Nel febbraio del 1965, viene presentata la versione da competizione dell’Alfa Romeo GT 1600 distinguibile dal suo acronimo GTA, dove A stava per “alleggerita”.
La vettura si distingueva esternamente dalla Giulia GT, che era in base del progetto, in pochi dettagli della carrozzeria, ma sotto il leggero rivestimento in lega di alluminio, Peraluman 23, c’era un motore spinto ed elaborato, ed anche il resto dell’allestimento era chiaramente costruito seguendo le regole della macchina da corsa.
Alfa Romeo GTA offerta al mercato, era di 200 kg più leggera dell’Alfa GT alla cui origine si richiamava, ed aveva un motore leggermente più potente della sorella (115 CV), ma che nella versione da pista saliva a 160 CV, il che trasformava la piccola coupé del biscione in temibile avversario sui circuiti.
L’esordio fu nello stesso 1965 alla gara in salita Trento-Monte Bondone, dove la GTA vince con facilità nel gruppo GT fino a 1600 cc. Iniziava così il mito della GTA, l’automobile costruita e destinata a vincere sempre.
La cura e preparazione per l’agonismo viene affidata all’Autodelta, piccola fabbrica che già curava le sportive del marchio, le vetture TZ e TZ2, con le quali Alfa Romeo raccoglieva successi nelle piste.
Nel 1966, l’Autodelta, proprietà del geniale ingegnere toscano Carlo Chiti e i fratelli Chizola, viene assorbita dall’Alfa Romeo e trasferita da Feletto Umberto (Udine) a Settimo Milanese nelle vicinanze della casa madre. I Chizola, poco disposti al trasloco abbandonano l’Autodelta e Carlo Chiti viene nominato direttore generale ed anche consigliere di amministrazione dell’Alfa Romeo.
Per l’Alfa è un periodo prospero e la fabbrica viene abilmente guidata dal nuovo CEO Giuseppe Luraghi, che con grande intuizione gestisce difficile rebus all’italiana che la fabbrica del Portello, proprietà dell’IRI rappresentava nella realtà industriale dell’Italia, paese che con ritrovato vigore cercava il suo posto in Europa e nel mondo.
La fabbrica erede di un glorioso passato, custodiva la tradizione che più di ogni altra al livello planetario, identificava il proprio nome con l’automobilismo sportivo e Luraghi memore dei trionfi passati, sentiva che il legame che Alfa Romeo aveva con la pista era indissolubile ed anche la garanzia della sopravvivenza del marchio.
C’era felice momento della rinascita industriale italiana quando con rinnovato vigore ed entusiasmo, imprenditori del settore automobilistico scoprivano la valenza dell’auto sport, come modo migliore per proporre propri marchi al mercato risvegliato dal conquistato benessere.
La pubblicità che nasceva dai successi nei circuiti e le polverose piste dei rally, incoronava le vetture che oltre la utilità dimostravano qualcosa in più, che precedentemente era riservato alle vetture fuoriserie. Nacquero così le automobili classificate come vetture Turismo che offrivano spiccate qualità sportive, una specie di automobile di famiglia che però poteva esaltare le qualità di guida, tenuta di strada e la vivacità delle vetture da sport.
Alfa Romeo era nel passato la fabbrica che produceva imbattibili vetture da corsa, automobili di fascia alta e talvolta anche le vetture che erano destinate alla clientela facoltosa della classe media, caratterizzate dalla tecnologia innovativa, che nel tempo si erano ritagliate posto in vetta.
Nell’immediato dopoguerra però, diventava chiaro che per garantirsi la sopravvivenza, la fabbrica, ormai di proprietà statale, doveva garantirsi l’utile dalla produzione di serie. In quella ricerca di equilibrio fra la qualità che il nome garantiva e la necessità di mantenere le finanze sul lato positivo della bilancia, nacquero progetti che negli anni a venire, saranno garanzia del successo indiscutibile della fabbrica milanese.
Nell’immediato dopoguerra era ancora l’eredità del glorioso passato portato all’Olimpo dai nomi come Ferrari e Ing. Jano, a garantire il ritorno e la conquista dei due campionati mondiali, ma si trattava dei progetti nati verso la fine degli anni ’30, e solo riproposti per grandi eventi sportivi con poche migliorie.
Erano i discepoli di Jano, giovani ingegneri in ascesa, Ing. Satta, Ing. Busso, Ing. Garcea, Ing. Surace…coinvolti nel lavoro del Servizio Esperienze Speciali, creatori delle energie che diedero al marchio le nuove famiglie di motori e vetture,
Giulietta e poi Giulia che con le ridotte cilindrate richieste dal mercato, erano la risposta vincente L’indovinata scelta dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), ente statale e proprietario del marchio dell’ingegno italiano e la capacità di ritrovare le nuove vie nella realtà europea e mondiale.
Alfa Romeo, per affidare le sorti della fabbrica di Portello al manager Giuseppe Luraghi, diede la necessaria linfa imprenditoriale alla realtà che Alfa già rappresentava, e fu sotto la sua saggia ed equilibrata direzione che la fabbrica conobbe il suo momento migliore, espansione e stabilità finanziaria.
Giuseppe Luraghi, nuovo amministratore delegato che ha preso il timone dell’azienda, era uomo di larghe vedute e brillante interprete dei tempi che correvano. Manager atipico, bravo scrittore e poeta era anche un discreto pittore, e non rispondeva allo stereotipo dell’abile capitano dell’industria immerso nelle strategie del profitto.
Oltre a difficile compito di stabilizzare precaria situazione finanziaria della fabbrica, riuscìva con la innata carisma a mitigare disaggio sindacale, e portare avanti sviluppo, tenendo a bada la invadenza dei politici pronti ad usare la fabbrica per propri scopi e interessi. Era uno stratega straordinario che riusciva a comprendere le richieste del mercato e progettare il futuro della fabbrica, non dimenticando però, la tradizione e un passato sportivo glorioso.
Personalmente innamorato dell’auto sport e memore dei trionfi passati, sentiva che il legame che Alfa Romeo aveva con le corse, doveva essere preservato, mantenuto, e rinforzato. Così, con il successo dei fortunati modelli Giulietta e Giulia, maturò la decisione di affiancare le vetture di produzione con la vera sportiva in grado da competere ad alto livello nella categoria Turismo, che in quel periodo, sempre di più infiammava il pubblico europeo. Nacque così una “abbordabile” vettura da corsa che sotto I ‘auspicio favorevole degli astri, vinse nel decennio a venire tutto quello che nell’auto sport si poteva vincere.
La nuova vera sportiva, l’Alfa Romeo Giulia, Gran Turismo Alleggerita, venne presentata, al Salone di Amsterdam nel febbraio del 1965, un salone d’automobile non di primo piano e quindi una cornice forse inadeguata per colei che diventerà una immortale regina, un vero capolavoro italiano. Era capostipite di una famiglia delle macchine da competizione destinate a conquistare il ruolo leader nel mondo delle corse al livello mondiale. In una sequenza temporale di continui successi sportivi, sono nate la Giulia 1600 GTA, Giulia 1300 GTA Junior, e la limitata serie delle Giulia GTA SA con il motore sovralimentato.
A questo elenco dobbiamo aggiungere anche la Giulia GT Am, che pur non essendo “alleggerita” e non la parte della stessa famiglia, era strettamente imparentata e anche essa la vettura dominatrice delle competizioni. Nei prossimi capitoli, dedicheremo ad ogni vettura della nobile stirpe GTA la descrizione dettagliata delle performances e le loro peculiarità.