ALFA ROMEO 177: RITORNO AL FUTURO
Testo e foto di Roberto Motta
Poco nota ai non alfisti, l’Alfa Romeo 177 è stata una delle automobili piùimportanti nella storia dell’Alfa Romeo nelle competizioni. Dopo una lunga gestazione, partecipò a solo quattro gare senza riportare risultati significati, ma permise il ritorno del ‘Biscione’ nel mondo della F1 con un vero progetto tutto-Italiano che comprendeva l'automobile, il telaio, motore e naturalmente, il pilota.
Nel 1951, dopo aver vinto il Campionato del mondo con Nino Farina nel ‘50 e con Juan Manuel Fangio nel ’51, alla guida della celebre ‘Alfetta’, l’Alfa Romeo si ritirò dal mondo dei Grand Prix.
Poi, nel corso degli anni e con il crescere delle vittorie nelle categorie riservate alle vetture GT e nella categoria Sport Prototipi, per la dirigenza della Casa milanese, la tentazione di ritornare alla Formula 1 con una monoposto tutta italiana, si fece sempre più insistente, tanto che nei primi anni ‘70 l’Alfa Romeo rientrò nel mondo dei Grand Prix fornendo i suoi motori V8 alla McLaren e March.
Pochi anni dopo, nel ’76, dopo la vittoria del Campionato Mondiale Marche con la 33TT12, la Casa milanese iniziò una collaborazione con la scuderia inglese Brabham alla quale fornì il propulsore ‘boxer’.
Purtroppo i risultati tardano ad arrivare e i rapporti tra i tecnici Italiani e i colleghi inglesi si deteriorano, tanto che nel ’77, Ettore Massacesi, allora Direttore Generale, richiese all’Autodelta la progettazione e lo sviluppo di una nuova vettura di F1 con cui ritornare nel mondo dei GP.
L’Autodelta era il reparto corse dell’Alfa Romeo e le sue officine erano situate a Settimo milanese, una cittadina vicino a Milano.
Il responsabile tecnico per lo sviluppo del nuovo progetto della F1 Alfa Romeo era Carlo Chiti, uno dei più geniali progettisti della storia dell’automobilismo mondiale.
La nuova auto, che fu denominata ‘Tipo 177’, era spinta dal motore del boxe a dodici cilindri progettato da Chiti e già utilizzato dalla Brabham nel ‘76. Questo propulsore, denominato ‘tipo115-12’, era caratterizzato da misure di alesaggio e corsa rispettivamente di 77,0 e 53,6 mm che gli conferivano una cilindrata effettiva di 2995 cc e, nella sua ultima versione era in grado di erogare 520 cavalli a 12000 giri/min.
Il telaio della nuova monoposto sfruttava una monoscocca di alluminio al quale era vincolato il motore con funzione semi portante.
Le sospensioni anteriori sfruttavano quadrilateri sovrapposti e bracci d’equilibrio collegati ai gruppi molla-ammortizzatore posti in posizione verticale all’interno del corpo vettura.
Le sospensioni posteriori erano composte da quadrilateri sovrapposti con puntoni di reazione longitudinali e gruppi molle-ammortizzatore posti in posizione inclinata esterna.
Le sospensioni erano completate da barre antirollio registrabili sia sull’anteriore che sul posteriore.
L’impianto frenante, fornito dalla Lockheed, sfruttava freni a disco autoventilanti, con pompe a doppio-pistoncino e pastiglie Ferodo. I dischi anteriori erano montati alle ruote, mentre quelli posteriori erano posti in posizione interna vicino al differenziale.
La 177 poggiava su ruote in magnesio con misure anteriore di 10x13” e posteriori di 19”x13”. Gli pneumatici anteriori avevano misure di 9.25/23/13” e quelli posteriori di 15.0/28.0/x13”.
La vettura dichiarava un peso di 600 Kg, un passo di 2740 millimetri, carreggiata anteriore di 1660 millimetri e posteriore di 1610 millimetri. Infine la 177 sfruttava due serbatoi di combustibile, montati in posizione laterale, della capacità totale di 200 litri.
Quando fu progettata, la 177 era una monoposto di concezione tecnica molto avanzata. Purtroppo l’unico telaio costruito, marcato dal numero di serie 177- 001, non fu pronto prima del maggio ’78 e per vari motivi non riuscì a debuttare fino al maggio ’79.
E’ necessario ricordare che nella stessa stagione agonistica, Colin Chapman portò al debutto la Lotus 78, vettura ad effetto suolo, probabilmente una delle migliori F1 che mai siano state progettate.
Con l’avvento delle vetture ad effetto suolo, la tecnica progettuale delle F1 venne stravolta e l’Alfa Romeo 177 divenne virtualmente obsoleta prima ancora di debuttare in gara.
Questo spiega il perché la 177 non riuscì a ottenere risultati significativi. Malgrado tutto ciò, alla 177 va dato il merito di essere la vettura che ha permesso all’Alfa Romeo il ritorno nel mondo dei Grand Prix. La 177 vide ufficialmente la luce il 30 maggio ’78 quando, condotta da Vittorio Brambilla, percorse i primi giri di pista sul circuito del Balocco, la pista privata dell’Alfa Romeo.
In questa prima prova la carrozzeria della vettura era ancora grezza, e appariva quasi nera. La vettura utilizzava le nuove gomme di Pirelli che vennero ben presto sostituite dalle Goodyear.
I collaudi proseguirono e, nel mese di agosto, in previsione di un eventuale debutto a Monza nel GP d’Italia del 10 settembre, la 177 effettuò un test completo al Paul Ricard con Vittorio Brambilla e Niki Lauda. Dopo queste prove, con esito negativo, l’Autodelta decise di posticipare il debutto.
Purtroppo a Monza, Brambilla e la sua Surtees TS20 furono coinvolti nell’incidente che costò la vita a Ronnie Peterson. Brambilla riportò diverse lesioni che lo costrinsero a rimanere lontano dalle piste per quasi un anno. Durante la stagione invernale, la 177 continuò il suo sviluppo con Giorgio Francia e successivamente con il giovane pilota italiano Bruno Giacomelli, che aveva già dimostrato le sue doti di guida prima in F3 e poi in F2.
Finalmente, dopo un anno di prove, prima segrete sul circuito di Brands Hatch, seguite da prove di sviluppo sul circuito privato del Balocco ed altri circuiti europei, il 13 maggio ’79, in occasione della 6° gara di campionato, che si svolgeva sul circuito belga di Zolder, l’Alfa Romeo 177 fu iscritta e affidata a Bruno Giacomelli
Durante le due sessioni di prove, caratterizzate da un tempo piovoso e dalla pista scivolosa, la 177 di Giacomelli ottenne il 14° tempo, alle spalle della Brabham-Alfa Romeo, spinta dal propulsore Alfa Romeo ‘Tipo 1260’ con 12 cilindri a V di 60°, del blasonato pilota austriaco Niki Lauda.
Il giorno della gara l’Alfa Romeo 177 lottò con la Shadow di De Angelis, fino a quando, nel corso del 21° giro, non fu urtata dalla vettura del romano e fu costretta al ritiro. Per la dirigenza Alfa Romeo, e per la stampa intera, si trattò comunque di un debutto positivo. Poiché, la 177, era ormai una vettura tecnicamente sorpassata, e decisamente pesante.
Nata come vettura sperimentale, ben due anni prima, era caratterizzata da un peso a secco di oltre 600 kg, e si stava battendo contro vetture ad effetto suolo del peso di poco superiore ai 500 kg. Inoltre, in questo periodo, la Casa Milanese aveva già approntato una nuova vettura ad effetto suolo, la 179, della quale stava continuando lo sviluppo in previsione del suo debutto al GP d’Italia.
Circa sei settimane dopo il 1° luglio ‘79, la 177 e Giacomelli ritornarono in gara in occasione del GP di Francia, che si disputò sul circuito di Digione, nel corso delle prove la vettura milanese conquistò il 17° tempo. Il giorno della gara, nonostante il grande impegno di Giacomelli, la 177 transitò sul traguardo in 17° posizione a ben cinque giri dalla Reanault RS 11 vincitrice della competizione.
Nei giorni successivi, la 177 fu sottoposta ad un duro collaudo sulla velocissima pista di Hockeneheim, dove condotta da Vittorio Brambilla, ottenne dei tempi sul giro decisamente interessanti.
Tuttavia, la dirigenza Alfa Romeo, decise di non partecipare alla gara in programma sulla pista tedesca, e di concentrare i suoi sforzi per la preparazione delle vetture destinate al successivo GP d’Italia, gara in cui era preventivato anche il debutto della nuova vettura ad effetto suolo; la 179.
Il 9 settembre ‘79, in occasione del GP d’Italia a Monza, la 177 venne affidata a Brambilla.
Fu una giornata memorabile, i tifosi italiani riservarono all’Alfa Romeo e ai suoi piloti, Vittorio e Bruno un’accoglienza indimenticabile. Brambilla, aveva 42 anni, e tornava in gara con una F1 sulla stessa pista dove un anno prima aveva avuto il suo drammatico incidente.
Nel corso delle prove la 177 ottenne il 22° tempo precedendo altre quattro vetture.
Al termine della gara, che vide la vittoria del mondiale da parte della Ferrari di Scheckter, l’Alfa Romeo 177 di Brambilla si comportò in modo più che dignitoso e transitò sotto la bandiera a scacchi in 12a posizione, mentre la 179, affidata a Giacomelli, fu costretta al ritiro nel corso del 29° giro, per una uscita di strada.
Da notare che prima del ritiro, la 179 aveva raggiunto la Brabham di Lauda e si accingeva a superarlo, poi una banale uscita di strada alla variante Ascari, arrestò la clamorosa azione di forza della nuova vettura milanese.
Una settimana dopo la 177 apparve in gara in occasione del GP Dino Ferrari, gara non valida per il campionato che si svolse a Imola. Per la prima volta dopo nove anni, Enzo Ferrari presenzio alle prove. Durante le prove, la 177 fu testata sia da Bruno che da Vittorio ma per la gara fu affidata Vittorio. Partita dal 6° posto della griglia di partenza, la 177 terminò la gara al 9° posto ad un giro dal vincitore.
Al 40° giro la 177, come nella gara del suo debutto, fu colpita dalla Shadow di Elio De Angelis, e fu costretta a rallentare la sua corsa.
L’Alfa Romeo 177-001 terminò così la sua carriera a Imola comportandosi meglio della sorella minore, la 179, che fu costretta al ritiro dopo soli 4 giri. La 177 disputò solo poche gare ma portò a termine il suo compito; aveva riportato una vettura Alfa Romeo in F1 dopo una lunghissima assenza durata 28 anni.
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