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McLaren-Alfa Romeo 1970


Photographer unknown
Photographer unknown
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1970 McLaren-Alfa Romeo V-8 M7D


1971-1972 March - Alfa Romeo Formula 1 


 

The Brabham - Alfa Romeo Years

1974-1978



Courtesy of Roberto F. Motta.

                                  ALFA ROMEO 177: RITORNO AL FUTURO
    

                                                   Testo e foto di Roberto Motta


Poco nota ai non alfisti, l’Alfa Romeo 177 è stata una delle automobili piùimportanti nella storia dell’Alfa Romeo nelle competizioni. Dopo una lunga gestazione, partecipò a solo quattro gare senza riportare risultati significati,  ma permise il ritorno del ‘Biscione’ nel mondo della F1 con un vero progetto  tutto-Italiano che comprendeva l'automobile, il telaio, motore e naturalmente, il pilota.

Nel 1951, dopo aver vinto il Campionato del mondo con Nino Farina nel ‘50 e con Juan Manuel Fangio nel ’51, alla guida della celebre ‘Alfetta’, l’Alfa  Romeo si ritirò dal mondo dei Grand Prix.

Poi, nel corso degli anni e con il crescere delle vittorie nelle categorie riservate alle vetture GT e nella categoria Sport Prototipi, per la dirigenza della Casa milanese, la tentazione di ritornare alla Formula 1 con una monoposto tutta italiana, si fece sempre più insistente, tanto che nei primi anni ‘70 l’Alfa Romeo rientrò nel mondo dei Grand Prix fornendo i suoi motori V8 alla McLaren e March.

Pochi anni dopo, nel ’76, dopo la vittoria del Campionato Mondiale Marche con la 33TT12, la Casa milanese iniziò una collaborazione con la scuderia inglese Brabham alla quale fornì il propulsore ‘boxer’.

Purtroppo i risultati tardano ad arrivare e i rapporti tra i tecnici Italiani e i colleghi inglesi si deteriorano, tanto che nel ’77, Ettore Massacesi, allora Direttore Generale, richiese all’Autodelta la progettazione e lo sviluppo di una  nuova vettura di F1 con cui ritornare nel mondo dei GP.

L’Autodelta era il reparto corse dell’Alfa Romeo e le sue officine erano situate a Settimo milanese, una cittadina vicino a Milano.

Il responsabile tecnico per lo sviluppo del nuovo progetto della F1 Alfa Romeo era Carlo Chiti, uno dei più geniali progettisti della storia  dell’automobilismo mondiale.

La nuova auto, che fu denominata ‘Tipo 177’, era spinta dal motore del boxe a dodici cilindri progettato da Chiti e già utilizzato dalla Brabham nel ‘76. Questo propulsore, denominato ‘tipo115-12’, era caratterizzato da misure di alesaggio e corsa rispettivamente di 77,0 e 53,6 mm che gli conferivano una  cilindrata effettiva di 2995 cc e, nella sua ultima versione era in grado di erogare 520 cavalli a 12000 giri/min.

Il telaio della nuova monoposto sfruttava una monoscocca di alluminio al quale era vincolato il motore con funzione semi portante.

Le sospensioni anteriori sfruttavano quadrilateri sovrapposti e bracci d’equilibrio collegati ai gruppi molla-ammortizzatore posti in posizione verticale all’interno del corpo vettura.

Le sospensioni posteriori erano composte da quadrilateri sovrapposti con puntoni di reazione longitudinali e gruppi molle-ammortizzatore posti in posizione inclinata esterna.

Le sospensioni erano completate da barre antirollio registrabili sia sull’anteriore che sul posteriore.

L’impianto frenante, fornito dalla Lockheed, sfruttava freni a disco autoventilanti, con pompe a doppio-pistoncino e pastiglie Ferodo. I dischi anteriori erano montati alle ruote, mentre quelli posteriori erano posti in posizione interna vicino al differenziale.

La 177 poggiava su ruote in magnesio con misure anteriore di 10x13” e posteriori di 19”x13”. Gli pneumatici anteriori avevano misure di 9.25/23/13” e quelli posteriori di 15.0/28.0/x13”.

La vettura dichiarava un peso di 600 Kg, un passo di 2740 millimetri, carreggiata anteriore di 1660 millimetri e posteriore di 1610 millimetri.  Infine la 177 sfruttava due serbatoi di combustibile, montati in posizione laterale, della capacità totale di 200 litri.

Quando fu progettata, la 177 era una monoposto di concezione tecnica molto avanzata. Purtroppo l’unico telaio costruito, marcato dal numero di serie 177- 001, non fu pronto prima del maggio ’78 e per vari motivi non riuscì a debuttare fino al maggio ’79.

E’ necessario ricordare che nella stessa stagione agonistica, Colin Chapman portò al debutto la Lotus 78, vettura ad effetto suolo, probabilmente una delle migliori F1 che mai siano state progettate.

Con l’avvento delle vetture ad effetto suolo, la tecnica progettuale delle F1 venne stravolta e l’Alfa Romeo 177 divenne virtualmente obsoleta prima ancora di debuttare in gara.

Questo spiega il perché la 177 non riuscì a ottenere risultati significativi.   Malgrado tutto ciò, alla 177 va dato il merito di essere la vettura che ha permesso all’Alfa Romeo il ritorno nel mondo dei Grand Prix.   La 177 vide ufficialmente la luce il 30 maggio ’78 quando, condotta da Vittorio  Brambilla, percorse i primi giri di pista sul circuito del Balocco, la pista privata dell’Alfa Romeo.

In questa prima prova la carrozzeria della vettura era ancora grezza, e appariva quasi nera. La vettura utilizzava le nuove gomme di Pirelli che vennero ben presto sostituite dalle Goodyear.

I collaudi proseguirono e, nel mese di agosto, in previsione di un eventuale  debutto a Monza nel GP d’Italia del 10 settembre, la 177 effettuò un test completo al Paul Ricard con Vittorio Brambilla e Niki Lauda.   Dopo queste prove, con esito negativo, l’Autodelta decise di posticipare il debutto.

Purtroppo a Monza, Brambilla e la sua Surtees TS20 furono coinvolti  nell’incidente che costò la vita a Ronnie Peterson. Brambilla riportò diverse  lesioni che lo costrinsero a rimanere lontano dalle piste per quasi un anno.   Durante la stagione invernale, la 177 continuò il suo sviluppo con Giorgio
Francia e successivamente con il giovane pilota italiano Bruno Giacomelli,  che aveva già dimostrato le sue doti di guida prima in F3 e poi in F2.

Finalmente, dopo un anno di prove, prima segrete sul circuito di Brands  Hatch, seguite da prove di sviluppo sul circuito privato del Balocco ed altri  circuiti europei, il 13 maggio ’79, in occasione della 6° gara di campionato,  che si svolgeva sul circuito belga di Zolder, l’Alfa Romeo 177 fu iscritta e affidata a Bruno Giacomelli

Durante le due sessioni di prove, caratterizzate da un tempo piovoso e dalla  pista scivolosa, la 177 di Giacomelli ottenne il 14° tempo, alle spalle della Brabham-Alfa Romeo, spinta dal propulsore Alfa Romeo ‘Tipo 1260’ con 12  cilindri a V di 60°, del blasonato pilota austriaco Niki Lauda.

Il giorno della gara l’Alfa Romeo 177 lottò con la Shadow di De Angelis, fino a  quando, nel corso del 21° giro, non fu urtata dalla vettura del romano e fu  costretta al ritiro.  Per la dirigenza Alfa Romeo, e per la stampa intera, si trattò comunque di un debutto positivo.  Poiché, la 177, era ormai una vettura tecnicamente  sorpassata, e decisamente pesante. 

Nata come vettura sperimentale, ben due anni prima, era caratterizzata da un peso a secco di oltre 600 kg, e si stava battendo contro vetture ad effetto suolo del peso di poco superiore ai 500 kg. Inoltre, in questo periodo, la Casa Milanese aveva già approntato una  nuova vettura ad effetto suolo, la 179, della quale stava continuando lo  sviluppo in previsione del suo debutto al GP d’Italia.

Circa sei settimane dopo il 1° luglio ‘79, la 177 e Giacomelli ritornarono in gara in occasione del GP di Francia, che si disputò sul circuito di Digione, nel corso delle prove la vettura milanese conquistò il 17° tempo.  Il giorno della gara, nonostante il grande impegno di Giacomelli, la 177 transitò sul
traguardo in 17° posizione a ben cinque giri dalla Reanault RS 11 vincitrice  della competizione.

Nei giorni successivi, la 177 fu sottoposta ad un duro collaudo sulla velocissima pista di Hockeneheim, dove condotta da Vittorio Brambilla, ottenne dei tempi sul giro decisamente interessanti. 

Tuttavia, la dirigenza Alfa Romeo, decise di non partecipare alla gara in programma sulla pista tedesca, e di concentrare i suoi sforzi per la preparazione delle vetture destinate al successivo GP d’Italia, gara in cui era preventivato anche il debutto della nuova vettura ad effetto suolo; la 179.

Il 9 settembre ‘79, in occasione del GP d’Italia a Monza, la 177 venne affidata a Brambilla.

Fu una giornata memorabile, i tifosi italiani riservarono all’Alfa Romeo e ai suoi piloti, Vittorio e Bruno un’accoglienza indimenticabile.   Brambilla, aveva 42 anni, e tornava in gara con una F1 sulla stessa pista  dove un anno prima aveva avuto il suo drammatico incidente.

Nel corso delle prove la 177 ottenne il 22° tempo precedendo altre quattro vetture.

Al termine della gara, che vide la vittoria del mondiale da parte della Ferrari di Scheckter, l’Alfa Romeo 177 di Brambilla si comportò in modo più che dignitoso e transitò sotto la bandiera a scacchi in 12a posizione, mentre la 179, affidata a Giacomelli, fu costretta al ritiro nel corso del 29° giro, per una uscita di strada.

Da notare che prima del ritiro, la 179 aveva raggiunto la Brabham di Lauda e si accingeva a superarlo, poi una banale uscita di strada alla variante Ascari, arrestò la clamorosa azione di forza della nuova vettura milanese.

Una settimana dopo la 177 apparve in gara in occasione del GP Dino Ferrari, gara non valida per il campionato che si svolse a Imola.  Per la prima volta dopo nove anni, Enzo Ferrari presenzio alle prove.  Durante le prove, la 177 fu testata sia da Bruno che da Vittorio ma per la gara fu affidata Vittorio. Partita dal 6° posto della griglia di partenza, la 177 terminò  la gara al 9° posto ad un giro dal vincitore.

Al 40° giro la 177, come nella gara del suo debutto, fu colpita dalla Shadow di Elio De Angelis, e fu costretta a rallentare la sua corsa.

L’Alfa Romeo 177-001 terminò così la sua carriera a Imola comportandosi meglio della sorella minore, la 179, che fu costretta al ritiro dopo soli 4 giri.  La 177 disputò solo poche gare ma portò a termine il suo compito; aveva riportato una vettura Alfa Romeo in F1 dopo una lunghissima assenza durata 28 anni.





ALFA ROMEO 179 

Testo di Roberto Motta

Foto: Centro Documentazione Alfa Romeo, Arese, Roberto Motta e 

Tom Wood © 2011 Courtesy of RM Auctions

 

La 179 fu una vettura importante nella storia della F1, nata come wing-car, fu mortificata dal cambio regolamentare. Non raggiunse i risultati sperati, ma fece sognare gli appassionati del marchio Nel ’79 la Alfa Romeo tornò a competere nel Campionato Mondiale F1 con una propria vettura, la 177. Nata ben due anni prima del suo debutto in gara, e pur avendo un esordio positivo, la 177 si dimostrò tecnicamente sorpassata. 

Concepita per l’uso di gomme radiali Pirelli, fu costretta a utilizzare le Good-Year, inoltre, i problemi di ingombro del propulsore boxer non le permettevano di essere una vera wing-car. I problemi di ingombro del propulsore influirono anche sui risultati della Brabham-Alfa-Romeo che ovviamente, al pari della vettura milanese, non poteva sfruttare nel migliore dei modi l’effetto suolo. Per tale ragione, nella tarda primavera del ’78 l’ing. Chiti iniziò la progettazione di un nuovo propulsore denominato ‘tipo 1260’, ossia 12 cilindri a V di 60°, che avrebbe permesso di sfruttare i tunnel laterali in cui trovava posto una struttura ad ala rovesciata che consentiva lo sfruttamento dell’effetto suolo. 

Parallelamente la 177 continuava a essere aggiornata e a partecipare ad alcune gare di campionato. Il propulsore ’Tipo 1260’ Costruito in poco più di quattro mesi, fin dalle prime prove effettuate da Lauda, il propulsore si dimostrò uno dei migliori motori del suo periodo. Aveva misure di alesaggio e corsa di 77,0 e 53,60 mm (2995 cc), e sfruttava tutte le esperienze del precedente boxer di cui manteneva alcuni particolari come l'albero a gomiti, le bielle, i pistoni e le testate. 

Dall'aspetto granitico, la sua struttura era caratterizzata dalle bancate dei cilindri strette e alte, che gli conferivano un senso di solidità e grande potenza. I collettori di scarico separati si univano con un sistema del tipo 3 in uno per sfociare in un unico scarico. 

Al momento del suo debutto in pista, avvenuto sulla BT48 di Lauda nel dicembre ‘78, aveva una potenza di 525 cv a 12.200 giri.

Nel corso degli anni conservò un elevato standard di affidabilità e potenza, arrivando a erogare, nelle sue ultime versioni, 540 cavalli a 12300 giri e una coppia superiore ai 35 kgm a 9000-9500 giri. Così, mentre il tempo trascorreva, l’Alfa Romeo continuò a fornire i motori al team Parmalat passando dal ‘tipo 115-12’ al V12 ‘tipo 1260’ che equipaggiava la BT48.

 

L’Alfa Romeo 179: una vera ground effect ‘wing-car’


La 179 fu concepita seguendo i dettami tecnici che imperavano nel periodo.

Era una vera ground effect ‘wing cars’: all'interno della carrozzeria nascondeva profili alari rovesciati e camini d'aria laterali a sezione variabile che, con l’aiuto delle minigonne che permettevano una tenuta stagna sotto il fondo della vettura, consentivano all’aria in transito sotto la vettura di creare una forte depressione che si trasformava in un forte aumento della deportanza e quindi in una tenuta di strada in curva enormemente superiore a quella delle monoposto tradizionali.

Disegnata dal tecnico francese Robert Choulet, la linea della vettura appariva come un insieme di forme tondeggianti spezzate dalle nette linee delle fiancate. La 179, più di ogni altra F1, era ‘figlia dell‘aerodinamica poiché persino il motore a 12 cilindri a V stretto era stato progettato per ottenere il miglior rendimento aerodinamico possibile.

Era sicuramente la prima volta nella storia delle auto da corsa che un motore veniva costruito solo per questi motivi. La sua struttura a V di 60° consentiva di inserire ali interne deportanti con ben 40 centimetri di larghezza in più di quelli consentiti dal motore boxer permettendo un carico aerodinamico dovuto all'effetto Venturi di circa 700 kg (a 260 km/h).

La vettura sfruttava una scocca molto stretta realizzata in pannelli di alluminio e titanio, dalla forma pulita, che partiva dal muso sino al motore che aveva funzione portante.


Dietro le spalle del pilota trovava posto il serbatoio carburante da 200 litri. Le sospensioni sfruttavano le soluzioni adottate per la 177: anteriormente utilizzavano triangoli sovrapposti a base larga e barra antirollio mentre posteriormente erano composte da triangoli inferiore e da un braccetto superiore, ed erano dotate di una barra antirollio regolabile dal pilota.

La monoposto, caratterizzata da una linea tondeggiante che contrastava con le forme tese delle fiancate, era nata dalle lunghe prove nella galleria del vento ed era distinta dai profili alari studiati dall‘Autodelta. Grazie alla notevole deportanza della sua carrozzeria, era priva dello spoiler anteriore e appariva come una delle F1 più belle. 

Vennero poi sperimentati, e adottati, anche piccoli spoilers deportami anteriori e un alettone a tutta larghezza. La 179 pesava a secco 595 kg, aveva un passo 2,74 m, carreggiate 1,72 m e 1,57 m, lunghezza 4,34 m, larghezza 2,14 m e altezza 0,9 m.

Fatto non indifferente, che per la prima volta dai tempi della 158 ‘Alfetta’, la vettura sfruttava un propulsore concepito esclusivamente per le competizioni in F1 poiché il propulsore V8 e il successivo boxer 12 cilindri erano propulsori derivati da un motore utilizzato sulle vetture Sport. La 179 aveva quindi le carte in regola per riportare l’Alfa Romeo alla vittoria.

 

La 179 debutta a Monza


Il 16 e 17 agosto il team Alfa Romeo si trasferì sul circuito di Monza dove, alla presenza dell’allora presidente Massacesi, fu testata da Giacomelli e Brambilla. Nel corso delle prove la 179 fu vittima di alcuni problemi tecnici, tra cui la rottura di un collettore di scarico, che si staccò dal propulsore mentre la vettura percorreva la curva di Lesmo e, 5 giri più tardi, si ruppe il un propulsore, nella medesima curva. La 179 fu costretta al rientro ai box trainata da una Alfetta GTV di servizio, e tra i fischi degli spettatori.

Il mattino seguente, verso le 11, la 179 fu portata in pista da Brambilla e, con qualche interruzione per i controlli, proseguì le prove fino alle 18, quando la pista fu chiusa. Il 9 settembre ‘79, in occasione del GP d’Italia, furono schierate dalla Autodelta la 177-001 affidata a Vittorio Brambilla e la 179-001 a Giacomelli. 

Nel corso delle prove, la 179 ottenne il 18° tempo nello schieramento di partenza mentre la 177 ottenne la 22a posizione. Nel corso della gara la 179 lottò con la Brabaham-Alfa Romeo BT48 di Lauda ma, nel corso del 29° giro, mentre si preparava a superarla una banale uscita di strada alla variante Ascari arrestò la sua corsa.

 


 

Fu un peccato, perché la vettura si era dimostrata competitiva, pur se ancora fresca di sviluppo. Al termine della gara, che vide la vittoria del mondiale della Ferrari di Scheckter, la 177 concluse in 12a posizione. La ‘179’ ebbe una lunga carriera e fu realizzata in diverse versioni (179B, 179C, 179D, 179F).

Probabilmente, la sua versione più bella fu proprio quella del suo primo anno, in cui era distinta da una livrea rossa, il colore prescelto per le vetture da corsa italiane, ed era priva di spoiler anteriori. 

Con questa configurazione affrontò le ultime gare del campionato, a Montreal e a Watkins Glen. La 179-001 rimase a disposizione di Giacomelli, mentre la 179-002 fu affidata a Brambilla.

Dopo l’impegnativo debutto nella breve stagione ’79, nell’‘80 la vettura migliorò con la rinnovata scuderia Marlboro-Alfa Romeo. Nel corso della stagione, Giacomelli, ottenne due quinti posti, un tredicesimo posto, e la pole position in Canada. L’1 agosto, la stagione fu funestata dalla perdita Patrick Depailler, tragicamente scomparso durante una sessione privata di test in Germania. Il suo posto fu temporaneamente ripreso da Brambilla il quale prese parte con la 179B-004 al Dutch Grand Prix a Zandvoort e al GP d’Italia a Imola.

Fu la sua ultima gara in F1 perché poi venne sostituito definitivamente da Andrea De Cesaris che debuttò in F1 al GP del Canada. Nel frattempo, la ‘tipo 179’ si dimostrò sempre più veloce tanto che la 179B-006 consentì a Giacomelli di conquistare la pole position a Watkins Glen dove condusse la gara con largo margine e solo all'ultimo fu tradito dalla fusione della bobina, che gli strappò una vittoria ormai certa.

La stagione ’81 fu caratterizzata dall’abolizione delle ‘minigonne’. La 179, voluta e nata come una ground effect wing-cars, non riuscì più a rendere al meglio pur subendo alcune modifiche.


Conclusioni

La 179 nata come wing-car per sfruttare al meglio i regolamenti, fu mortificata dal cambio regolamentare e, pur non essendo riuscita ad avere i risultati sperati, fece sognare gli alfisti anche per aver portato in gara giovani piloti italiani. Ci viene naturale pensare come la sua storia si sarebbe evoluta se ci fossero state meno contraddizioni all’interno della squadra, e se la vettura fosse stata condotta da piloti più esperti, i migliori del suo tempo, come ad esempio piloti del calibro di Villeneuve, Scheckter, Jones, Lauda, Prost, Piquet, Mansel… Sappiamo però che la storia non si scrive con i ‘se’.

Courtesy of Roberto F. Motta.

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