33 Stradale
Vladimir Pajevic
Premiato - "Premiazione dei Campioni Alfa Romeo 2016" Scuderia del Portello
Copyright Robert B. Little 2016
Base della 33 stradale era il telaio della 33 da competizione (105.33 Fléron).
Avveniristico telaio di chiara ispirazione aeronautica, composto da due grossi tubi in magnesio rivettato (20 cm di diametro) collegati insieme trasversalmente a forma di “H” irregolare.
I due tubi laterali fungevano da serbatoi per il combustibile per cui la stabilità dell'auto non variava in funzione del livello del combustibile nei serbatoi.
Due sub-strutture realizzate in Electron erano state fissate alle estremità del telaio. Quella anteriore, fusa d’un pezzo, ospitava le sospensioni, scatola sterzo e la pedaliera, mentre la struttura che portava il gruppo motore-cambio, era composta da due bracci tubolari che erano fissati direttamente ai tubi del telaio.
La parte centrale in magnesio è stata prodotta dalla piccola fabbrica Aeronautica Sicula di Palermo, mentre le strutture in Electron furono maestramene fuse dalla Campagnolo di Vicenza.
Luraghi (all'epoca Amministratore Delegato di Alfa Romeo), entusiasta del successo, ottenuto alla prima apparizione della vettura da lui così a lungo desiderata, voleva ad ogni costo realizzare una piccola serie di Gran Turismo, basate sul progetto della T-33, per consolidare l’immagine del marchio e ritagliare il posto d’onore fra le “Dream car” che dominavano le fiere dell’automobile.
Era di nuovo Ing. Chiti “il mago incaricato” a realizzare anche questo sogno.
Ing. Chiti poi, da parte sua, scelse Franco Scaglione, un altro indiscusso genio italiano capace di creare le più belle carrozzerie al mondo. Scaglione, rampollo della vecchia nobiltà toscana, uomo estroverto e di indubbio fascino, era considerato un arbitro nel campo del design (non solo dell’automobile), ed alcune sue creazioni, già erano contemplate come opere d’arte.
Osservando alcuni dei suoi disegni preliminari, Luraghi scelse uno di rara bellezza, e disse semplicemente:
“Facciamo questa”.
Scaglione, noto per la sua scarsa attitudine ai compromessi, ed il suo quasi maniacale bisogno di trasmutare ogni oggetto in un’opera d’arte, chiese ed ottenne la assoluta libertà nel creare la vettura. La sua idea guida era di rispettare al massimo le proprietà della T-33 in un “abito” creato intorno alla sua anima corsaiola.
Questo chiedeva anche Luraghi che indicava la differenza di appena 5% come soglia massima rispetto alle prestazioni della versione da pista.
Il telaio destinato ad ospitare la versione stradale fu leggermente modificato; i tubi della parte centrale invece del magnesio furono realizzati in lamiera d’acciaio e allungati di 10 cm (e di conseguenza il passo della macchina) per assicurare un po’ più spazio nel cockpit, mentre i sub telai anteriore e posteriore erano fatti in alluminio rinforzato con parti d’acciaio, per aumentarne la robustezza della struttura.
Anche così, il telaio non differiva molto dalla versione da corsa, cosi come gli altri organi meccanici erano di chiara estrazione corsaiola. Il motore, depotenziato a 230 CV a 8.800 giri, segnava il limite rosso a 10.000 giri/min, e la compressione era scesa a 10.0:1.
Il sistema di iniezione meccanica era italiano, prodotto dalla SPICA, e l’accensione assicurata dal doppio spinterogeno e quattro bobine, rigorosamente Marelli.
L'angusto spazio del cockpit aveva indubbio fascino delle macchine da corsa e nel suo rigore spartano, comunque offriva quel minimo di comfort richiesto. Il problema maggiore del progetto di Scaglione era l’altezza della vettura che da terra arrivava ad appena 99 cm, richiedendo le doti acrobatiche per accedere al posto di guida.
Scaglione, offrì la soluzione inedita con l’apertura delle porte, che comprendevano anche la parte del tetto, in senso verticale. Già esotica nel design, la T-33 Stradale con le porte aperte, assumeva la forma di un oggetto prestato dal futuro.
Chiti e Scaglione erano concordi di produrre il prototipo della vettura negli spazi dell’Autodelta, e per questo scopo fu allestito un piccolo laboratorio nell’officina dove si assemblavano motori da corsa.
La partenza del progetto non fu fra le più fortunate. Scarseggiava il personale qualificato in grado di lavorare lega Peraluman H350 scelta per produrre la carrozzeria, e Scaglione fu costretto a fare “prestito” dei batti lamiera dalle officine Zagato, e sovraintendere ai lavori viaggiando quotidianamente da Torino a Settimo Milanese.
Spesso era coinvolto in aiuti diretti vista la sua profonda conoscenza dei processi lavorativi con materiali nuovi. Era un compito arduo e due uomini così speciali, così grandi e geniali nei propri campi di competenza, non potevano coesistere facilmente in un progetto così insolito.
Ing. Chiti, assorbito dal suo mondo delle corse lasciava sempre più al povero Scaglione la ricerca delle soluzioni più svariate ai problemi che nascevano ogni giorno in realizzazione del prototipo della T-33. Lui disperato, scriveva e spediva, ovviamente senza la risposta, le lettere di protesta a tutti gli indirizzi pertinenti, ma continuava con innata testardaggine toscana a portare avanti il proprio lavoro.
Anni più tardi, ricordando la permanenza a Settimo Milanese, descriverà quei giorni come ”la parte peggiore della sua vita professionale”. Nel giro di pochi mesi, da gennaio al settembre 1967 il prototipo, quasi certamente realizzato in alluminio e non in Peraluman, fu definito in ogni particolare e presentato al pubblico in occasione della Mostra delle Automobili Sportive a Monza.
Poche rifiniture e i test rimanenti furono svolti in seguito nella pista di Balocco, ed in occasione del Salone dell’Automobile di Torino, la T-33 Stradale fu presentata ufficialmente in pompa magna come assoluta diva dell’evento.
Lo shock che produsse la incredibile creazione di Scaglion in quell’occasione fu enorme, somma del suo aspetto di inedita e futuristica bellezza, la qualità delle prestazioni che offriva ed il suo prezzo che era fra i più alti di tutti i listini a livello planetario.
Raccolti gli allori, Scaglione ritornò a Torino lasciando per sempre Autodelta e Settimo Milanese. Dopo alcuni tentativi di creare la propria struttura dedicata al design coronati dall’insuccesso e la perdita di tutti suoi capitali investiti, mori nella natia Toscana 1993, corroso dal cancro dei polmoni e quasi dimenticato.
Sebbene il prezzo della T-33 fosse considerato astronomico, tutte le vetture prodotte furono vendute quasi immediatamente, e non è stato certamente il costo a decretare la fine prematura della produzione.
I venti ai vertici dell’Alfa erano cambiati ed il numero previsto di 50 vetture, ormai era irrealizzabile. Intenzione di produrre una sportiva di alta fascia era orientata alla molto più classica versione a motore anteriore, battezzata Montreal, che fece la sua apparizione nello stand dell’Alfa Romeo all’Esposizione Universale di Montreal nel 1967, e dopo lunghissimo periodo di gestione e anni di incertezze, entrò in produzione nel 1970.
Montreal era una macchina bella e seria, ma lontanissima dalla Stradale a livello di prestazioni ed anche di immagine. Quando si è affacciata al mercato, era già obsoleta ed incapace a resistere alle “piccole ed economiche” Maserati Merak, Ferrari Dino e Lamborghini Urraco. La storia della T-33 Stradale era decisamente portata alla fine prima del dovuto.
La versione stradale si differenzia dalla versione da corsa anche per il codice che nella sequenza degli ultimi tre numeri inizia con 1. Così, codice produttivo della T33 Stradale parte dal 750.33.101, per tutte le vetture prodotte dalla Carrozzeria Marazzi su disegno di Scaglione.
Il prototipo assemblato all’Autodelta portava il numero 105.33.01 ed è stato quasi sicuramente battuto in alluminio, e non in Peraluman H350, usato per tutte le vetture assemblate da Marazzi.
Questa vettura è stata venduta alla collezione Giapponese nota come Galleria Abarth, e al suo posto è stata esposta la seconda vettura prodotta a Settimo Milanese, in versione con quattro fari, quasi identica al telaio 105.33.01, ma con il VIN 105.33.12, che si può ammirare oggi al Museo Storico.
Il modello Stradale è rimasto in produzione dal 1967 fino al 1969 e realizzato in 11 (13?) esemplari, tutti assemblati dalla Carrozzeria Marazzi di Saronno.
Gli interni delle vetture sono stati eseguiti seguendo le indicazioni dei proprietari, e perciò non esistono due esemplari identici. Sono note solo due vetture con quattro fari nella parte frontale (il prototipo della Galleria Abarth in Giappone, ed il prototipo del Museo Storico di Arese), mentre tutte le altre sono prodotte come versione a due fari per corrispondere alle richieste del Codice della Strada italiano, e con le piccole differenze nei dettagli e allestimento degli interni.
La scheda tecnica della Stradale e la disposizione degli organi meccanici e identica al modello da corsa, con le seguenti differenze:
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Compressione 10.1:1, iniezione indiretta meccanica SPICA.
Potenza 230CV a 8,800 giri/min.
Telaio in acciaio e alluminio.
Carrozzeria in Peraluman H350
Ruote anteriori Campagnolo 8x13, gomme Dunlop 4.75/10x13, posteriori Campagnolo 9x13, gomme Dunlop 6.00/12x13.
Passo 2,350 mm, carreggiata anteriore 1,350 mm, carreggiata posteriore 1,445 mm, lunghezza 3,970 mm, larghezza 1,710 mm, altezza 990 mm, peso 572 kg.
La velocità massima dichiarata dalla fabbrica era 280 km/h e accelerazione 0-100 in 5,5 sec.
Elenco delle T33 Stradale non è mai stato compilato con certezza. Dai 18 telai prodotti all’Autodelta alcuni sono stati adoperati per avveniristiche vetture destinate a segnare capitoli importanti nella storia del design dell’automobile.
Questi esercizi di stile eseguiti dai maestri carrozzieri italiani, oggi fanno parte (con eccezione della Speciale Roadster creato da Paolo Martin per Pininfarina e poi smantellato) della collezione del Museo Alfa Romeo ad Arese.
Alcuni numeri del telaio che sono elencati come prodotti non risultano nella rassegna delle vetture conosciute ed è possibile che queste automobili non siano mai state assemblate da Marazzi, date agli studi del design o adoperati ufficialmente per altri scopi.
Questo elenco che proponiamo è nato in base agli esami incrociati ed è possibile che ci siano degli errori nel suo contenuto.
Nel crearlo, abbiamo preso in considerazione recenti risultati delle autonome ricerche di entusiasti Lars Thorsen e Chanh Le Huy che hanno confermato o chiarito alcune voci dell’elenco.
La T33 Stradale è un coupé a due posti secchi, disegnata da Franco Scaglione e prodotta dall’Autodelta per Alfa Romeo dal 1967 fino al 1969, quando l’assemblaggio delle vetture alla carrozzeria Marazzi fu ufficialmente terminato.
Negli stabilimenti dell’Autodelta a Settimo Milanese è stato prodotto integralmente il primo prototipo della Stradale nel 1967 con il numero del telaio 105.33.01 è parzialmente anche il secondo con il numero del telaio 105.33.12 (finito poi alla Carrozzeria Marazzi nel 1968), e queste due vetture sono state create sotto diretto controllo di Franco Scaglione.
Per le loro carrozzerie è stato usato alluminio a posto della lega Peraluman H33, prevista per la produzione di serie. Lastrature in alluminio sono state fornite dalla firma Saracino e Lingua da Druento, e la scelta del alluminio e stata dettata dalla richiesta di maggiore malleabilità, necessaria nell’elaborazione dei prototipi.
Queste due vetture rispecchiano fedelmente il disegno originale di Scaglione, in quanto hanno quattro parabole carenate nella parte anteriore, ridotte a due nel modello produttivo per rispondere alle richieste del vigente codice della strada.
La rimanente produzione nota (11 numeri dei telai) è stata effettuata dalla Carrozzeria Marazzi di Caronno Petrusella, e le vetture sono state rivestite con le carrozzerie in Peraluman H33, ed assemblate a mano spesso secondo precise richieste degli acquirenti, così che sono spesso diverse una dall’altra. Tutte sono state prodotte in colore rosso Alfa 501, con eccezione della vettura 750.33.111 verniciata in blu secondo la precisa richiesta dell’acquirente conte Corrado Agusta.
Questo è l’elenco aggiornato nel 2017, delle T33 Stradale conosciute. Bisogna tenere presente il fatto che una lista ufficiale dell’Autodelta o Marazzi non è sopravvissuta o non è mai esistita, e perciò, questo elenco rimane aperto per ogni possibile correzione.
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#105.33.01 : Il primo prototipo prodotto sotto supervisione di Franco Scaglione nel 1967, esposto nelle maggiori mostre automobilistiche dell’epoca e venduto alla Galleria Abarth di Osaka (Giappone), dove si trova tutt’oggi.
. #105.33.12 : Il secondo prototipo iniziato su richiesta del CEO dell’Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi, con intenzione di schierarlo in occasione della corsa di Le Mans. Abbandonata l’idea, è stato finito solo in 1968 alla Marazzi. Diversa in alcuni dettagli dal primo prototipo (tergicristalli portato in basso, aperture sui parafanghi). E’ la vettura che oggi si trova nel Museo Alfa Romeo ad Arese.
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#750.33.101 : La prima vettura a due parabole prodotta alla Marazzi con la carrozzeria in Peraluman H33, con la quale inizia la produzione di serie. Il primo acquirente è stato Americano Henry Wessels III. Ulteriori proprietary sono stati Kirk White, poi un proprietario sconosciuto di Philadelphia, e in seguito Mike Ryan, Keith Goring e Susan Dixon. La vettura è oggi proprietà di Lucas Laureys ed è in Belgio.
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#750.33.102 : Storia di questa vettura rimane incerta. Ci sono rapporti che sostengono che è stata proprietà di Jean Claude Killy (campione di sci e disreto pilota automobilistico) ed è stata certamente notata in Francia. Oggi è possibile che si trovi nello Speyer Technik Museum in Germania.
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#750.33.103 : Vettura acquistata dalla Scuderia SCAR di Firenze ed usata nelle corse di salita ed anche nei circuiti (piloti Spartaco Dini e Guido Nicolai). E’ stata alleggerita per uso agonistico con finestrini fissi e privata dell’isolamento antirombo. Venduta in Germania è stata pilotata da Weber, Fishaber e gli altri. Venduta alla Collezione Kaus (Rosso-Bianco Museum) e più tardi alla Collezione Louwman in Olanda dove si trova oggi. Restaurata da Paul Grist (?)
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#750.33.104 : Vettura venduta in Italia a Pietro Brigatto, poi acquistata in 1984 da collezionista giapponese Kiyoshi Takihana, venduta a conte Hubertus Vo Donhoff,e poi venduta in USA (proprietario sconosciuto), in seguito, in 2004 allo sconosciuto collezionista Americano, e dopo il restauro rivenduta al collezionista Clive Joy in GB, dove si trova oggi.
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#750.33.105 : La storia di questa Stradale è incerta. Secondo alcune fonti è la prima Stradale venduta in Italia a Susanna Raganelli nel 1968. (Teo Zeccoli che ha consegnato la vettura, non si ricordava del numero del telaio) E’ unica Stradale con distintivo della Marazzi sui fianchi, e potrebbe essere la vettura fotografata da Serafino Marazzi nel cortile della fabbrica nel 1968. E’ probabile vettura appartenuta a Beppe Lucchini e più tardi di Luigi Battistoli (il dato richiede la verifica).
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#750.33.106 : Vettura acquisita da Paolo Laureati nel tardo 1968. Già preparata per uso agonistico dall’Autodelta e usata nelle gare in 1968 e 1969. Oggi probabilmente in Germania.
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#750.33.107 : Esistenza di questa vettura e la sua presunta storia sono state da tempo dibattute. Descritta come vettura sperimentale con il motore maggiorato e dichiarata in Nuova Zelanda, ma la storia si è scoperta come non vera. Talvolta confusa con la 70.33.007 che è stata in Nuova Zelanda davvero (ricerca Le Huy). Probabilmente non fu mai assemblata o la sua storia non è ancora nota. Comunque sia, la vettura con numero del telaio 70.33.107, non è presente in nessuno degli elenchi noti.
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#750.33.108 La prima show car sul telaio della Stradale, eseguita d Paolo Martin per Pininfarina. La vettura è stata presentata al Torino Motor Show in 1968 con il nome 33 Roadster Speciale. In seguito è stata smantellata ed il telaio usato per altro studio (P33 Cuneo).
. #750.33.109 : Nota show car disegnata da Marcello Gandini per Bertone e presentata a Parigi Motor Show in 1968, con il nome Carabo. Oggi nel Museo Alfa Romeo ad Arese.
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#750.33.110 : Numero del telaio non presente in nessuno degli elenchi. Maurizio Tabucchi sosteneva che il telaio con questo numero è stato usato per produrre la 33 Roadster Speciale di Martin, e dopo smantellamento della vettura, riportato di nuovo all’Autodelta. Questa storia rimane senza conferma ed è lecito supporre che il telaio non è stato mai usato. C’era anche la storia che il telaio è stato venduto a Giovanni Giordanengo, ma anche questa tesi rimane senza conferma.
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#750.33.111 : Vettura assemblata per conte Corrado Agusta, noto produttore degli elicotteri. Unica Stradale allestita con sedili che provenivano dall’elicottero e finita su richiesta in colore blu. In seguito venduta a Egon Zweimuller e poi a Hayashi Collezione in Giappone. E’ stata ricolorata in rosso Alfa 501.
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#750.33.112 : Numero del telaio rimasto sconosciuto per lungo periodo. Recentemente, nel corso del 2017, giornalista Roberto Motta ha scoperto che questo numero del telaio corrisponde al numero della vettura 33/2 Coupé Speciale disegnata da Leonardo Fioravanti per Pininfarina in 1969. La 33/2 Coupé Speciale è basata sul suo precedente studio fatto per la Ferrari nota come P5 ed esposta l’anno precedente. E’ curioso che per la 33/2, la carrozzeria della P5 è stata solo modificata e non prodotta ex nuovo. La vettura e proprietà del Museo Alfa Romeo ed è esposta ad Arese.
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#750.33.113/133 : La vettura e stata assemblata da Marazzi con il numero del telaio cambiato dal 70.33.113 in 70.33.133 per evitare il numero 113, considerato malaugurante dai superstiziosi. La vettura è stata modificata e fornita di paraurti per uso stradale, ed è stata la proprietà di Spencer Martin (USA), poi venduta alla Collezione Hayashi (Giappone), poi a Kerry Manolas (Australia), ed è oggi nella collezione di Lawrence Auriana (USA), restaurata e portata alla versione originale.
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#750.33.114 : Questo numero del telaio non è mai stato usato per una Stradale. Nel 1974, per motivi di omologazione, il numero è stato applicato sul telaio che proveniva dalla versione 33TT12, ed è stato appositamente adattato per ricevere V8 da 2.5 litri. Su questo telaio è stata allestita la vettura (unica) per la corsa Giro d’Italia, in versione coupé. Risulta chiaro che la Stradale con questo numero del telaio non è mai esistita visto che Autodelta poteva liberamente disporre di questo numero per altra vettura prodotta. La 750.33.114 fa parte della collezione di Joe Nastase in USA.
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#750.33.115 : La storia di questo telaio rimane incerta. Per un lungo periodo è stato considerato come base per la 33/2 Coupé Speciale di Fioravanti prodotta per Pininfarina (alcuni elenchi tutt’oggi supportano questa tesi) ma le prove convincenti attribuiscono alla 33/2 Coupé Speciale il numero 750.33.112 e per questo motivo, il numero è da considerare sconosciuto.
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#750.33.116 : Su questo telaio Giorgetto Giugiaro e la sua Italdesign hanno eseguito la show car presentata a Torino Motor Show in 1969. Oggi è la proprietà dell’Alfa Romeo ed è esposta al Museo in Arese.
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#750.33.117 : E’ ultimo telaio conosciuto adoperato da Bertone per la Navajo show car, esposta a Ginevra nel 1976. La vettura di proprietà Alfa Romeo, oggi fa parte del Museo di Arese.
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#750.33.118 : La storia di questo telaio, ultimo nell’elenco di queli ufficialmente prodotti dall’Autodelta e destinati all’assemblaggio delle Stradale di serie, rimane sconosciuta.
La vettura con questo numero non è mai risultata presente in nessuno degli elenchi noti, e c’è solo la storia, mai confermata e basata sul ricordo di Teo Zeccoli che una Stradale è stata venduta al Scia di Persia, Reza Pahlavi.
Il numero di questa ipotetica vettura non è stato mai rivelato, ma visto che più o meno tutti gli altri disponevano di qualche tracia storica, è stato adottato come idoneo per lo scopo.
Vista l’assenza di qualsiasi riscontro obiettivo è da ritenere che la Stradale con questo numero non è stata mai assemblata.
Anche l’ipotesi che il telaio è stato usato per una delle vetture di Giordanengo, rimane priva di riscontri e perciò poco plausibile.
Nonostante l’architettura delle automobili prodotte come show car dagli studi dei noti stilisti italiani, sui telai forniti dall’Autodelta, rimane sostanzialmente quella della T33 Stradale, vista la particolarità di queste vetture, riteniamo che le automobili assemblate da Marazzi siano uniche che si possono considerare come vere T33 Stradale, ed è perciò che bisogna tenere questi elenchi separati.
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