham Alfa Romeo BT46B.
Il progetto rivoluzionario di Gordon Murray venne messo in discussione per diversi motivi e fu rapidamente e definitivamente escluso da ulteriori competizioni di Formula 1.
L'anno dopo Carlo Chiti, ripensando ai suoi giorni Brabham Alfa Romeo, raccontò al suo biografo e amico Oscar Orefici:
"Questo è stato l'inizio dei nostri guai, ed è stata colpa di Lauda. Eclestone aveva ordinato ai nostri piloti di non provare a vincere, perché temeva che se la nuova vettura avesse trionfato alla sua prima apparizione, avrebbe potuto creare problemi nel mondo del politica sportiva. Ma Niki ha fatto orecchie da mercante... era alla ricerca di fama e gloria".
Bernie Ecclestone arrivò al punto di richiedere che le vetture affrontassero tutte le sessioni di qualifica con il pieno di carburante.
Alla fine della stagione, la mancanza di risultati causò un aumento degli attriti all'interno del team Brabham-Alfa Romeo, la situazione divenne quasi insostenibile quando Lauda dichiarò la sua opposizione alla costruzione di una nuova vettura Alfa Romeo.
Era un freddo e piovoso venerdì pomeriggio del maggio del 1978 in Costa Azzurra... a pochi metri dall'officina dove il team Brabham si stava preparando alacremente per il weekend di prove di Formula 1 a Montecarlo...
Qui è dove l'Ing. Chiti scelse di confermare con attenzione e un po' vagamente ciò di cui la stampa automobilistica aveva bisbigliato per mesi... che l'Autodelta avrebbe testato per la prima volta una nuova vettura "Alfa-Alfa" a Balocco entro pochi mesi.
Chiti sapeva che la sue parola sarebbero state doverosamente pubblicate il giorno dopo sul quotidiano Italiano la Gazetta dello Sport, e letta da Ecclestone. Così avvenne ed è Inutile dire quanto Ecclestone fu furioso...
Chiti non negò la storia... cercando di trarre vantaggio da alcune difficoltà linguistiche, ma comunque tentò di divincolarsi dalla rabbia vorticosa di Bernie Ecclestone.
Ripercorrendo la sua lunga e brillante carriera, l'Ing. Chiti ha spiegato:
"Lamia intenzione era quella di creare per noi un team di Formula 1, e allo stesso tempo continuare a fornire motori alla Brabham. Questa politica venne effettivamente attuata dalla Renault negli anni successivi, ma Massacesi, il nostro presidente, non voleva; era convinto che fosse dannoso per il nome dell'Alfa Romeo continuare ad essere associato a una personalità controversa e difficile come quella di Bernie Ecclestone".
Restava il fatto che negli ultimi tre anni la collaborazione Brabham Alfa Romeo non era riuscita a ottenere molto più di un paio di pole position e qualche risultato vicino al podio. L'auto non ha mai vinto un Gran Premio fino alla metà della terza stagione e ha dovuto accontentarsi di un paio di quarti posti e di un secondo posto nel 1977, per mancanza di carburante, con l'irlandese John Watson.
Il volume crescente di controversie e litigi tra le due aziende continuò a infuriare tra Ecclestone e Chiti per la loro incapacità di ottenere un successo nonostante le loro due forti organizzazioni.
Per il modo di pensare di Ecclestone, il motore a 12 cilindri dell'Alfa Romeo e la trasmissione erano totalmente responsabili della stragrande maggioranza dei risultati scadenti.
In quasi totale segretezza, e in vero stile machiavellico a lungo sognato dall'Ingenere un decennio prima...dietro le mura dell'Autodelta di Settimo Milanese una vettura sperimentale di Formula 1 chiamata Alfa "T" (per Alfa Romeo Totale) era stata progettata e si stava costruendo. ..con il pieno supporto e appoggio di Alfa Romeo S.p.A. ..all'insaputa del suo team partner Brabham.
Il vero design della nuova vettura di Formula 1 era stato avviato nel 1976.
"La rottura è stata tutta colpa di Massacesi" L'Ing. aveva detto Chiti.
Un incontro decisivo si è svolto ad agosto, all'aeroporto di Malpensa a Milano. "Avevamo preso appuntamento lì con Ecclestone per discutere del futuro. Mentre aspettavamo che arrivasse, il presidente mi disse: L'Alfa non può rovinarsi l’immagine facendo società con un tipo come Ecclestone'.
Quando si svolse il Gran Premio del Canada, il team Brabham tornò al familiare motore Cosworth V-8 mentre l'Autodelta procedeva per la sua strada con una vettura "Alfa-Alfa" tutta italiana.
Nel 1978 Ecclestone è stato in grado di assicurarsi il massiccio sostegno finanziario dello sponsor Parmalat, e con esso la capacità di assumere il campione del mondo Niki Lauda nonostante l’enorme stipendio annuale che l’austriaco percepiva dalla Ferrari.
Secondo Giancarlo Cervini come scrisse nel numero 27 di maggio/giugno 1978 di Auto Italiana:
"L'Alfa T. ha fatto i suoi primi giri a Balocco, guidata da Brambilla. La vettura, interamente progettata e ideata da Carlo Chiti in Autodelta, senza che nessuno nell'Officina Sperimentale Alfa ci abbia potuto mettere le mani sopra, è una monoposto che sembra anche troppo tradizionale."
Brabham Alfa Romeo BT48
Testo di Roberto Motta
Dopo l’esclusione dal campionato della BT46B ‘fan car’, gli studi intrapresi da Murray abbandonò studi sulla realizzazione della BT47, e la nuova vettura fu estromessa dalle competizioni dai regolamenti FIA prima ancora di nascere. Questo accadde perché la vettura era stata progettata per sfruttare un retrotreno dallo schema ispirato da quello della Chaparral 2J con due ventole a geometria variabile per massimizzare l'effetto suolo.
Per risolvere la situazione, Murray e Chiti si incontrarono e discussero sul come poter realizzare una nuova vettura a 'effetto suolo’.
Fu subito chiaro che Murray avrebbe dovuto realizzare un telaio adatto al montaggio di un propulsore a V, sulla falsa riga della Lotus, e che Chiti, e l’Autodelta, avrebbero dovuto costruire un nuovo propulsore adatto a una vettura ‘Wing Car’.
Il propulsore fu realizzato in soli quattro mesi e mezzo, e fu denominato ‘Tipo 1260’, ossia 12 cilindri a V di 60°. L’architettura del V-12 consentì di realizzare ali interne alla carrozzeria della larghezza di 40 cm che in curva, grazie ai venturi laterali, davano una depressione valutabile in diverse centinaia di kg gravanti sulle ruote.
Nel dicembre 1978, quando debuttò sulla BT48 con Lauda, il propulsore erogava un potenza di 525 cv a 12.200 giri.
Dal Canto suo, Murray progettò una vettura che al momento della sua presentazione ottenne l’approvazione di tutti i presenti, che la definirono ‘bella’.
La vettura appariva come un siluro, completamente carenata e con una linea pulita. Aveva l’abitacolo molto avanzato, fiancate larghe ed era priva dell’alettone posteriore.
Il telaio della BT48 era costituito da una monoscocca integrale realizzata in alluminio e fibra di carbonio. Le sospensioni sfruttavano un sistema pull-rod sui due assi: quelle anteriori sfruttavano triangoli sovrapposti e gruppi ammortizzatori-molle entrobordo. Quelle posteriori erano composte da due bracci inferiori, doppia leva superiori e groppi ammortizzatori-molle entrobordo.
L’impianto frenante sfruttava 4 dischi montati alle ruote abbinati a pinze Girling. I dischi e le pastiglie erano in fibra di carbonio e forniti dalla Dunlop. La vettura era dotata di un serbatoio di sicurezza da 200 lt.
Il corpo della vettura era realizzato in fibra di vetro e carbonio rinforzate con elementi stampati in plastica.
La BT48 aveva un passo di 2743,2 mm, carreggiata anteriore di 1731,8 mm e posteriore di 1625,6 mm, e dichiarava un peso di 590 kg.
La Brabham-Alfa Romeo BT48, dotata del nuovo propulsore Alfa Romeo V-12, fece i suoi primi giri di pista il 23 dicembre a Brands Hatch. Inviata in Francia, sul circuito di Le Castellet, affrontò i test invernali assieme a quasi tutte le altre squadre di F1.
Poi, il 5 gennaio fu spedita a Buenos Aires per essere sottoposta a dei test di sviluppo sia sul circuito argentino che su quello di Rio.
La BT 48 nel campionato F1 del 1979
Il debutto in gara della BT48 avvenne il 4 febbraio 1979, sul tracciato dell’Autódromo José Carlos Pace, a Buenos Aires, in occasione del Gran Premio d'Argentina.
In quella circostanza la BT48 fu affidata a Niki Lauda, mentre il compagno di squadra Nelson Piquet prese parte alla gara con la vecchia BT46.
La vettura apparve con una linea aerodinamica diversa da quelle della presentazione, e sfruttava un alettone posteriore e grandi spoiler sull’anteriore. Nel corso della stagione, la BT48 ebbe una diversa scelta aerodinamica, che variò in funzione dei vari circuiti, con l’eliminazione degli spoiler anteriori.
Per la scuderia anglo-italiana non fu un bel fine settima: la BT48 fu afflitta da problemi e ottenne un poco lusinghiero 20° posto nella griglia di partenza, mentre la vecchia BT46 ottenne il 23° posto.
Se le prove di qualificazione furono negative, la gara fu un vero disastro: la BT46 di Piquet fu coinvolta in un enorme tamponamento al 1° giro di gara, in cui furono eliminate sette vetture. La BT48 di Lauda, anch’essa coinvolta nell’incidente, riuscì a riprendere il via, ma si arrese dopo soli 8 giri di gara, per problemi all’alimentazione.
Nel Grand Prix successivo, in Brasile, la BT48 di Lauda partì dal 12° posto della griglia di partenza e fu costretta al ritiro per la rottura del cambio. La vettura di Piquet, partita con il 22° tempo, fu costretta al ritiro per una collisione con la vettura di Regazzoni.
Il campionato proseguì senza grandi soddisfazioni, nonostante la vittoria di Lauda al Grand Prix Dino Ferrari, a Imola, del 16 settembre.
Nel corso della stagione nacquero delle incomprensioni sempre più forti tra i tecnici Brabham e quelli Alfa Romeo, che si acutizzarono quando Lauda espresse pubblicamente la sua contrarietà sul fatto che l’Alfa Romeo tornasse in gara con una propria F1.
Alla fine, pur se Ecclestone era interessato a proseguire la collaborazione, Massacesi non volle continuare a supportare il team inglese, anche perché non apprezzava le mosse politiche-sportive che Ecclestone stava mettendo in atto.
Al Gran Premio del Canada, dopo una seconda stagione costellata da ritiri e pochi risultati, Lauda informò la Brabham che intendeva ritirarsi immediatamente dalle competizioni, perché non aveva più voglia di ‘guidare in tondo’.
Va ricordato che Lauda aveva da poco fondato la ‘Lauda Air’, compagnia aerea charter, quindi la voglia di dedicarsi completamente a dirigere la sua società influì sulla sua valutazione di abbandonare il mondo delle corse.
Lauda tornò in Austria per dirigere la sua compagnia, e la BT48 fu sostituita dalla Brabham BT49 con motore Ford Cosworth DFV per le ultime due gare del 1979.
Da segnalare che, mentre la seconda vettura del team fu affidata al pilota argentino Ricardo Zunino, la Brabham-Ford mantenne la livrea rossa che caratterizzava le Brabham Alfa Romeo per il Grand Prix del Canada, livrea che divenne bianca e blu in occasione dell’ultimo Grand Prix della stagione, il ‘United States Grand Prix’ del 7 ottobre.
Conclusione
Sebbene ragionevolmente veloce e competitiva, la BT48 si dimostrò un'auto inaffidabile e il motore Alfa Romeo fu vittima di piccoli problemi di gioventù che compromisero l’affidabilità generale della vettura. Alla fine della stagione la BT48 ebbe al suo attivo una sola vittoria; il Gran Premio Dino Ferrari, gara fuori campionato. La BT48 consentì a Lauda di concludere solo 2 gare prima di annunciare il suo ritiro a Montreal, e a Piquet di terminare 4 gare.
Il sodalizio tra la squadra inglese e quella italiana si interruppe a Montreal, anche se di fatto si era già interrotto al Grand Prix di Italia, a Monza, con il debutto in gara della Alfa Romeo 179 con Bruno Giacomelli.
Poco nota ai non alfisti, l’Alfa Romeo 177 è stata una delle automobili piùimportanti nella storia dell’Alfa Romeo nelle competizioni. Dopo una lunga gestazione, partecipò a solo quattro gare senza riportare risultati significati, ma permise il ritorno del ‘Biscione’ nel mondo della F1 con un vero progetto tutto-Italiano che comprendeva l'automobile, il telaio, motore e naturalmente, il pilota.
Nel 1951, dopo aver vinto il Campionato del mondo con Nino Farina nel ‘50 e con Juan Manuel Fangio nel ’51, alla guida della celebre ‘Alfetta’, l’Alfa Romeo si ritirò dal mondo dei Grand Prix.
Poi, nel corso degli anni e con il crescere delle vittorie nelle categorie riservate alle vetture GT e nella categoria Sport Prototipi, per la dirigenza della Casa milanese, la tentazione di ritornare alla Formula 1 con una monoposto tutta italiana, si fece sempre più insistente, tanto che nei primi anni ‘70 l’Alfa Romeo rientrò nel mondo dei Grand Prix fornendo i suoi motori V8 alla McLaren e March.
Pochi anni dopo, nel ’76, dopo la vittoria del Campionato Mondiale Marche con la 33TT12, la Casa milanese iniziò una collaborazione con la scuderia inglese Brabham alla quale fornì il propulsore ‘boxer’.
Purtroppo i risultati tardano ad arrivare e i rapporti tra i tecnici Italiani e i colleghi inglesi si deteriorano, tanto che nel ’77, Ettore Massacesi, allora Direttore Generale, richiese all’Autodelta la progettazione e lo sviluppo di una nuova vettura di F1 con cui ritornare nel mondo dei Grand Prix.
L’Autodelta era il reparto corse dell’Alfa Romeo e le sue officine erano situate a Settimo milanese, una cittadina vicino a Milano.
Il responsabile tecnico per lo sviluppo del nuovo progetto della F1 Alfa Romeo era Carlo Chiti, uno dei più geniali progettisti della storia dell’automobilismo mondiale.
La nuova auto, che fu denominata ‘Tipo 177’, era spinta dal motore del boxe a dodici cilindri progettato da Chiti e già utilizzato dalla Brabham nel ‘76. Questo propulsore, denominato ‘Tipo115-12’, era caratterizzato da misure di alesaggio e corsa rispettivamente di 77,0 e 53,6 mm che gli conferivano una cilindrata effettiva di 2995 cc e, nella sua ultima versione era in grado di erogare 520 cavalli a 12000 giri/min.
Il telaio della nuova monoposto sfruttava una monoscocca di alluminio al quale era vincolato il motore con funzione semi portante.
Le sospensioni anteriori sfruttavano quadrilateri sovrapposti e bracci d’equilibrio collegati ai gruppi molla-ammortizzatore posti in posizione verticale all’interno del corpo vettura.
Le sospensioni posteriori erano composte da quadrilateri sovrapposti con puntoni di reazione longitudinali e gruppi molle-ammortizzatore posti in posizione inclinata esterna.
Le sospensioni erano completate da barre antirollio registrabili sia sull’anteriore che sul posteriore.
Courtesy of Roberto F. Motta.
Courtesy of Roberto F. Motta.
Courtesy of Roberto F. Motta.
L’impianto frenante, fornito dalla Lockheed, sfruttava freni a disco autoventilanti, con pompe a doppio-pistoncino e pastiglie Ferodo. I dischi anteriori erano montati alle ruote, mentre quelli posteriori erano posti in posizione interna vicino al differenziale.
La 177 poggiava su ruote in magnesio con misure anteriore di 10x13” e posteriori di 19”x13”. Gli pneumatici anteriori avevano misure di 9.25/23/13” e quelli posteriori di 15.0/28.0/x13”.
La vettura dichiarava un peso di 600 Kg, un passo di 2740 millimetri, carreggiata anteriore di 1660 millimetri e posteriore di 1610 millimetri. Infine la 177 sfruttava due serbatoi di combustibile, montati in posizione laterale, della capacità totale di 200 litri.
Quando fu progettata, la 177 era una monoposto di concezione tecnica molto avanzata. Purtroppo l’unico telaio costruito, marcato dal numero di serie 177- 001, non fu pronto prima del maggio 1978 e per vari motivi non riuscì a debuttare fino al maggio 1979.
E’ necessario ricordare che nella stessa stagione agonistica, Colin Chapman portò al debutto la Lotus 78, vettura ad effetto suolo, probabilmente una delle migliori F1 che mai siano state progettate.
Con l’avvento delle vetture ad effetto suolo, la tecnica progettuale delle F1 venne stravolta e l’Alfa Romeo 177 divenne virtualmente obsoleta prima ancora di debuttare in gara.
Questo spiega il perché la 177 non riuscì a ottenere risultati significativi. Malgrado tutto ciò, alla 177 va dato il merito di essere la vettura che ha permesso all’Alfa Romeo il ritorno nel mondo dei Grand Prix.
La 177 vide ufficialmente la luce il 30 maggio 1978 quando, condotta da Vittorio Brambilla, percorse i primi giri di pista sul circuito del Balocco, la pista privata dell’Alfa Romeo.
In questa prima prova la carrozzeria della vettura era ancora grezza, e appariva quasi nera. La vettura utilizzava le nuove gomme di Pirelli che vennero ben presto sostituite dalle Goodyear.
I collaudi proseguirono e, nel mese di agosto, in previsione di un eventuale debutto a Monza nel Gran Prix d’Italia del 10 settembre, la 177 effettuò un test completo al Paul Ricard con Vittorio Brambilla e Niki Lauda. Dopo queste prove, con esito negativo, l’Autodelta decise di posticipare il debutto.
Purtroppo a Monza, Brambilla e la sua Surtees TS20 furono coinvolti nell’incidente che costò la vita a Ronnie Peterson. Brambilla riportò diverse lesioni che lo costrinsero a rimanere lontano dalle piste per quasi un anno. Durante la stagione invernale, la 177 continuò il suo sviluppo con Giorgio Francia e successivamente con il giovane pilota italiano Bruno Giacomelli, che aveva già dimostrato le sue doti di guida prima in F3 e poi in F2.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Prototipo Alfa Romeo 179 e Bruno Giacomelli durante i primi test presso il centro prove privato Alfa Romeo del centro ricerche Balocco....30 maggio 1978.
Finalmente, dopo un anno di prove, prima segrete sul circuito di Brands Hatch, seguite da prove di sviluppo sul circuito privato del Balocco ed altri circuiti europei, il 13 maggio ’79, in occasione della 6° gara di campionato, che si svolgeva sul circuito belga di Zolder, l’Alfa Romeo 177 fu iscritta e affidata a Bruno Giacomelli
Durante le due sessioni di prove, caratterizzate da un tempo piovoso e dalla pista scivolosa, la 177 di Giacomelli ottenne il 14° tempo, alle spalle della Brabham-Alfa Romeo, spinta dal propulsore Alfa Romeo ‘Tipo 1260’ con 12 cilindri a V di 60°, del blasonato pilota austriaco Niki Lauda.
Il giorno della gara l’Alfa Romeo 177 lottò con la Shadow di De Angelis, fino a quando, nel corso del 21° giro, non fu urtata dalla vettura del romano e fu costretta al ritiro. Per la dirigenza Alfa Romeo, e per la stampa intera, si trattò comunque di un debutto positivo. Poiché, la 177, era ormai una vettura tecnicamente sorpassata, e decisamente pesante.
Nata come vettura sperimentale, ben due anni prima, era caratterizzata da un peso a secco di oltre 600 kg, e si stava battendo contro vetture ad effetto suolo del peso di poco superiore ai 500 kg. Inoltre, in questo periodo, la Casa Milanese aveva già approntato una nuova vettura ad effetto suolo, la 179, della quale stava continuando lo sviluppo in previsione del suo debutto al Grand Prix d’Italia.
Circa sei settimane dopo il 1° luglio ‘79, la 177 e Giacomelli ritornarono in gara in occasione del Grand Prix di Francia, che si disputò sul circuito di Digione, nel corso delle prove la vettura milanese conquistò il 17° tempo. Il giorno della gara, nonostante il grande impegno di Giacomelli, la 177 transitò sul traguardo in 17° posizione a ben cinque giri dalla Reanault RS 11 vincitrice della competizione.
Nei giorni successivi, la 177 fu sottoposta ad un duro collaudo sulla velocissima pista di Hockeneheim, dove condotta da Vittorio Brambilla, ottenne dei tempi sul giro decisamente interessanti.
Tuttavia, la dirigenza Alfa Romeo, decise di non partecipare alla gara in programma sulla pista tedesca, e di concentrare i suoi sforzi per la preparazione delle vetture destinate al successivo Grand Prix d’Italia, gara in cui era preventivato anche il debutto della nuova vettura ad effetto suolo; la 179.
Il 9 settembre ‘79, in occasione del Grand Prix d’Italia a Monza, la 177 venne affidata a Brambilla.
Fu una giornata memorabile, i tifosi italiani riservarono all’Alfa Romeo e ai suoi piloti, Vittorio e Bruno un’accoglienza indimenticabile. Brambilla, aveva 42 anni, e tornava in gara con una F1 sulla stessa pista dove un anno prima aveva avuto il suo drammatico incidente.
Nel corso delle prove la 177 ottenne il 22° tempo precedendo altre quattro vetture.
Al termine della gara, che vide la vittoria del mondiale da parte della Ferrari di Scheckter, l’Alfa Romeo 177 di Brambilla si comportò in modo più che dignitoso e transitò sotto la bandiera a scacchi in 12a posizione, mentre la 179, affidata a Giacomelli, fu costretta al ritiro nel corso del 29° giro, per una uscita di strada.
Da notare che prima del ritiro, la 179 aveva raggiunto la Brabham di Lauda e si accingeva a superarlo, poi una banale uscita di strada alla variante Ascari, arrestò la clamorosa azione di forza della nuova vettura milanese.
Una settimana dopo la 177 apparve in gara in occasione del Grand Prix Dino Ferrari, gara non valida per il campionato che si svolse a Imola. Per la prima volta dopo nove anni, Enzo Ferrari presenzio alle prove. Durante le prove, la 177 fu testata sia da Bruno che da Vittorio ma per la gara fu affidata Vittorio. Partita dal 6° posto della griglia di partenza, la 177 terminò la gara al 9° posto ad un giro dal vincitore.
Al 40° giro la 177, come nella gara del suo debutto, fu colpita dalla Shadow di Elio De Angelis, e fu costretta a rallentare la sua corsa.
L’Alfa Romeo 177-001 terminò così la sua carriera a Imola comportandosi meglio della sorella minore, la 179, che fu costretta al ritiro dopo soli 4 giri. La 177 disputò solo poche gare ma portò a termine il suo compito; aveva riportato una vettura Alfa Romeo in F1 dopo una lunghissima assenza durata 28 anni.
Courtesy of Roberto F. Motta.
Copyright Eric Hautekeete
1979 Alfa Romeo Tipo 177 con Bruno Giacomelli
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
1979 Alfa Romeo 'Tipo 177' 12 cylindri 'boxer' 3000 cc
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
1979 Alfa Romeo 'Tipo 177'
Copyright Eric Hautekeete
1979 Alfa Romeo 177 con Bruno Giacomelli
Copyright Eric Hautekeete
1979 Brabham Alfa Romeo BT48 with Nelson Piquet
Alfa Romeo 179
Testo di Roberto Motta
Foto: Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese, Roberto Motta e
La 179 fu una vettura importante nella storia della F1, nata come wing-car, fu mortificata dal cambio regolamentare. Non raggiunse i risultati sperati, ma fece sognare gli appassionati del marchio Nel 1979 la Alfa Romeo tornò a competere nel Campionato Mondiale F1 con una propria vettura, la 177. Nata ben due anni prima del suo debutto in gara, e pur avendo un esordio positivo, la 177 si dimostrò tecnicamente sorpassata.
Concepita per l’uso di gomme radiali Pirelli, fu costretta a utilizzare le Good-Year, inoltre, i problemi di ingombro del propulsore boxer non le permettevano di essere una vera wing-car. I problemi di ingombro del propulsore influirono anche sui risultati della Brabham Alfa Romeo che ovviamente, al pari della vettura milanese, non poteva sfruttare nel migliore dei modi l’effetto suolo. Per tale ragione, nella tarda primavera del 1978 l’ing. Chiti iniziò la progettazione di un nuovo propulsore denominato ‘Tipo 1260’, ossia 12 cilindri a V di 60°, che avrebbe permesso di sfruttare i tunnel laterali in cui trovava posto una struttura ad ala rovesciata che consentiva lo sfruttamento dell’effetto suolo.
Parallelamente la 177 continuava a essere aggiornata e a partecipare ad alcune gare di campionato. Il propulsore ’Tipo 1260’ Costruito in poco più di quattro mesi, fin dalle prime prove effettuate da Lauda, il propulsore si dimostrò uno dei migliori motori del suo periodo. Aveva misure di alesaggio e corsa di 77,0 e 53,60 mm (2995 cc), e sfruttava tutte le esperienze del precedente boxer di cui manteneva alcuni particolari come l'albero a gomiti, le bielle, i pistoni e le testate.
Dall'aspetto granitico, la sua struttura era caratterizzata dalle bancate dei cilindri strette e alte, che gli conferivano un senso di solidità e grande potenza. I collettori di scarico separati si univano con un sistema del tipo 3 in uno per sfociare in un unico scarico.
Al momento del suo debutto in pista, avvenuto sulla BT48 di Lauda nel dicembre 1978, aveva una potenza di 525 cv a 12.200 giri.
Nel corso degli anni conservò un elevato standard di affidabilità e potenza, arrivando a erogare, nelle sue ultime versioni, 540 cavalli a 12.300 giri e una coppia superiore ai 35 kgm a 9.000-9.500 giri. Così, mentre il tempo trascorreva, l’Alfa Romeo continuò a fornire i motori al team Parmalat passando dal ‘Tipo 115-12’ al V12 ‘Tipo 1260’ che equipaggiava la BT48.
L’Alfa Romeo 179: una vera ground effect ‘wing-car’
La 179 fu concepita seguendo i dettami tecnici che imperavano nel periodo.
Era una vera ground effect ‘wing cars’: all'interno della carrozzeria nascondeva profili alari rovesciati e camini d'aria laterali a sezione variabile che, con l’aiuto delle minigonne che permettevano una tenuta stagna sotto il fondo della vettura, consentivano all’aria in transito sotto la vettura di creare una forte depressione che si trasformava in un forte aumento della deportanza e quindi in una tenuta di strada in curva enormemente superiore a quella delle monoposto tradizionali.
Disegnata dal tecnico francese Robert Choulet, la linea della vettura appariva come un insieme di forme tondeggianti spezzate dalle nette linee delle fiancate. La 179, più di ogni altra F1, era ‘figlia dell‘aerodinamica poiché persino il motore a 12 cilindri a V stretto era stato progettato per ottenere il miglior rendimento aerodinamico possibile.
Era sicuramente la prima volta nella storia delle auto da corsa che un motore veniva costruito solo per questi motivi. La sua struttura a V di 60° consentiva di inserire ali interne deportanti con ben 40 centimetri di larghezza in più di quelli consentiti dal motore boxer permettendo un carico aerodinamico dovuto all'effetto Venturi di circa 700 kg (a 260 km/h).
La vettura sfruttava una scocca molto stretta realizzata in pannelli di alluminio e titanio, dalla forma pulita, che partiva dal muso sino al motore che aveva funzione portante.
Dietro le spalle del pilota trovava posto il serbatoio carburante da 200 litri. Le sospensioni sfruttavano le soluzioni adottate per la 177: anteriormente utilizzavano triangoli sovrapposti a base larga e barra antirollio mentre posteriormente erano composte da triangoli inferiore e da un braccetto superiore, ed erano dotate di una barra antirollio regolabile dal pilota.
La monoposto, caratterizzata da una linea tondeggiante che contrastava con le forme tese delle fiancate, era nata dalle lunghe prove nella galleria del vento ed era distinta dai profili alari studiati dall‘Autodelta. Grazie alla notevole deportanza della sua carrozzeria, era priva dello spoiler anteriore e appariva come una delle F1 più belle.
Vennero poi sperimentati, e adottati, anche piccoli spoilers deportami anteriori e un alettone a tutta larghezza. La 179 pesava a secco 595 kg, aveva un passo 2,74 m, carreggiate 1,72 m e 1,57 m, lunghezza 4,34 m, larghezza 2,14 m e altezza 0,9 m.
Fatto non indifferente, che per la prima volta dai tempi della 158 ‘Alfetta’, la vettura sfruttava un propulsore concepito esclusivamente per le competizioni in F1 poiché il propulsore V8 e il successivo boxer 12 cilindri erano propulsori derivati da un motore utilizzato sulle vetture Sport. La 179 aveva quindi le carte in regola per riportare l’Alfa Romeo alla vittoria.
La 179 debutta a Monza
Il 16 e 17 agosto il team Alfa Romeo si trasferì sul circuito di Monza dove, alla presenza dell’allora presidente Massacesi, fu testata da Giacomelli e Brambilla. Nel corso delle prove la 179 fu vittima di alcuni problemi tecnici, tra cui la rottura di un collettore di scarico, che si staccò dal propulsore mentre la vettura percorreva la curva di Lesmo e, 5 giri più tardi, si ruppe il un propulsore, nella medesima curva. La 179 fu costretta al rientro ai box trainata da una Alfetta GTV di servizio, e tra i fischi degli spettatori.
Il mattino seguente, verso le 11, la 179 fu portata in pista da Brambilla e, con qualche interruzione per i controlli, proseguì le prove fino alle 18, quando la pista fu chiusa. Il 9 settembre 1979, in occasione del Gran Prix d’Italia, furono schierate dalla Autodelta la 177-001 affidata a Vittorio Brambilla e la 179-001 a Giacomelli.
Nel corso delle prove, la 179 ottenne il 18° tempo nello schieramento di partenza mentre la 177 ottenne la 22a posizione. Nel corso della gara la 179 lottò con la Brabham Alfa Romeo BT48 di Lauda ma, nel corso del 29° giro, mentre si preparava a superarla una banale uscita di strada alla variante Ascari arrestò la sua corsa.
Fu un peccato, perché la vettura si era dimostrata competitiva, pur se ancora fresca di sviluppo. Al termine della gara, che vide la vittoria del mondiale della Ferrari di Scheckter, la 177 concluse in 12a posizione. La ‘179’ ebbe una lunga carriera e fu realizzata in diverse versioni (179B, 179C, 179D, 179F).
Probabilmente, la sua versione più bella fu proprio quella del suo primo anno, in cui era distinta da una livrea rossa, il colore prescelto per le vetture da corsa italiane, ed era priva di spoiler anteriori.
Con questa configurazione affrontò le ultime gare del campionato, a Montreal e a Watkins Glen. La 179-001 rimase a disposizione di Giacomelli, mentre la 179-002 fu affidata a Brambilla.
Dopo l’impegnativo debutto nella breve stagione 1979, nell 1980 la vettura migliorò con la rinnovata scuderia Marlboro-Alfa Romeo. Nel corso della stagione, Giacomelli, ottenne due quinti posti, un tredicesimo posto, e la pole position in Canada. L’1 agosto, la stagione fu funestata dalla perdita Patrick Depailler, tragicamente scomparso durante una sessione privata di test in Germania. Il suo posto fu temporaneamente ripreso da Brambilla il quale prese parte con la 179B-004 al Dutch Grand Prix a Zandvoort e al Grand Prix d’Italia a Imola.
Fu la sua ultima gara in F1 perché poi venne sostituito definitivamente da Andrea De Cesaris che debuttò in F1 al Grand Prix del Canada. Nel frattempo, la ‘tipo 179’ si dimostrò sempre più veloce tanto che la 179B-006 consentì a Giacomelli di conquistare la pole position a Watkins Glen dove condusse la gara con largo margine e solo all'ultimo fu tradito dalla fusione della bobina, che gli strappò una vittoria ormai certa.
La stagione 1981 fu caratterizzata dall’abolizione delle ‘minigonne’. La 179, voluta e nata come una ground effect wing-cars, non riuscì più a rendere al meglio pur subendo alcune modifiche.
Conclusioni
La 179 nata come wing-car per sfruttare al meglio i regolamenti, fu mortificata dal cambio regolamentare e, pur non essendo riuscita ad avere i risultati sperati, fece sognare gli alfisti anche per aver portato in gara giovani piloti italiani. Ci viene naturale pensare come la sua storia si sarebbe evoluta se ci fossero state meno contraddizioni all’interno della squadra, e se la vettura fosse stata condotta da piloti più esperti, i migliori del suo tempo, come ad esempio piloti del calibro di Villeneuve, Scheckter, Jones, Lauda, Prost, Piquet, Mansel… Sappiamo però che la storia non si scrive con i ‘se’.
Copyright Eric Hautekeete
1980 Alfa Romeo Typo 179 V-12 '1260'.
Courtesy Archives of Estate of Rey Paolini
1980 Alfa Romeo Typo 179 V-12 '1260'.
Courtesy Archives of Estate of Rey Paolini
Alfa Romeo 179B con Bruno Giacomelli
Courtesy of Tom Wood @ 2011 Courtesy of RM Auctions
Courtesy of Tom Wood @ 2011 Courtesy of RM Auctions
Copyright Eric Hautekeete
1980 Alfa Romeo Typo 179 V-12 3000 cc
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
1979 Alfa Romeo Typo 179 V-12 "1260" 3000 cc utilizzata durante la stagione 1981 con spoiler anteriore aggiornato.
Courtesy of Robert Murphy
1981 Alfa Romeo Typo 179 V-12 "1260" 3000 cc dell'anno modello 1979 con spoiler anteriore aggiornato.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Mario Andretti con "l'Autodeltisti"
Alfa Romeo 182
Testo di Roberto Motta
Foto di Roberto Motta e press-BMW group e
Copyright Robert Little
Bella e sfortunata, l’Alfa Romeo 182 visse una sola stagione. Fu l’ultima vettura milanese spinta dal propulsore V12 a ottenere una pole position e la prima ad adottare il motore V8 turbocompresso.
Nel corso della stagione 1981, l’Alfa Romeo 179 non fu quasi mai in grado di ottenere risultati soddisfacenti. Se si escludono i primi Grand Prix, dove partì dalle prime file dello schieramento, la 179 visse una stagione deludente, addolcita in parte sul finire del campionato, quando Bruno Giacomelli riuscì a ottenere il 4° posto nel Grand Prix del Canada e il 3° posto nel Grand Prix del Caesars Palace a Las Vegas.
Al di là delle fredde statistiche, dobbiamo tuttavia ricordare che la scarsa competitività della vettura era da imputarsi in parte anche al forzato utilizzo delle gomme Michelin, causato dal ritiro della Goodyear alla fine dell’ 1980.
Le nuove radiali Michelin costrinsero i tecnici Autodelta a riprogettare l’intero gruppo sospensioni. Anche l’abolizione delle minigonne, che avevano reso competitiva la vettura alla fine della stagione 1980 influenzò negativamente le caratteristiche aerodinamiche e di tenuta della vettura. Infine, l’arrivo di Gerard Ducarouge in squadra, avvenuto a metà agosto, e probabilmente la sua voglia di emergere nei confronti dell’ingegnere Carlo Chiti, consentì alla squadra di migliorare la vettura grazie all’utilizzo di minigonne a flessibilità variabile, ma minò il futuro dell’Alfa Romeo in Formula 1.
Nei primi giorni del 1982, mentre la squadra stava preparando la nuova vettura, l’allora Direttore Generale della Casa del Biscione Ettore Massaccesi decise di limitare il campo di azione di Chiti nominandolo presidente dell’Autodelta.
Tale decisione mise in condizioni di minoranza Chiti e consentì una più vasta autonomia a Ducarouge.
La stagione 1982 si presentava per l’Alfa Romeo interessante ma, a dispetto delle previsioni, partì con risultati deludenti.
La nuova vettura, la '182' con telaio in carbonio, non era ancora pronta a scendere in gara pertanto la Casa milanese decise di prendere parte alle prime gare di campionato con le ‘vecchie 179’ che furono affidate a Giacomelli e Andrea de Cesaris.
Il 23 gennaio prese il via il campionato con il ‘South Affrica Grand Prix sul tracciato di Kyalami. L’Alfa Romeo schierò le 179 per Giacomelli e de Ceseris i quali, dopo una gara mediocre, conclusero mestamente all’11° e 13° posto. Nel successivo Grand Prix del Brasile, sul circuito del Jacarepagua, entrambe le 179 furono costrette al ritiro.
Il 3 aprile 1982, a Long Beach, nelle prove di qualificazione per il Grand Prix USA-West, fu una giornata indimenticabile per l’Alfa e de Cesaris: schierando la 182 la Casa milanese rivitalizzò la squadra.
Nel corso delle prove, la ‘182-02’ (numero di gara 22) pilotata da un sorprendente de Cesaris ottenne la pole position, mentre la seconda vettura, la ‘182-01’, affidata a Giacomelli, ottenne un incoraggiante 5° tempo.
Il giorno seguente, al via della gara, la ‘182-02’ di de Cesaris partì al comando, ma fu costretta al ritiro nel corso del 33° giro a causa di un’uscita di strada.
L’incidente fu causato da una distrazione del pilota il quale era andato a sbattere contro un muretto di protezione dopo aver visto, attraverso gli specchietti retrovisori, un fumo sospetto fuoriuscire dalla sua vettura.
La ‘182-01’ di Giacomelli si arrestò al 5° giro a causa di un incidente con la Renault di Arnoux.
Per i più curiosi ricordiamo che a Long Beach era presente, come muletto, anche la ‘182-03’.
Come preannunciato dai team inglesi, il successivo Grand Prix di San Marino del 25 aprile, fu disertato da tutte le scuderie iscritta alla Formula One Constructors Association (FOCA). Nel corso delle prove, con un parco macchine ridotto a soli 14 vetture, la ‘182-01’ di Giacomelli si aggiudicò il 6° tempo e la ‘182-04’ di de Cesaris il 7° mentre il ruolo del muletto fu affidato ancora una volta alla ‘182-03’.
Il giorno della gara fu come una doccia fredda per l’Alfa Romeo. Al 4° giro si ruppe la pompa della benzina della vettura di de Cesaris, mentre nel corso del 24° giro il V12 di Giacomelli esalò l’ultimo respiro a causa della rottura di un tubo dell’olio.
Il successivo fine settimana, dedicato al Grand Prix del Belgio, fu funestato dal grave incidente in cui Gilles Villeneuve perse la vita. Sabato 8 maggio, nel corso delle prove di qualificazione, la Ferrari 126 C2 di Villeneuve colpì la ruota posteriore della vettura di March di Jochen Mass che lo precedeva ad andatura lenta e che si spostò per lasciare libera la traiettoria a Villeneuve, impegnato nel suo giro veloce.
L’asso canadese non capì le intenzioni di Mass, e la sua Ferrari fu catapultata in aria dalla ruota posteriore della March. Villeneuve fu sbalzato fuori dall’abitacolo e, ancora legato al seggiolino, dopo un volo di alcuni metri colpi con la nuca un paletto che sosteneva una rete di protezione. Morì poco dopo.
Per le Alfa Romeo fu l’ennesima gara da dimenticare. La ‘182-01’ di Giacomelli non terminò neppure il primo giro a causa di un incidente, mentre la ‘182-04’ di de Cesaris si arrestò al 34° giro per la rottura di un semiasse.
Nei box era presente anche la ‘182-03’, utilizzata come muletto.
Il 23 maggio, al GP di Montecarlo, l’Alfa Romeo ritrovò il sorriso, grazie al 3° tempo registrato dalla ‘182-01’ di Giacomelli e al 7° della ‘182-04’ di de Cesaris.
Il giorno della gara, la vettura di Giacomelli fu costretta al ritiro per la rottura di un semiasse, avvenuta nel corso del 4° giro, mentre la vettura di de Cesaris conquistò un inaspettato 3° posto finale. La ‘182-03’ era presente ai box come muletto. Nella gara successiva del 6 giugno, a Detroit, de Cesaris conquistò un’importante pole position con la ‘182-04’ mentre, Giacomelli con la ‘182-01’ ottenne il 5° tempo.
Fu l’ultima pole position conquistata dall’Alfa Romeo in una gara di F1. Al via la ‘182-04’ scattò al comando, ma ben presto fu costretta a cedere a causa di un banale guasto elettrico, mentre la ‘182-01’ di Giacomelli fu coinvolta nell’ennesimo incidente. Ai box era presente la solita ‘182-03’ con funzione di muletto.
Per l’Alfa Romeo proseguì il periodo negativo. Nei successivi Grand Prix d’Olanda, Gran Bretagna, Francia e Germania, la 182 portò al traguardo il solo Giacomelli ottenendo un 11° posto con la ‘182-05’, il 7°posto con la ‘182-03’, il 9° posto con la ‘182-03’ e il 5° posto con la ‘182-03’.
La situazione peggiorò nel Grand Prix d’Austria, sul circuito di Zeltweg, dove il giorno di ferragosto nè la ‘182-03’ di Giacomelli né la ’182-06’ conclusero la gara.
Il 29 agosto, nel Grand Prix di Svizzera, sul tracciato francese di Digione, la ‘182-06’ di de Cesaris fu relegata al 10° posto e la ‘182-03’ di Giacomelli al 12° posto L’agonia dell’Alfa Romeo proseguì anche nel corso del successivo GP di Italia dove, furono quindi schierate la ‘182-03’ per Giacomelli e la ‘182-06’ per de Cesaris.
Soltanto la ‘182-06’ riuscì a finire la gara al traguardo, con un deludente 10° posto assoluto.
Segnaliamo che, venerdì 3 settembre, nel corso della pausa delle prove riservate alle vetture iscritte al Campionato Italiano F3, fece il suo debutto ufficiale la 182T dotata del nuovo propulsore V8 Turbo. La vettura, affidata a de Cesaris, si dimostrò abbastanza veloce, tuttavia la squadra non la ritenne pronta per il debutto in gara.
Il campionato terminò con la gara di Las Vegas. Anche in quest’occasione la Casa milanese non si dimostrò all’altezza della situazione; la ‘182-06’ di de Cesaris terminò la gara al 9° e la ‘182-04’ di Giacomelli 10° posto a ben 2 giri dal vincitore Michele Alboreto su Tyrrel.
Dal punto di vista sportivo, mentre il motore 8 cilindri turbo veniva collaudato da Giorgio Francia sulla pista del Balocco, Giacomelli e de Cesaris avevano combattuto con un 12 cilindri ormai superato rispetto alle motorizzazioni turbo della Ferrari e della Renault; inoltre, anche il telaio, disegnato da Ducarouge, non fu mai all'altezza della situazione anche a causa dei nuovi regolamenti che vietarono l’uso delle minigonne.
La 182 avrebbe potuto essere competitiva, ma purtroppo non ebbe quell’affidabilità che avrebbe permesso di accumulare km e trovare ulteriori migliorie per la vettura.
Ad esempio, prima di affrontare qualsiasi gara, tutti gli scarichi, realizzati in prezioso titanio, venivano sostituiti con materiale fresco. Non ci fu gara in cui non si rompessero, con conseguente perdita di potenza del propulsore; inoltre fu afflitta da una serie di piccoli guasti insignificanti, ma che costrinsero alla resa o a una gara sottotono. Forse mancò anche un po’ di fortuna.
L’assoluta sintonia della squadra con i costruttori non aderenti alla FOCA, scompaginò i programmi dei tecnici milanesi che mantennero fede alle intese e a una legalità che altri costruttori non rispettarono.
La stagione si chiuse con il decimo posto nel mondiale costruttori. Tale risultato evidenziò le difficoltà del team a livello tecnico e gestionale.
Nel corso di questa deludente stagione, Masaccesi riconsiderò la partecipazione della Alfa Romeo nel campionato riservato alle vetture di F1. Temeva di essere ritenuto responsabile di un’avventura divenuta per la Casa milanese sempre più ricca di investimenti e più povera di risultati. Era convinto che l’IRI dovesse intervenire drasticamente e limitare in modo decisivo il futuro del discusso Reparto Corse.
Inizialmente Massaccesi considerò anche l’opportunità di abbandonare il mondo della F1, ma, dopo aver attentamente analizzato la situazione, ritenne che un ritiro dalle competizioni potesse essere interpretato dai clienti come il rinnegare dell’immagine tradizionalmente sportiva dell’azienda.
Nello stesso periodo, Nicolò San Germano, giovane manager della Philip Morris, destinato dalla Casa madre di Losanna a seguire le sponsorizzazioni Alfa Romeo, propose alla dirigenza della Casa milanese di cedere in gestione la squadra di Formula 1 e di affidarne la gestione al team Euroracing, scuderia di Gianpaolo Pavanello distintasi in Formula 3 vincendo campionati italiani ed europei.
Secondo l’ottuso uomo Marlboro, una simile scelta avrebbe garantito l’abbattimento dei costi di gestione e l’aumento del gettito delle sponsorizzazioni poiché l’attività sportiva della Casa non sarebbe più stata gestita da una ‘azienda di stato’, bensì da un’agile organizzazione privata. Detto questo, Massaccesi decise di affidare all’Euroracing la gestione della squadra di Formula 1 a partire dalla stagione ‘83.
La nuova scuderia avrebbe potuto contare sulla fornitura dei motori turbo 8 cilindri e sull'assistenza tecnica dell'Autodelta.
Con questa decisione, l'avventura Alfa Romeo, o meglio quella della ‘vera’ Alfa Romeo, terminò con la stagione 1982, anche se in realtà un surrogato di squadra proseguì sotto le insegne del Team Euroracing.
Nel corso della stagione 1983 le nuove vetture 183T, spinte dal propulsore turbo, furono affidate a Mauro Baldi e a de Cesaris. La stagione fu catastrofica, tanto che entrambi i piloti preferirono non rinnovare il contratto.
Courtesy of Roberto F. Motta.
Alfa Romeo Typo 182 con '1260' V-12
Perso lo sponsor principale, Marlboro, le vetture ricevettero una nuova livrea supportata dalla Benetton. Pilotate da Riccardo Patrese ed Eddie Cheever, navigarono nel mare dell’anonimato, tanto che dopo mille polemiche e problemi, che non potevano e non dovevano coinvolgere il marchio Alfa Romeo, la dirigenza della Casa milanese decise il ritiro dal mondo dei Gran Premi, e di continuare la fornitura dei motori turbo all'Osella fino all 1987.
La tecnica
Cuore meccanico della 182 era il propulsore ‘Tipo 1260’, propulsore che venne modificato nelle misure di alesaggio e corsa durante la stagione ’81. Caratterizzato da misure di 78,5 e 51,5 mm, aveva un cilindrata effettiva 2991,009 cc. Montato con funzione portante, il propulsore era caratterizzato da distribuzione a 4 valvole per cilindro, 2 alberi a camme in testa, comandati da un sistema a cascata di ingranaggi per ogni bancata.
Il sistema di lubrificazione era del tipo a carter secco e sfruttava 2 radiatori per il raffreddamento dell’olio lubrificante. L’alimentazione era affidata a un sistema di alimentazione meccanica Lucas con regolazione elettronica.
La trasmissione, assistita da una frizioni bidisco a secco, era affidata a un cambio a 5 o 6 rapporti + RM
Dobbiamo tener presente che nel corso della stagione 1982, l’attenzione dei motoristi Alfa Romeo si stava spostando verso lo studio di un propulsore sovralimentato, già adottato dalla concorrenza. Anche la Casa milanese si impegnò nella sperimentazione di motori con diversi frazionamento, sistema di alimentazione e turbocompressori.
La grande novità della 182 era il suo telaio a monoscocca, realizzato in fibra di carbonio. Progettato dal tecnico francese Gerard Ducarouge, era più resistente e leggero del telaio in alluminio, ma era anche estremamente più costoso.
Il telaio venne costruito da Roger Slomans proprietario della Composite Components di Derby, la stessa società che aveva realizzato il telaio per la McLaren nel 1981. A quell’epoca l’Autodelta non aveva la capacità produttiva di realizzare nelle proprie officine un telaio in fibra di carbonio.
Dietro le spalle del pilota trovava posto il serbatoio carburante da 190 litri.
Courtesy of Roberto F. Motta.
Telaio Alfa Romeo 1983T in fibra di carbonio.
Courtesy of Roberto F. Motta.
Le sospensioni anteriori utilizzavano triangoli inferiori a base larga e braccio trasversale superiore, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici e barra stabilizzatrice.
Le sospensioni anteriori utilizzavano triangoli inferiori a base larga e braccio trasversale superiore, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici e barra stabilizzatrice.
Le sospensioni posteriori utilizzavano triangoli inversi inferiori e bracci trasversali superiori di diversa lunghezza, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici e barra stabilizzatrice.
L’impianto frenante era costituito da 4 dischi autoventilanti, ciascuno morso da 2 pinze a 2 pistoncini.
La vettura poggiava su cerchi in magnesio del diametro di 13” che consentivano di montare scarpette da corsa Michelin con misure di 23.00/59x13 sull’anteriore, e 38.00/70x13 sul posteriore.
La 182 era lunga 4390 mm, alta 900 mm, larga 2150 mm. Aveva un passo di 2720 mm, carreggiata anteriore e posteriore di 1820 mm e 1680 mm.
La vettura dichiarava un peso a secco di 580 kg.
Conclusioni
Pur se la sua storia fu relativamente breve, va ricordato che la 182 ha comunque dei primati da ricordare: fu l’ultima F1 Alfa Romeo a registrare una pole position in F1 e l’ultima a essere dotata del propulsore V12, il Tipo 1260. Fu la prima vettura della Casa milanese a sfruttare un monoscocca in fibra di carbonio e kevlar, e la prima a essere spinta dal nuovo propulsore V8 Turbo da oltre 600 CV lanciando così il Biscione’ nell’era del Turbo.
Ligier-Alfa Romeo 4 Cylindri Turbo
Alfa Romeo Tipo 415/85
In previsione di una fornitura di propulsori al Team Ligier, Ing. Tonti e il suo staff diedero vita al progetto del propulsore ‘Tipo 415/85’, ossia 4 cilindri, 1,5 litri e 1985 (anno di realizzazione).
All’inizio dei test di sviluppo, alimentato da un sistema di alimentazione elettronica Weber-Marelli, il sistema più evoluto del suo periodo, era in grado di erogare 830- 850 cv a 10,500 giri, in configurazione gara.
Nella sua ultima evoluzione, quella destinata alla Ligier per la stagione 1987, il Tipo 415/87, era caratterizzato da dimensioni di alesaggio e corsa di 92,0 e 56,4 mm (1499cc) ed era in grado di erogare 900 cv a 10500 giri.
Grazie alla sua compattezza (pesava solamente 135 kg) era composto da 1364 pezzi, e richiedeva 230 ore lavoro per la sua revisione, contro le 325 ore richieste dal precedente V-8 .
Dopo una lunga serie di prove al banco, fu montato su telaio Euroracing e provato in pista dai piloti della Ligier. Nel corso delle prove ad Imola, Arnoux rilasciò discutibili dichiarazioni sulla capacità lavorativa del team del ‘Biscione’.
La risposta della nuova dirigenza Alfa Romeo, che nel frattempo era passata al gruppo FIAT, fu altrettanto dura e immediata: alla vigilia della stagione 1987 venne interrotto il rapporto di collaborazione con la scuderia transalpina e il progetto fu sospeso.
Fu un vero peccato se si pensa che il propulsore aveva dimostrato di avere ottime qualità e lo sviluppo in pista era incominciato da poco.
Congelato il progetto 415/85T, gli investimenti della Casa furono dirottati a favore di un nuovo propulsore, V-10 a V di 72° e 3,5 lt di cilindrata, il ‘Tipo 1035’.
Courtesy of Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese
Alfa Romeo Tipo 1035
Consapevoli del futuro cambio dei regolamenti che prevedeva, dall’1989, l’introduzione dei propulsori aspirati da 3,5 litri in F1, la dirigenza Alfa Romeo decise di sfruttare un propulsore 10 cilindri a V di 72°.
Il progetto prese il via ufficialmente nel novembre 1985 sotto la dirigenza dell’ing. Tonti.
Il propulsore Alfa Romeo 1035 (10 cilindri-3,5 litri) fu il primo 10 cilindri della storia della F1 moderna (Honda presentò un manichino del propulsore solo un mese dopo la realizzazione del V-10 italiano e la Renault realizzerò il suo V-10 solamente un anno dopo).
Questo V-10 era caratterizzato da misure di alesaggio e corsa di 88,0 e 55,5 mm (3495cc). Aveva il blocco il blocco motore in lega di alluminio, bielle in titanio, pistoni (con due segmenti) raffreddati con getto d’olio. Inizialmente, le teste erano del tipo a quattro valvole per cilindro ma furono poi sostituite con nuove testate a cinque valvole per cilindro.
Le valvole erano in titanio, e attivate da 4 alberi a camme. La prima riunione tecnica per impostare il motore 10 cilindri fu del 7 Ottobre 1986 a cui parteciparono Tonti, Agostino e Antoniazzi.
Il lavoro di progettazione del propulsore iniziò dopo che la commissione tecnica della FISA-FIA ed i costruttori decisero le nuove regole sui motori aspirati nel corso del week-end del Grand Prix d' Italia dello stesso 1986. Il propulsore fu provato per la prima volta al banco il 1° luglio 1987.
Nella sua ultima versione il propulsore erogava 620 cv a 13,300 giri con una coppia di torsione massima di 39 kgm a 9500 giri.
Venne dapprima montato sulla 164 Pro-Car e quindi alla fantascientifica e meravigliosa Group C SE048.
Entrambe le vetture non furono mai impiegate in gara, in particolare la SE048, non fece mai nemmeno un solo giro di pista.
Le fortografie che vi proponiamo sono relative al telaio Ligier con un motore sperimentale a quattro cilindri Autodelta Turbo, e furono scattate prima che Autodelta interrompesse la sua attività.
Gran parte del lavoro di sviluppo sul V-10 e sul 4 cilindri turbo qui raffigurato furono opera della ricerca e sviluppo svolta dall'Ing. Gianni Tonti e il suo staff”.
...la scuderia Alfa Romeo si ritirò dalle competizioni di Formula Uno nel 1985...
2018
Alfa Romeo e il Ritorno in Formula 1
Text by Roberto Motta
il Ritorno del ‘Quadrifoglio’
La Sauber C37
La Sauber C37, fu presentata ufficialmente, il 20 febbraio 2018, nella sala congressuale del Museo Strorico Alfa Romeo di Arese. Era la prima volta che il lancio di una monoposto Sauber destava così tanto interesse, perlomeno, in Italia. In quella occasione, il presidente Ferrari Sergio Marchionne, dichiarò: “Ora siamo pronti a restituire all'Alfa il posto che merita nel panorama delle competizioni sportive. Oggi è una giornata di orgoglio per tutti gli alfisti che hanno atteso questo momento per oltre trent'anni”. Aggiunse poi che “Alfa Romeo sarebbe stata il title-sponsor e che avrebbe condiviso con i compagni di avventurarisorse e competenze non solo tecniche ed ingegneristiche, ma anche strategiche e commerciali, per supportare attivamente la squadra, partire proprio dalla fornitura al team delle stesse power unit delle Ferrari 2018.
Va infatti ricordato che, nella stagione 2017, la Sauber C36 utilizzava un motore Ferrrari in evoluzione 2016. Quindi, il nuovo accordo garantiva un passo in avanti certamente significativo, per il team che era stato il meno competitivo nel 2017.
Presenti anche i piloti, che si dissero soddisfatti della vettura che avrebbe sicuramente garantito un incremento di competitività rispetto alla stagione agonistica appena conclusa.
Seguirono i discorsi di rito e, in quella occasione, il Team Principal Frédéric Vasseur affermò di essere impaziente di vedere la nuova vettura in pista e di sperare che la nuova vettura fosse stata in grado di migliorare le prestazioni della vettura nel corso della stagione e recuperare il gap che nei confronti degli altri team.
Il direttore tecnico Jörg Zander si disse entusiasta di svelare finalmente la C37. Vettura che era il risultato del duro lavoro di tutto il personale del team, che la filosofia alla base della C37 si discostava in modo significativo da quella della precedente C36, e di avere speranze che con la C37 il team sarebbe stato più competitivo rispetto alla precedente stagione.
Tutti, e proprio tutti, a partire dal team, i piloti, i giornalisti e gli stessi tifosi, non vedevano l’ora di scoprire in pista come si comportasse la nuova monoposto, che avrebbe debuttato il 26 febbraio nei primi test collettivi a Barcellona.
Maarcus Ericssone and Charles Leclec with the C37.. Courtesy of Stellantis.
C37 Courtesy of Stellantis.
C37 Courtesy of Stellantis.
C37 Courtesy of Stellantis.
C37 Courtesy of Stellantis.
C37 Courtesy of Stellantis.
C37 Courtesy of Stellantis.
Nel 2018, l'Alfa Romeo Sauber F1 Team segnò il ritorno sui circuiti del magico simbolo del “Quadrifoglio”, il leggendario stemma che dal 1923 arricchiva la livrea delle vetture più performanti dell'Alfa Romeo.
Ben visibile sul cofano motore della nuova C37, il simbolo portafortuna ha una storia affascinante e intimamente legata al mondo delle corse.
La prima vettura Alfa Romeo a portare il simbolo del ‘Quadrifoglio’ sulla sua livrea fu la RL versione ‘Corsa’, vettura che era un dei capolavori di Giuseppe Merosi e che prese parte alla Targa Florio.
La scelta di apporre il simbolo portafortuna sulla carrozzeria, era dovuta alla consapevolezza che per quanto fosse intenso lo sforzo, quanto fosse valido e perfetto il progetto ed ogni dettaglio, quanto fosse grande il sacrificio per raggiungere il risultato, è indispensabile avere anche un po' di fortuna.
In quest'ottica, e con una malcelata superstizione, l'azienda decise di dipingere sui cofani delle proprie auto un portafortuna: un quadrifoglio verde.
Il talismano funzionò e Ugo Sivocci precedette il compagno di squadra Ascari.
Da sottolineare che la vettura di Sivocci era arricchita dal simbolo del quadrifoglio verde su sfondo bianco a forma di diamante, mentre la vettura di Ascari aveva il Quadrifoglio verde su uno sfondo triangolare. Fu una grande vittoria che lanciò definitivamente il Marchio nell'olimpo dei costruttori, e trasformò il ‘Quadrifoglio’ in un vero e proprio logo distintivo di tutte le vetture da competizione Alfa Romeo.
Lo stesso stemma portafortuna comparve anche sulla ‘P2’ di Brilli Peri quando trionfò nel primo "Campionato Mondiale di Automobilismo" a Monza nel 1925, conquistando il primo dei cinque Titoli Mondiali vinti dall'Alfa Romeo, e fu nuovamente presente nel 1950 e nel 1951, quando Giuseppe ‘Nino’ Farina e Juan Manuel Fangio portarono alla vittoria le Alfa Romeo 158 e 159, le famose ‘Alfetta’, nei primi due Campionati del Mondo di Formula 1. Dopo anni di oblio, con la partecipazione al campionato 2018, il leggendario simbolo ritornò nelle competizioni automobilistiche per mostrare al mondo la continuità della filosofia Alfa Romeo, basata su una costante ricerca dell'eccellenza applicata alle corse, per essere poi trasferita nella sua interezza alle vetture di produzione.
Il contesto
Il Campionato del mondo F1 2018 si svolse in un contesto motoristico caratterizzato da alcune novità e sfide tecniche. Tra queste, ricordiamo: l’introduzione del sistema Halo, un dispositivo di protezione per la testa dei piloti, che richiese modifiche aerodinamiche e strutturali alle monoposto.
La riduzione del quantità di motori disponibili per stagione, che scese da 4 a 3, con conseguenti penalità per le sostituzioni.
l cambio di fornitore di pneumatici, che vide la Michelin sostituire da Pirelli, e che portò a una maggiore varietà di mescole e strategie di gara
La forte rivalità tra Mercedes e Ferrari, le due squadre più competitive, che si contesero il titolo fino all’ultima gara.
L’affermazione di alcuni talenti emergenti, come Max Verstappen, Charles Leclerc e Pierre Gasly, che sfidarono e, a volte, misero in crisi piloti più esperti.
A questo contesto generale, dobbiamo ricordare che il ritorno della Alfa Romeo in F1 fu accolto con entusiasmo dai tifosi della squadra svizzera Sauber, e da quei tifosi che vedevano l’accordo con la Sauber come la possibilità di rivedere il marchio Alfa Romeo nelle competizioni di F1 dopo 32 anni di assenza.
Erano convinti che le vetture, condotte dai giovani piloti emergenti Marcus Ericsson e, dal debuttante, Charles Leclerc, avrebbero avuto una grande opportunità di sviluppo. Questo perché la Casa del Portello aveva come fornitore tecnico la ‘Ferrari’. Inoltre, il fatto che la C37 sfruttasse un motore Ferrari V6 turbocompresso, e tutta la configurazione posteriore, a partire dal cambio, al gruppo di trasmissione, alle sospensioni, fino al layout centrale della carrozzeria, di derivazione Ferrari, convinse i tifosi più giovani che la vettura avrebbe potuto essere competitiva e vivere giorni di gloria.
Ma non tutti i tifosi erano altrettanto ottimisti. In particolare, quelli che avevano qualche capello bianco e che avevano vissuto la storia della Autodelta e della Alfa Romeo nella massima formula, furono più scettici o indifferenti alla partnership con Sauber, e preferirono concentrare le loro attenzioni su altre squadre.
Una delle critiche più importanti fu dettata dalla scelta di usare le power unit di Ferrari, scelta che fu considerata come una mancanza di ambizione. Questi tifosi, e parte della stampa di settore, ritennero la partnership con Sauber come un mero accordo commerciale, che non aveva alcun impatto sulla qualità delle auto o sulla possibilità di vittoria. Così, accanto ad articoli giornalistici che celebravano il ritorno del leggendario ‘Quadrifoglio’ come simbolo che dal 1923 identificava le più performanti realizzazioni firmate Alfa Romeo da gara, e che appariva sul cofano motore della nuova C37, altri articoli riportarono una certa delusione sottolineata dalle parole: “…si vabbè, ma di Alfa Romeo a livello tecnico non c’è molto, poiché, almeno per il momento, si tratta di una partnership principalmente commerciale”.
Tuttavia, riguardando la storia dopo questi ultimi anni, possiamo affermare che pur se i tifosi della Alfa Romeo vissero opinioni diverse sulla partnership con Sauber, tutti furono coinvolti in una esperienza che segnò comunque l’era del Biscione in F1, e che ebbe un impatto significativo non solo sull’Alfa Romeo, ma anche sulla Formula 1 nel suo complesso.
I primi test
I primi giri di pista della Sauber C37 si svolsero sul Circuit de Catalunya, nei pressi di Barcellona, dal 26 febbraio al 1° marzo 2018. Si trattava di test collettivi a cui partecipavano anche le altre scuderie impegnate nel mondiale di F1, e in cui il team Alfa Romeo Sauber mostrò una buona performance, soprattutto nel primo giorno di test, quando Ericsson segnò il 2° tempo assoluto. Leclerc ebbe alcune difficoltà ad adattarsi alla nuova vettura e ottenne il 4° tempo. Nel secondo giorno di test, Ericsson migliorò il suo tempo, ma retrocesse al il terzo posto in classifica, mentre Leclerc che aveva registrato fu costretto a interrompere le prove per problemi tecnici.
Nel terzo giorno di test, entrambi i piloti migliorarono le loro prestazioni, e conclusero con il 5° e 6° tempo assoluto. Il debutto era stato quindi positivo e lasciava pensare alla possibilità di migliorare nel corso della stagione e ottenere dei risultati di interessanti.
Il campionato 2018
Il campionato prese il via il 25 marzo 2018, sul circuito Albert Park, a Melbourne. In prova, la C37 ottenne il 17° e 18° tempo, ottenuti da Ericsson e Leclerc.
Nel corso della gara, la C37 di Ericsson fu costretta al ritiro per problemi idraulici, mentre Leclerc ottenne il 13°. Non fu quindi un debutto da ricordare ma, a suo modo, fu positivo e, come si suol dire, il dado era tratto, e la nuova avventura era cominciata.
Nel Grand Prix del Bahrein le cose andarono un po’ meglio; la C37 ottenne i suoi primi punti grazie al 9° posto di Ericsson, che condusse una gara d’attacco partendo dal 17° posto della griglia di partenza.
Dopo una gara anonima a Shanghai, il team elvetico tornò a punti nella successiva tappa di Baku, dove Leclerc ottenne una lusinghiera 6a posizione, risultato che rimarrà il miglior piazzamento Sauber nel corso di tutto il campionato.
Il pilota monegasco confermò a Montmeló il suo momento positivo, riuscendo a conquistare un altro punto.
A Monte Carlo la scuderia svizzera non visse un weekend fruttuoso; Leclerc non terminò la gara e Ericsson concluse fuori dalla zona punti.
Nelle due gare successive, a Montréal e a Le Castellet, fu sempre Leclerc ad andare a punti chiudendo in entrambe le occasioni al 10° posto.
A Spielberg la Sauber si dimostrò molto competitiva con Leclerc e Ericsson che, per la prima volta, conclusero entrambi la gara a punti, rispettivamente al 9° e 10° posto. Nella gara di Silverstone entrambi i piloti furono costretti al ritiro.
A Hockenheim, solo Ericsson ottenne punti concludendo al 9° posto, mentre il successivo weekend di Budapest, per la Sauber, non fu positivo e non ottenne alcun punto.
In Belgio, sul circuito di Spa-Francorchamps, uno dei più bei circuiti del mondo, la C37 ottenne ancora un punto grazie al 10° posto di Ericsson, mentre Leclerc fu costretto al ritiro.
Il 2 settembre, in occasione del Grand Prix d’Italia, la F1 sbarcò su di un altro dei circuiti storici del mondo delle competizioni, il circuito di Monza, il terzo circuito permanete più antico del Mondo ed è considerato il tempio della velocità della F1 perché è il tracciato che si percorre alla media più alta.
Per i tifosi italiani era una giornata speciale; Sebastian Vettel sull’asfalto di Spa, aveva sverniciato Hamilton al primo giro, rimanendo in testa dall’inizio alla fine.
Nelle prove le Ferrari di Vettel e Räikkönen conquistarono la prima fila, facendo sognare il popolo ferrarista che sperava in una memorabile doppietta. Tante anche le speranze della Alfa Romeo Sauber, che voleva ben figurare sulla pista di casa, ma che ottenne un triste 17° e 19° posto.
Tuttavia, Ericsson e la sua C37 ebbero il loro breve momento di gloria, e fecero sognare gli alfisti: Dopo il pit stop di Hamilton al 28º giro, Ericsson e la C37 trensitarono davanti alla Mercedes. Lo svedese tenne testa a Hamilton per alcuni giri, poi, al 31° giro, Hamilton lo passò con una frenata al limite alla prima variante.. Alla fine la gara vide il 2° posto della Ferrari di Räikkönen, e una giornata opaca per gli alfisti, che conclusero all’11° e 15° posto con Leclerc e Ericsson.
A Singapore Leclerc ottenne il 9° posto e Ericsson l’11°, mentre nel Grand Prix di Russia i due piloti ottennero rispettivamente il 7° e il 13° posto. In Giappone concluse il solo Ericsson (12°) mentre Leclerc fu costretto al ritiro, risultati che furono confermati anche nel successivo Grand Prix degli Stati Uniti, dove la FIA confermò le date dei Grand Prix per la stagione 2019 e rese pubbliche alcune delle scelte tecniche per il nuovo campionato.
In Messico, la C37 ottenne una nuova dose di linfa vitale e ottenne il 7° posto con Leclerc e il 9° con Ericsson, risultati che migliorarono in Brasile con il 7° e 8° posto ottenuti da Ericsson e Leclerc.
Il 25 novembre, sul circuito di Yas Marina, si disputò la 21a ed ultima prova della stagione. La gara vide il buon 7° posto di Leclerc e l’abbandono di Ericsson a causa della rottura del propulsore. La gara fu vinta da Hamilton con la Mercedes che precedette Vettel con la Ferrari e il giovane olandese Verstappen con la Red Bull. Hamilton precedette Vettel anche nella classifica finale del Campionato Piloti, e la Mercedes vinse il Campionato Costruttori, per la 5a volta consecutiva, precedendo la Ferrari. I nostri beniamini, Leclerc e Ericsson, conclusero al 13° e 17° posto, portando la Alfa Romeo-Sauber all’8° posto del Mondiale Costruttori.
Considerazione sulla stagione
La Sauber fu una delle sorprese del campionato 2018, passando da essere una delle squadre meno competitive a una delle migliori tra le scuderie di centro classifica. Grazie alle prestazioni di Charles Leclerc, che conquistò ben 10 piazzamenti a punti, tra cui quattro 7° posti, ottenne 48 punti che gli consentirono l’8° posto nella classifica costruttori.
Con la collaborazione di Alfa Romeo e Ferrari, aveva preso la strada giusta, anche grazie al fatto di avere avuto a disposizione motori aggiornati e validi collaboratori all’interno del team, come Luca Furbatto capo progettista e Simone Resta direttore tecnico da metà 2018.
Forte dei risultati ottenuti, il team affrontava la stagione 2019 con la consapevolezza di poter ottenere risultati ancora migliori.
A Fine stagione, Charles Leclerc fu premiato dalla FIA come rookie dell'anno in Formula 1, e il suo enorme talento, gli permise di essere ingaggiato in Ferrari per il 2019.
Leclerc, che concluse il campionato con 39 punti, ebbe una stagione meravigliosa e, parlando della C37, la sua prima vettura di F1, disse:
“La C37 è una grande macchina, con cui abbiamo ottenuto risultati impressionanti. La base di partenza della macchina è stata buona quest’anno. Penso che nelle prime tre gare non siamo riusciti a sfruttare appieno il potenziale della vettura. Una volta capito come perfezionare il bilanciamento della vettura abbiamo fatto un enorme passo in avanti, a cui hanno gli aggiornamenti durante la stagione. E’ impressionate il salto rispetto allo scorso anno, basti vedere i risultati. Abbiamo fermato gli aggiornamenti da un bel po’, ma stiamo mantenendo le stesse prestazioni, quindi è decisamente una macchina forte. Non ci aspettavamo di avere un finale di stagione così positivo dopo aver fermato lo sviluppo della vettura. Ritengo che questo abbia permesso di avere più tempo per sviluppare l’auto che correrà il prossimo anno”.
Lo svedese Ericsson, ottenne 9 punti, ma dimostrò di essere un pilota sempre a disposizione della squadra, sacrificandosi spesso per favorire le strategie che favorivano Leclerc.
Ericsson ebbe alcuni momenti di gloria, ottenendo il 9° posto in Bahrain, il 10° posto in Germania e il 9° in Messico, dove resistette agli attacchi di Lewis Hamilton per diversi giri. Lasciò la F1 alla fine stagione, rimanendo pilota di riserva della Sauber e correndo nella IndyCar, categoria in cui prenderà parte anche nel 2024 con una Honda-Dallara del team Andretti Autosport.
Una ultima curiosità, la C37 fu l’ultimo telaio a mantenere la denominazione Sauber. A partire dal 2019, il nome del team di Frederic Vasseur, perse la denominazione Sauber e, dopo una stagione di partnership con il marchio milanese, assunse il nome Alfa Romeo Racing.
2019
2020
2021
2022
2023
...e un'ultima parola sul ritiro dell'Alfa Romeo dalle corse di Formula Uno annunciato da Stellantis nel 2023:
Abu Dhabi,
26 November 2023:
2019
La stagione F1 2019
Il contesto
Il campionato F1 2019 fu caratterizzato da alcune novità regolamentari e da una forte competizione tra Mercedes e Ferrari. Tra le modifiche introdotte, vi furono scelte mirate ad aumentare lo spettacolo offerto dalle auto in gara. Per questo motivo, furono introdotti nuovi standard per le ali anteriori e posteriori, al fine di ridurre la turbolenza aerodinamica e facilitare i sorpassi. Furono inoltre introdotti un nuovo sistema di pesatura delle vetture, che evitava la penalizzazione dei piloti più pesanti, e l’adozione di un nuovo logo per promuovere meglio il campionato.
Per il marchio Alfa Romeo, fu l’inizio di una nuova era, un anno dopo aver avviato la partnership tecnica con Sauber, l'Alfa Romeo aveva acquisito i diritti di denominazione completo del team, che assunse la denominazione ‘Alfa Romeo Racing’. il marchio italiano tornava sulla griglia per la prima volta dal 1985, e la stagione 2019 era ricca di attese per gli appassionati del marchio. Queste attese derivavano dal buon esito del campionato 2018, nonostante la vettura non fosse stata aggiornata negli ultimi Grand Prix, una scelta che aveva consentito di concentrarsi sullo sviluppo della nuova C38. Oltre alla tranquillità delle dichiarazioni della squadra, le aspettative erano cresciute con l’ufficializzazione dei nuovi piloti.
Infatti, l’11 settembre 2018, fu annunciato il ritorno di Kimi Räikkönen alla Sauber per 2 anni a partire dal 2019, seguito, il 25 settembre, dall’annuncio ufficiale che promuoveva Antonio Giovinazzi al rango di pilota titolare. Räikkönen cedeva il suo posto in Ferrari al promettente Charles Leclerc, e ritornava alla Sauber, dove era stato già pilota nel 2001. ‘Iceman’, come era chiamato Kimi per la sua capacità di rimanere totalmente inespressivo davanti a qualsiasi avvenimento, aveva vinto il Campionato Mondiale Piloti F1 nel 2007 con la Ferrari, quindi avrebbe portato una grande esperienza al team e avrebbe sicuramente aiutato Giovinazzi a crescere.
Il giovane pilota italiano, che era stato la terza guida della Sauber e della Ferrari, aveva debuttato in F1 nel 2017, quando condusse in gara la Sauber C36 nei GP di Australia e Cina, sostituendo Pascal Wehrlein, il pilota titolare, che si era infortunato nel corso dei test pre-stagione. Infine, Marcus Ericsson assunse il ruolo di terzo pilota.
All’inizio del Campionato, l’Alfa Romeo Racing si era posta l’obiettivo di migliorare l’8° posto ottenuto dalla Sauber nel 2018, e contava a un miglioramento della competitività, grazie all’arrivo del motore ibrido Ferrari E64, del capo tecnico Simone Resta.
Per quanto riguarda le prestazioni effettive, Raikkonen finì la stagione al 12° posto nella classifica piloti con 43 punti, mentre Giovinazzi ottenne il 17° posto con 14 punti. Risultati che, al di là delle parole di circostanza, lasciò pensare che il team Alfa Romeo Racing non raggiunse completamente gli obiettivi che gli uomini del team si erano proposti.
Più in generale, dobbiamo ricordare che il Campionato mondiale di Formula 1 2019, organizzato dalla FIA, fu la 70ª stagione ad assegnare il campionato piloti e la 62a ad assegnare il campionato costruttori.
Il campionato iniziò il 17 marzo 2019 e si è concluse il 1º dicembre, dopo ventuno gare.
Il campionato vide, ancora una volta, un duello tra la Mercedes e la Ferrarri, e vide Lewis Hamilton aggiudicarsi per la sesta volta il titolo piloti, mentre la Mercedes vinse il suo sesto titolo costruttori consecutivo. Questo ha permisi alla scuderia tedesca di eguagliare il primato detenuto dalla Ferrari del periodo 1999 - 2004. Inoltre, Hamilton ha stabilì nuovamente il record del maggior numero di punti conquistati in una stagione (413), battendo quello dell’anno precedente.
La Alfa Romeo Racing C38
Il 14 febbraio l’Alfa Romeo Racing C38 fece o shakedown, percorrendo con Kimi Raikkonen qualche giro sulla pista di Fiorano di proprietà della Ferrari.
Per l’occasione, la monoposto sfoggiava una livrea ad hoc: una base nera con piccoli triangoli in rosso, all’interno dei quali era racchiuso il quadrifoglio, simbolo distintivo delle auto da corsa della Casa del Biscione. I cuori erano un omaggio alla giornata dedicata a San Valentino
Al termine dei test, Kimi disse alla stampa:
"Abbiamo avuto una buona sessione in pista. a vettura si è comportata bene e ho potuto avere una prima impressione della vettura che utilizzeremo in questa stagione. Lavoreremo sugli ultimi dettagli e poi andremo a Barcellona per due settimane di test. Non vedo l'ora di conoscere la meglio la macchina lì."
Qualche giorno dopo, il 18 febbraio 2019, mentre si stavano svolgendo i test prestagionali sul Circuit de Barcelona-Catalunya, la C38 fece la sua apparizione ufficiale in pubblico.
La vettura fu presentata alle 8.30, esattamente 30 minuti prima che le vetture di F1 scendessero in pista per la prima volta nel 2019.
La presentazione prese il via con la dichiarazione del relatore che sottolineava che le novità erano tante e più precisamente, erano:
Nuovo nome: l'Alfa Romeo Sauber F1 Team è diventato Alfa Romeo Racing. Struttura, proprietà e gestione rimangono gli stessi, cambia il nome.
Nuovi piloti: Kimi Räikkönen, noto come ‘Iceman’, e Antonio Giovinazzi, soprannominato ‘Giovi’, grazie al Title Sponsor Alfa Romeo, avranno l’opportunità di guidare rispettivamente la Stelvio, con n° di gara 7, e la Giulia con il n° 99.
Nuova livrea: già inedita nel 2018, questa livrea è ancora più eccitante, perché combina i colori classici del tradizionale team Sauber (bianco e blu) all'iconico rosso, simbolo di uno dei marchi più storici del mondo delle corse, Alfa Romeo.
Nuovi sponsor: ultimamente, con comunicati stampa in rampa di lancio per i nuovi partner, il reparto Marketing sembrava un hub aeroportuale in continuo movimento.
Dopo una breve descrizione sulle caratteristiche tecniche della vettura, lo speaker sottolineò come il Team Principal Frédéric Vasseur, il Direttore tecnico Simone Resta, e tutto i personale si fosse adoperato nei mesi invernali per dare il massimo e che tutti, proprio tutti, non vedevano l'ora di avere la possibilità di dimostrare il potenziale in pista e di essere sicuri i poter ottenere risultati importanti.
Frédéric Vasseur, Team Principal Alfa Romeo Racing e Amministratore delegato Sauber Motorsport AG, si disse orgogliosodi presentare l'Alfa Romeo Racing C38 dichirando;”…una vettura che è il risultato del grande lavoro svolto da ogni membro del nostro team, sia in Svizzera che in pista. La nuova livrea esalta le caratteristiche dello scorso anno in maniera più decisa e audace”. Concluse dicendo che il team si aspettava grandi progressi e mirava a ottenere grandi risultati.
Simone Resta, Direttore tecnico Alfa Romeo Racing dichiarò: "Da quando sono entrato a far parte del team, lo scorso anno, ho visto una crescita continua su tutti i fronti e sono davvero felice di vedere il risultato del duro lavoro svolto questo inverno che ha portato alla nuova Alfa Romeo Racing C38. Ci siamo prefissati obiettivi ambiziosi per questa stagione, che vede un cambiamento significativo dei regolamenti, soprattutto per quanto riguarda l'aerodinamica, e siamo curiosi di ricevere il loro feedback nelle prossime due settimane di test, in preparazione del primo Gran Premio di Melbourne".
In fine Räikkönen e Giovinazzi si dissero impazienti di testare la vettura in pista.
Tra le curiosità relative alla monoposto, segnaliamo che la C38 fu l’ultima F1 a comparire con la livrea definitiva per affrontare la stagione, ma una delle prime vetture a scendere in pista per il filming day, quasi a sottolineare la grande la voglia del team a confrontarsi in pista.
Tecnicamente la C38 era la naturale evoluzione della C37, e ne rappresentava un ulteriore sviluppo. Sfruttava un telaio in materiale composito a nido d’ape con fibra di carbonio. La sospensione anteriore era composta da doppi bracci oscillanti, con unità molle e ammortizzatori interni azionati da tiranti; la sospensione posteriore era del tipo multilink, con elementi molle e ammortizzatori interni azionati da tiranti.
Il cuore meccanico della vettura era il propulsore Ferrari tipo 064 EVO V6 90°, con una cilindrata di 1,6 litri ottenuta con misure di alesaggio e corsa di 80 x 53 mm. Il propulsore, montato centralmente, era dotato di un turbocompressore e di un motore elettrico da 120 kW. Il propulsore aveva un regime di rotazione di 15mila giri La potenza era trasmessa alle ruote posteriore tramite un cambio sequenziale a otto marce Ferrari con comandi al volante. Una ultima curiosità, la vettura, come sottolineava la scritta Sauber Engineering presente sulla fiancata, era nata ad Hinwil, ma montava la power unit Ferrari, ed era il frutto delle idee di molti tecnici italiani, a partire da Simone Resta e Luca Furbatto.
I primi test
Dal 18 al 21 febbraio, e successivamente dal 25 febbraio al 1 marzo 2019, sul circuito Circuit de Catalunya-Barcelona, si svolsero due settimane di test prestagionali in vista di una stagione che prometteva grande bagarre in pista. Come spesso capita, per lo meno nei test collettivi, le prestazioni delle vetture e dei piloti lasciarono adito all’interpretazione e, davanti ai risultati della Ferrari, con Vettel ‘campione d’inverno’ che segnò il miglior tempo e Leclers che ottenne il terzo tempo, si inserì Hamilton con il 2° tempo. Parte della stampa internazionale sostenne che probabilmente la Mercedes non aveva voluto scoprire le carte prima del campionato, e che Hamilton si fosse in realtà trattenuto.
Relativamente alla Alfa Romeo Racing C38, dobbiamo ricordare che, nella prima settimana di prove, si comportò in modo impressionante. Nella prima giornata di prove, Giovinazzi fece il suo debutto in pista sulla C38 e concluse 100 tornate. Pur senza cercare la prestazione, ottenne il 5° tempo. Al termine della giornata era visibilmente soddisfatto e dichiarò:
“Credo che all'inizio della giornata fossi un po' da rodare anche io, ma è stato un giorno positivo... Rispetto alla macchina dello scorso anno è stato fatto un grande miglioramentodirei. È sicuramente è una macchina che è nata bene."
Nella seconda settimana di test, le performance della vettura sembrarono essere diminuite, e Raikkonen e Giovinazzi ottennero rispettivamente il 13° e 16° tempo.
Durante i primi giri di pista, Kimi ebbe un piccolo incidente, uscendo di pista alla curva 5. Tuttavia la vettura fu velocemente riparata e continuò a partecipare ai test.
Nonostante i primi test si siano rivelati più impegnativi del previsto, l’ottimismo inarrestabile dei piloti e dei tecnici non subì contraccolpi. Il team, con una determinazione incrollabile, era certo di poter superare le prestazioni della stagione precedente.
Il campionato 2019
Con l’alba del 17 marzo 2019, il mondo delle corse automobilistiche si preparava a vivere un campionato di Formula 1 senza precedenti. Quel giorno segnava non solo l’inizio di una nuova stagione di gare mozzafiato, ma coincideva anche con due anniversari di rilevanza storica: la celebrazione dei 70 anni dalla nascita del primo Campionato di Formula 1, un evento che ha segnato una svolta epocale nel mondo delle corse, e il 90° anniversario dalla fondazione della Scuderia Ferrari, un marchio che ha scritto pagine indimenticabili nella storia della Formula 1. Questa doppia celebrazione infuse nell’edizione 2019 del campionato un fascino unico, creando un perfetto connubio tra la gloriosa tradizione del passato e l’innovazione costante del presente.
Per l’Alfa Romeo Racing C38, era arrivato il momento cruciale di verificare se le decisioni prese durante le prove avrebbero portato a risultati positivi in una vera situazione di gara. Nella 1a giornata di prove ufficiali, la C38 ottenne il 9° e 14° tempo con Räikkönen e Giovinazzi, questo non soddisfaceva completamente il team, un sentimento che divenne ancora più evidente quando, rivolgendosi alla stampa, Räikkönen disse:
“Sono un po’ deluso… Ora affrontiamo le prime due curve della gara senza incidenti e poi ripartiamo da lì…”.
Giovinazzi, che nelle prove libere aveva ottenuto il 3° tempo, aggiunse:
”Le qualifiche non sono andate bene, ma abbiamo una buona macchina e un buon passo gara e domani avremo la possibilità di lottare per i punti in gara…”.
Il giorno della gara, Bottas e Hamilton, entrambi alla guida di una Mercedes, dominarono la competizione, segnando l’inizio di un’era di dominio per la Casa della ‘Stella’, che si consolidò poi con una serie impressionante di vittorie nell’arco del campionato.
Per la Alfa Romeo C38, la gara fu positiva. Dopo un lungo periodo di astinenza che proseguiva dal lontano 1984, quando la 184T e Riccardo Patrese ottennero il 6° posto al Grand Prix d’Europa, l’Alfa Romeo tornò in zona punti grazie all’8° posto conquistato da Kimi e la sua ‘Giulia’. Mentre ‘Giovi’ condusse la sua ‘Stelvio’ al 15° posto.
Nel corso delle dichiarazioni post gara, il team si dimostrò soddisfatto del risultato e espresse fiducia sulla possibilità di migliorare. Il Team Principal, Frédéric Vasseur, disse:
‘Torniamo a casa con 4 punti, il che è positivo. Iniziare la stagione con una vettura tra le prime dieci è certamente un buon risultato’.
Entrambi i piloti si dissero soddisfatti della vettura e di essere impazienti di tornare in gara in Bahrain.
A partire dal Grand Prix del Bahrain, iniziò una lotta interna al Team Mercedes, i cui piloti gareggiarono praticamente senza grandi avversari. Hamilton vinse i successivi 6 Grand Prix e la serie consecutiva di vittorie si interruppe al Grand Prix d’Austria, quando Verstappen e la sua Red Bull-Honda si aggiudicarono la vittoria.
Nelle prove del del Grand Premio della Cina, Giovinazzi non riuscì ad ottenere un tempo valido per la qualificazione a causa di problemi alla power-unit. Su richiesta del team fu autorizzato a prendere il via della corsa dai commissari.
Le gare si susseguirono velocemente e, dopo il 7° posto in Bahrein, Kimmi ottenne come miglior risultato il 7° posto nel Grand Prix del e Grand Prix di Francia, mentre ‘Giovi’ ottenne risultati da centro classifica, con il 10° posto come miglior risultato in occasione del Grand Prix d’Austria.
Tra le gare più impegnative affrontate dalla C38 ricordiamo il Grand Prix di Monaco, dove Kimi e Antonio conclusero rispettivamente al 17° e 19° posto. Nella seconda parte del campionato, Kimi accusò due pesanti ritiri e una ‘boccata di aria fresca’ con il 4° posto nel Grand Prix del Brasile, dove precedette il compagno di squadra Giovinazzi. Per l’occasione, Frédéric Vasseur, Team Principal Alfa Romeo Racing e CEO Sauber Motorsport AG disse:
"Possiamo essere davvero felici e orgogliosi di questo risultato. Portare due vetture a punti appena fuori dal podio è la ricompensa per il duro lavoro di tutti i membri del team. Non abbiamo abbassato la testa nelle gare in cui siamo stati sfortunati e ora possiamo festeggiare il nostro miglior risultato stagionale”.
Kimi dichiarò:
“… è bello poter finalmente festeggiare il nostro miglior risultato della stagione come squadra. È stata una giornata positiva e finalmente siamo riusciti ad ottenere il risultato per cui abbiamo lavorato così duramente”.
‘Giovi’ dichiarò:
“Sono molto, molto felice oggi, sia per me che per la squadra. Che bella gara, è stato un modo fantastico per festeggiare il mio contratto per il prossimo anno con due vetture a punti”.
Il campionato si concluse con il Grand Prix di Abu Dhabi, ma per la C38 fu una ultima gara con risultati da metà classifica, con il 13° posto di Kimi e il 16° di Antonio.
Frédéric Vasseur dichiarò:
“Concludiamo questa stagione con una gara impegnativa, ma non lasceremo che questo metta in ombra il buon lavoro che abbiamo fatto quest’anno”.
Kimi disse:
“Oggi abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare…”, mentre Antonio aggiunse: “Abbiamo lottato per ottenere un buon risultato oggi, ma non siamo riusciti a finire la stagione in zona punti…”.
Considerazioni sulla stagione
La stagione 2019 di Formula 1, che visse 21 Grand Prix dal 17 marzo al 1° dicembre, fu dominata dallo strapotere della Mercedes e dal talento del suo pilota di punta, Lewis Hamilton. Hamilton conquistò il suo 6° titolo mondiale (e terzo consecutivo), mentre la scuderia tedesca Mercedes ottenne il 6° titolo consecutivo nel mondiale costruttori, grazie a 15 vittorie, di cui dieci consecutive, con ben 11 vittorie di Hamilton e 4 di Bottas.
Agli altri contendenti ‘rimasero le briciole’: Verstappen, con la Red Bull Racing-Honda, si aggiudicò 3 Grand Prix, mentre i ferraristi Leclerc e Vettel, con la Ferrari F90, vinsero rispettivamente 2 e 1 Grand Prix.
Nella seconda metà della stagione, la Ferrari dominò le cronache con una serie di pole e vittorie da Spa in poi. Il team Mercedes di Toto Wolff perse quasi mezzo secondo in qualifica rispetto alla Ferrari e quasi tre decimi rispetto alla Red Bull, che utilizzava una Power-Unit Ferrari. Questa perdita di competitività della Mercedes scatenò una serie di polemiche che portarono la FIA a indagare sulla regolarità della power-unit Ferrari. Polemiche che continuarono anche dopo la conclusione del campionato.
Per quanto riguarda la Alfa Romeo Racing, nonostante la Alfa Romeo-Sauber fosse stata una delle sorprese del campionato 2018, la stagione 2019 non fu un gran passo in avanti. Tuttavia, al termine del campionato, Frédéric Vasseur dichiarò:
“…possiamo guardare indietro a una stagione in cui abbiamo ottenuto più punti rispetto al 2018 e abbiamo fatto passi da gigante in termini di prestazioni.”
Kimi, in un’intervista, disse:
“… Abbiamo imparato molto da questa partita e possiamo usarla per migliorare per il prossimo anno. È impossibile indovinare dove saremo, ma vogliamo tornare più forti. Abbiamo fatto dei passi avanti in questa stagione, ma vogliamo di più”.
Giovinazzi, che concluse la sua prima stagione completa in F1, dichiarò:
“…E’ stata una stagione in cui ho imparato molto: tutto mi aiuterà quando tornerò sulla linea di partenza a Melbourne. Sono contento di come sono migliorato durante l’anno, possiamo migliorare e faremo del nostro meglio per avere una stagione ancora migliore nel 2020”.
Analizzando la stagione con gli occhi di un appassionato Alfa Romeo, la stagione non fu in realtà così coinvolgente. Dopo un buon inizio di stagione, che vide il ritorno della Alfa Romeo in zona punti, il team ottenne prestazioni mediocri, con qualche miglioramento occasionale (in Brasile). Complessivamente fu una stagione discreta, con la sensazione che fosse necessaria una gestione migliore, e più di attenzione nelle strategie ai box.
Ma, si sa, i numeri che rimangono scritti sugli annali riportano il medesimo 8° posto nella classifica costruttori ottenuto nella stagione precedente. Il risultato fu ottenuto con 57 punti anziché i 48 ottenuti nel 2018, ma la Alfa Romeo Racing rimaneva una vettura da centro classifica, e era migliorata più della concorrenza. In definitiva, per gli appassionati, il nome Alfa Romeo, meritava e doveva dare di più.
Relativamente ai piloti, possiamo affermare che l’esperienza e il lo stile di guida di Raikkonen furono essenziali e gli permisero di accumulare punti. Nella seconda parte della stagione, il calo di competitività della vettura lo costrinse a risultati mediocri, escludendo il buon 4° posto ottenuto in Brasile. Tuttavia il finlandese in ogni occasione si dimostrò motivato e pronto a lottare.
Per quanto riguarda Giovinazzi, ebbe una stagione in progressione; ai risultati insufficienti ottenuti nella prima parte della stagione, si sommarono risultati più positivi nella seconda parte della stagione, quando riuscì a mantenere il ritmo di Raikkonen. Per gli amanti delle statistiche segnaliamo che il telaio meno usato in gara fu lo ‘01’, che prese parte a due Grand Prix (Ungheria con Kimi e Belgio con ‘Giovi’). Il telaio più utilizzato fu lo 04 che prese parte a 15 Grand Prix (6 con Kimi e 9 con Giovinazzi). Il telaio 06 fu l’unico a essere portato in gara esclusivamente da Raikkonen, che lo usò in 7 occasioni.
2021
2022
2023
Si conclude in occasione del Gran Premio di Abu Dhabi la cooperazione commerciale tra Alfa Romeo e Sauber Motorsport in F1 iniziata nel 2018.
Le sei stagioni in F1 hanno contribuito al rilancio dell’immagine del marchio Alfa Romeo e alla divulgazione della sua avanguardia tecnologica.
È con grande emozione e riconoscenza che il marchio chiude dunque un altro capitolo di storia sportiva nel motorsport, da sempre nel DNA del Brand.
Si conclude in occasione del Gran Premio di Abu Dhabi il sodalizio tra Alfa Romeo e Sauber Motorsport in Formula1.
Nel 2018 Dopo oltre 30 anni di assenza, Alfa Romeo tornava con impeto ai massimi livelli del motorsport con una partnership strategica, commerciale e tecnologica. 6 anni di proficua ed appassionata collaborazione tra 2 realtà, Alfa Romeo e Sauber Motorsport, vere protagoniste nella storia della Formula 1.
È tempo di ringraziare tutti coloro che hanno condiviso con Alfa Romeo questi anni indimenticabili. Un pensiero speciale a Sergio Marchionne, che ha fortemente voluto questo binomio, e che ha supportato con determinazione la partnership nel 2018.
Un ringraziamento immenso ai piloti, in ordine temporale: Charles Leclerc, Marcus Ericsson, Antonio Giovinazzi, Kimi Räikkönen, Zhou Guanyu e Valtteri Bottas che in questi 6 anni hanno lottato per la squadra.
Un sentito ringraziamento e plauso all’intero Team Sauber, a partire da Finn Rausing, Frédéric Vasseur prima, Alessandro Alunni Bravi e Andreas Seidl poi, per la costante, appassionata e professionale collaborazione.
Un caloroso grazie a tutti i partners del team che hanno sostenuto la squadra. In primis a Ferrari per la fornitura delle power units. Inoltre, una menzione ed un forte ringraziamento a quei partners legati ad Alfa Romeo: Adler, Ferrari Trento, Marelli, Sabelt e Web Eyewear. Congratulazioni a Pirelli, fornitore dei pneumatici, per il suo prezioso contributo.
Un sincero grazie alla FIA e al presidente Ben Sulayem per il supporto. Un plauso a F1 e al CEO Stefano Domenicali per quello che stanno facendo per questo sport, continuando a calamitare con dedizione sul mondo delle corse l’attenzione di milioni di appassionati, e per la costante disponibilità verso Alfa Romeo.
Il grazie più sentito va a tutti i sostenitori e fans della meravigliosa TRIBE Alfa Romeo che dal 1910 supportano con passione viscerale il marchio, simbolo nel mondo di Nobile Sportività Italiana. Un sentito ringraziamento a tutti gli appassionati giornalisti, addetti ai lavori e specialisti della comunicazione.
Infine, un augurio ai nostri competitor per un futuro ricco di grandi successi sportivi.
Jean Philippe Imparato – CEO Alfa Romeo:
“Alla fine di queste sei stagioni è tempo di bilanci. Per Alfa Romeo questa avventura in F1 ha rappresentato una vetrina internazionale di livello assoluto, oltre ad essere stata una esperienza umana e sportiva profonda che ha supportato lo sviluppo dei nostri prodotti con un eccellente ritorno sugli investimenti, offrendo una potente piattaforma di marketing strategico in tutto il mondo per Alfa Romeo. I benefici in termini di visibilità rappresentano un benchmark per tutto il gruppo Stellantis. Alfa Romeo ha la competizione nel proprio DNA e tornerà ad appassionare i propri tifosi il prima possibile, quando ci saranno le giuste condizioni.”
In occasione del Gran Premio di Abu Dhabi, la C43 scende in pista con Il numero 6 presente e ricorrente su tutta la livrea della monoposto per celebrare i 6 anni di partnership con il marchio Sauber. Inoltre, l’espressione “Alfa Romeo nei nostri cuori” trova posto sulla livrea, come tributo che il team Sauber ha voluto dedicare al marchio ed alla sua squadra.
Cristiano Fiorio – Alfa Romeo Strategic Projects:
“Innovare, stupire, creare emozioni non soltanto con i risultati sportivi ma con ingegno e creatività, sempre portando con orgoglio la bandiera italiana. Questo è il sunto di questi anni meravigliosi passati con Sauber Motorsport in Formula 1. Uno straordinario spirito di team ha unito gli uomini di Alfa Romeo F1 Team Stake, di Alfa Romeo e del Centro Stile in un'unica grande squadra capace di ispirarsi al passato per affrontare con audacia le sfide del futuro. Questo spirito ha dato vita alla più grande operazione di marketing di Alfa Romeo degli ultimi anni. Non posso che essere straordinariamente soddisfatto di ciò che abbiamo realizzato insieme. Grazie a tutti ed arrivederci!”
Ma non solo, i 6 anni di collaborazione con il team Sauber Motorsport hanno significato molto di più ed i benefici della partnership vanno ben oltre i risultati in gara. La Formula 1 infatti è un laboratorio del cambiamento per eccellenza, pionieristica nella strategia dell’ibrido, all’avanguardia della tecnologia sostenibile e alla ricerca continua dell’efficienza. Il know-how tecnico specifico di Sauber Technology e la continua ricerca tecnologica hanno assunto un ruolo strategico di grande rilievo in molti progetti Alfa Romeo.
Per citarne una su tutti GIULIA GTA e GTAm: risultato di un’intensa sinergia nello sviluppo dei componenti in carbonio con un impatto aerodinamico, l’icona Alfa Romeo ha beneficiato delle competenze acquisite da Sauber in più di 50 anni ai massimi livelli degli sport motoristici.
Alfa Romeo ed il motorsport.
Alfa Romeo è sinonimo di corse e prestigio tecnologico in tutto il mondo. Regina indiscussa dei Grand Prix d'Anteguerra (nel 1925 la Grand Prix Tipo P2 aveva dominato il primo Campionato del Mondo), Alfa Romeo ha preso parte alla Formula 1, sia come costruttore che come fornitore di motori. Già al suo debutto nel 1950 e nel 1951, Alfa Romeo vinse il primo Campionato mondiale piloti con Nino Farina e Juan Manuel Fangio. Dal 1976 al 1979 Alfa Romeo ha partecipato come fornitore di motori. Dopo essere tornata nel 1979 come costruttore, Alfa Romeo si è classificata al sesto posto come miglior risultato nel campionato costruttori nel 1983. La società si è successivamente ritirata dalla Formula 1 nel 1985 come team.
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